Si è concluso da una settimana il XXI raduno della rete degli ecovillaggi. Il racconto personale di alcuni retroscena.
Dopo tanti anni, sono arrivata al raduno solo il giorno prima. La mia comunità si era presa in carico di procurare parte del pane per il raduno, per sostenere l’iniziativa
PACE – prodotti alimentari per il campo estivo, che mira a raggiungere, nei prossimi anni l’approvvigionamento quasi totale di viveri di provenienza dagli ecovillaggi. Avevo, sotto sotto, la sensazione che non avrei avuto abbastanza tempo per entrare in sintonia con questo treno in corsa, pronto per lo scatto finale prima di accogliere i partecipanti in arrivo da tutta Italia. E invece, appena arrivata, sinceri sorrisi e braccia aperte mi hanno accolto fin dal cancello di
Habitat. Ad eccezione delle strutture ormai quasi ultimate, sembrava non fosse passato un solo giorno da quanto vi ero stata l’ultima volta, durante i fine settimana preparatori di maggio e giugno. Uno ad uno, ho salutato i volontari “vecchi” e “nuovi”, ecovillaggisti e compagni di viaggio che stanchi, sudati ma gioiosi si avvicendavano negli abbracci e in tenere parole di benvenuto. Dalla cucina proveniva un invitante odore, mentre Marco metteva a punto il bancone con le macchinette del caffè.
Dai 4 ai 60 anni, ragazze, ragazzi, famiglie, gente di città, comunardi: un mix di personalità che risuonava alla stessa frequenza. “Qui c’è lo zampino di Ricca e Giorgia degli Elfi e di Andrea, referente dei Piùmani, ci scommetto!” pensavo. Ed infatti era proprio così: non avrei trovato il gruppo in tale stato di armonia se non fosse stato per la cura delle relazioni nei giorni precedenti. Durante la settimana di pre-campo, tutti i giorni, una volta al giorno, i volontari si trovavano per approfondire la conoscenza reciproca, giocare, condividere e riflettere su che cosa significa, in pratica, fare comunità. Ogni incontro era guidato con una delicata facilitazione che di volta in volta forniva strumenti di trasformazione dei conflitti e spruzzava un po’ di magia nei rapporti. Il lavoro di montaggio del campo era davvero tanto da fare ma con una buona organizzazione logistica e l’attenzione agli stati d’animo, il morale era alto e tutto era pronto per giovedì pomeriggio, quando iniziavano ad arrivare i partecipanti.
La mia posizione nel raduno mi ha portata a vedere il “davanti” ed il “dietro” delle situazioni, anche se in realtà tutto era fuso in un’unica, armonica forma. I bambini giocavano all’area “germogli RIVE” e allo stesso tempo li trovavi ad aiutare qualche volontario. In cucina barzellette, canti, risate davano il ritmo al taglio delle verdure mentre il forno diffondeva un profumo di focacce appena fatte. Da un lato, il gruppo tecnico fa il punto della situazione e risolve problemi contingenti. Dall’altro, i Piùmani provano l’ultima canzone sul raduno appena inventata. Due ragazze sorridenti mi passano accanto armate di carta igienica, sacchetti dell’immondizia e un bel paio di guanti gialli facendo cenno di saluto con un inchino della testa. Altri due volontari si scambiano massaggi per riacquistare energie. Alle 7 del mattino, alle docce dello
staff ci facciamo grandi risate, udendo i gridolini di chi si fa la doccia fredda e poco più in là, tra le
compost toilet e le
pipiponik si raccontano i
gossip sugli amori nati al campo. Ruggero passa con un incenso per il rituale mattutino: ha la tenda accanto ai bagni e spera che questo gesto ironico lo salvi da odori indesiderati. Passa Alice, che fino a qualche anno
fa era una delle poche ragazzine che frequentavano i raduni. Adesso, con sua sorella Nina, è tra i referenti dell’area giovani che sta diventando un ambito strutturale del raduno. Penso: “stanno diventando donne e quattro anni in giro per gli ecovillaggi con i genitori e di frequentazione RIVE le hanno davvero trasformate”.
Deng deng deng! Ecco che Paolo suona le ore della giornata, con un “gong” creato da una bombola del gas vuota. Scendo verso la cucina e vedo che sono tutti all’opera per preparare il pranzo. Marco, detto Kociss, è già con la testa dentro i pentoloni per lavarli e Luca, con la sua umile eleganza, è lì che mescola il contenuto delle padelle. Puspha ha messo il “turbo” e fornisce istruzioni alla cucina, Sara saltella in qua e là portando cassette di verdure e Ramona sta pensando a come riciclare gli avanzi. Potrei continuare all’infinito a descrivere il colorato movimento che creano i volontari con il loro lavoro e voglia di ridere. Ma per quanto tutto questo sia realtà, non voglio dipingere un quadro tutto rose e fiori. Le discussioni ci sono, le incomprensioni anche, le differenze di vedute non mancano, come simpatie ed antipatie.
Ma ciò che fa la differenza in questo gruppo sono coloro che hanno la voglia/capacità/volontà/bisogno di chiarimento e di sincerità nella relazione. Sono quelli che non si accontentano di una risposta affermativa ma non convinta. Sono quelli che vogliono tenere il “campo” sgombro di ombre. Non tutti ricercano questo modo di relazionarsi, alcuni stanno scoprendo adesso un modo di affrontare il conflitto come un’opportunità, altri vorrebbero ma ancora non ci riescono. Ma la presenza di persone che per propria formazione o per esperienza comunitaria portano un certo tipo di approccio, fa la differenza. Creano e mantengono un clima di sostegno anche per chi è in un momento di debolezza. Così tutto scorre fluidamente ed il risultato si vede, si sente.
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Sono sempre più numerosi giovani e meno giovani che decidono di andare a vivere in un cohousing o in un ecovillaggio, una scelta dettata non solo da motivi economici (vivere insieme costa decisamente meno), ma anche dal crescente bisogno di uno stile di vita sobrio e a basso impatto ambientale, basato su relazioni autentiche e di solidarietà. Il panorama delle esperienze comunitarie, in Italia e all’estero, è assai ricco e variegato. Sempre più spesso si riconosce il valore sociale oltre che ambientale del vivere insieme, tanto che anche in Italia sono in crescita le amministrazioni locali che promuovono bandi per l’assegnazione di terreni o edifici destinati al cosiddetto housing sociale; è successo in Lombardia, Toscana, Emilia-Romagna e altrove. L’autrice racconta la storia e soprattutto il presente di ecovillaggi e cohousing già attivi in Italia, dei numerosi progetti in via di realizzazione e aperti a nuove adesioni, e delle esperienze internazionali più significative. Quella che emerge è una mappa completa e variegata, utile per chi vuole approfondire una tematica ancora poco conosciuta oppure per chi ha già avviato una riflessione e un percorso, e che nel libro può trovare suggestioni, stimoli e contatti per proseguire il proprio cammino.
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