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Stop Ttip: no al trattato che cancella i diritti

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Terra Nuova Edizioni insieme alla campagna Stop Ttip Italia si mobilita per dire no al Trattato transatlantico che cancella diritti e garanzie. I cittadini possono fare tanto mobilitandosi e facendo sentire la loro voce. Schierati con noi.
Via anche le ultime residue barriere che limitano i profitti delle società transnazionali, decisioni sopra le teste di cittadini e governi, impunità, possibilità di citare in un giudizio internazionale le nazioni che non sottostanno agli ordini: tutto questo è il Ttip, acronimo che sta per Transatlantic Trade and Investment Partnership. A luglio 2013 sono iniziati i negoziati segreti tra i funzionari della Commissione Europea e gli Stati Uniti, ora siamo nel vivo della discussione e in questo mese di dicembre le parti potrebbero convocare nuovi negoziati. Fette sempre più ampie di opinione pubblica si sono svegliate e gruppi di cittadini in tutto il mondo si sono uniti e coordinati a formare il grande fronte che oggi si chiama  “Stop Ttip”, cui ha aderito, tra i primi, anche Terra Nuova. La cortina di fumo attorno al Ttip alzata da Commissione Europea e Governo italiano non riesce a fermare l’aumento della consapevolezza e la pressante richiesta di trasparenza dei cittadini europei. Il coup-de-theatre della pubblicazione del mandato negoziale, peraltro già pubblico grazie ai movimenti sociali, non ha aggiunto a suo tempo nulla al fatto che i negoziati sono segreti persino ai Parlamenti nazionali oltre che ai parlamentari europei.
Poi abbiamo continuato a tenervi aggiornati.
Ma cosa c’è veramente in ballo? Cosa si rischia in concreto? Parecchio, anzi tutto.
Sicurezza alimentare.Negli USA il commercio degli organismi geneticamente modificati è una pratica diffusa, così come l’utilizzo di ormoni e promotori della crescita bovina considerati cancerogeni. Se l’accordo fosse approvato il mercato europeo rischierebbe di aprirsi anche a questi prodotti.
Beni comuni e servizi pubblici.Dall’acqua all’energia, dai trasporti alla sanità, tutti i beni comuni e i servizi si trasformerebbero da diritti per tutti a business delle grandi imprese, con una forte spinta verso la privatizzazione e un accesso condizionato dalla disponibilità economica dell’utente.
Made in Italy.L’obbligo di indicazione dell’origine geografica di un prodotto potrebbe essere minacciato dall’interesse economico delle grandi imprese americane che punterebbero ad immettere nel mercato europeo prodotti fasulli ma dai nomi volutamente evocativi, come il noto Parmesan, non realizzati in Italia o con materie prime non italiane.
Tutela dell’ambiente e della salute.L’import-export di gas di scisto estratto attraverso il fracking, cioè la fratturazione idraulica delle rocce del sottosuolo, potrebbe diventare una pratica diffusa anche in Europa con seri rischi di inquinamento delle falde acquifere, cedimenti del sottosuolo, esplosioni e terremoti. È inoltre prevista l’omogeneizzazione nella concessione delle licenze di estrazione, i paesi contraenti saranno obbligati a rimuovere ogni ostacolo che inibisca la libera circolazione dei combustibili fossili (ogni comunità che reagisce alla costruzione di oleodotti o a nuovi pozzi è avvertita!), divieto assoluto di “domestic content” nelle energie alternative, quindi addio ad ogni connessione tra sviluppo locale e Green economy.
Privacy.Per proteggere la proprietà intellettuale potrebbero verificarsi violazioni della privacy degli utenti attraverso accessi privilegiati ai dati personali.
Diritti dei lavoratori.Gli Stati della UE, tra cui l’Italia, si sono dotati di leggi avanzate nel settore della promozione e della tutela dei diritti dei lavoratori. Gli USA si sono invece limitati a ratificare solo il 10% delle convenzioni dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro (ILO). Si tenderà ad uniformarsi al livello più basso.
Sovranità nazionale.Il TTIP intende istituire un meccanismo di arbitrato internazionale, denominato Investor State Dispute Settlement (ISDS), che permetterebbe ad un’impresa di citare in giudizio uno Stato e chiedergli un lauto risarcimento per aver compromesso o minacciato gli investimenti e gli interessi commerciali dell’impresa.
Ebbene, il pericolo è grande ma è si sta dimostrando grande anche la forza dei milioni di cittadini che in tutto il mondo si stanno battendo perché questo scenario rientri. Anche in Italia. Per questo Terra Nuova ha deciso di sostenere e rilanciare questa battaglia di civiltà unendosi al Movimento che si sta facendo conoscere in tutte le piazze del nostro paese.
«Bisogna raccontare alla gente cosa sta accadendo perché solo rompendo il muro del silenzio non riusciranno ad averla vinta» spiega Monica Di Sisto, vicepresidente dell’associazione Fairwatch, tra i promotori della campagna Stop Ttip Italia. «Bisogna portare il dibattito in tutte le città, in tutti i territori, in tutte le categorie economiche. Quello che c’è in ballo è un accordo che ha ripercussioni su tutti settori produttivi, sugli standard di qualità e in generale sulla nostra vita di ogni giorno. É importante che si sappia e che ciascuno si faccia un’opinione». Questo mese di dicembre, in concomitanza con la probabile ripresa dei negoziati, si attendono anche forti iniziativa di mobilitazione per protestare.
Cosa si può fare
1)   Prima di tutto informatevi consultando anche il sito Stop Ttip e, se siete d’accordo, aderite alla campagna. Poi sia che vi muoviate come singoli che nell’ambito di associazioni o movimenti, chiamate a raccolta altri concittadini, spiegate loro quanto avete appreso, confrontatevi con consumatori, organizzazioni di categoria, sindacati, eccetera. Chiedete a tutti di aderire alla campagna, date disponibilità per diventare punto riferimento sul vostro territorio. Poi costituite comitati, promuovete iniziative pubbliche, chiedete ai consiglieri comunali e regionali di presentare una mozione di sfiducia (facsimili e suggerimenti sempre sul sito web della campagna).
2)   I prossimi due anni saranno determinanti per i negoziati; tenetevi sempre aggiornati, mobilitate l’opinione pubblico anche attraverso l’uso dei social network, per far sentire il fiato sul collo a governo e istituzioni che negoziano, perché abbiano chiaro che la gente è attenta e preoccupata.
3)   Ragionate sugli impatti a livello locale di questa forsennata liberalizzazione orizzontale dei servizi e della presenza più forte di prodotti made in Usa nei diversi settori; chiedete agli enti locali che comincino a fare stime, coinvolgete le università. Convincete i consiglieri comunali o regionali a presentare la mozione che trovate qui allegata.
4)   Scaricate dagli allegati che trovate qui volantini e materiali e fateli circolare; trovate anche schede tematiche per gli approfondimenti.
5)   Rivolgetevi alla vostra associazione di categoria sollecitando un incontro pubblico sul tema
6)   Usate tutti i mezzi di comunicazione locali che vi vengono in mente, dai bollettini della parrocchia ai profili Facebok di gruppi cittadini, per discutere di questo tema.
È un buon momento per schierarsi! Facciamolo.
 
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