2 mamme e 2 papà
L’associazione Famiglie Arcobaleno ha stimato in circa 100 mila i figli di coppie omogenitoriali in Italia; negli Stati Uniti sono 13 milioni. Si tratta di una buona fetta di quotidianità, così come quella rappresentata dalle coppie di fatto, quelle divorziate, quelle ricomposte con figli nati da precedenti matrimoni, quelle sposate.
La normalità dunque non esiste come concetto astratto. Esistono tante normalità che, insieme, fanno una comunità. Eppure resta molto forte il pregiudizio nei confronti delle coppie omosessuali, soprattutto se decidono di avere o adottare bambini. Il pregiudizio può ferire, l’omofobia può avere risvolti crudeli che inducono disagio nella coppia e possono mettere in crisi un bambino. A volte può capitare che le mamme o i papà di una coppia di genitori omosessuali si trovino in difficoltà a spiegare al figlio la situazione, la scelta d’amore che vi sta dietro, la diversa normalità che dovrebbe arricchire anziché allontanare. E qui entrano in gioco la solidità della coppia stessa, la spontaneità, la genuinità, l’amore, tutte medicine che sanno guarire qualsiasi malanno del cuore, anche di quello di un bimbo.
La famiglia è depositaria della crescita individuale, è la base sicura in cui nasce e cresce l’essere umano; paure, ansie, frustrazioni del piccolo vengono temperate e contenute dai genitori, che le trasformano, quando amano sinceramente e in modo maturo e consapevole, in sensazioni accettabili, non più così dolorose. E quando il pregiudizio ferisce la sensibilità del bambino e lo rende insicuro, è nella famiglia che può ritrovare l’equilibrio. Le sue due mamme potranno spiegargli che si sono innamorate, che dal loro amore è nato il desiderio di avere un figlio e che, siccome per questo occorre il seme di un uomo, si sono rivolte a una persona fidata che ha compreso il loro desiderio e le ha aiutate a realizzarlo. I suoi due papà potranno spiegargli che, siccome per far nascere un bambino occorre il grembo femminile, si sono rivolti a una donna che li ha aiutati, rendendoli felici. La realtà è semplice, non giudica e, se si è capaci di astenersi dal giudizio, si lascia alla mente la possibilità di aprirsi. Così crescerà quel bambino. Così possono crescere tutti i bambini, imparando a non giudicare, a non essere schiavi del giudizio di altri, ad accogliere ed essere accolti.
A dare speranza nel nostro paese sono diverse sentenze di tribunali. Nell’agosto dello scorso anno, per la prima volta in Italia, il tribunale per i minorenni di Roma ha riconosciuto l’adozione di una bimba che vive in una coppia omosessuale. La piccola è figlia biologica di una delle due conviventi; è nata all’estero con la procreazione assistita eterologa. Il tribunale ha accolto il ricorso presentato dalla madre non biologica per ottenere l’adozione della figlia. Si tratta della cosiddetta stepchild adoption, già consentita in altre nazioni. Già nel gennaio del 2013 la Corte di Cassazione aveva difeso i diritti delle coppie omosessuali per l’affidamento dei minori. La Prima sezione civile aveva confermato l’affidamento esclusivo di un bambino alla madre, che aveva lasciato il marito per convivere con un’altra donna. Una situazione giuridica ancora delicata, che penalizza il nostro paese in fatto di pari garanzie e diritti.
Eppure persino la letteratura scientifica, semmai ce ne fosse il bisogno, ha confermato che i bambini cresciuti all’interno di coppie omosessuali se la cavano perfettamente, anzi a volte hanno qualche marcia in più. Lo studio si chiama
Australian Study of Child Health in Same-Sex Families (ACHESS) e i risultati sono stati pubblicati l’estate scorsa. Si tratta della più ampia ricerca al mondo sul tema. È durata 2 anni e ha coinvolto 500 minori tra i 2 mesi e i 17 anni e 315 genitori (80% donne, 18% uomini e 2% di altro genere) tra gay, lesbiche, bisex e queer, che hanno compilato online o via email un Child Health Questionnaire riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale. Lo scopo era, appunto, di «misurare il benessere fisico, mentale e sociale dei bambini che vivono in questo ambiente» e quello di «studiare il ruolo della discriminazione» sul loro sviluppo, risultato alla fine notevole. «Per via della situazione in cui si trovano» ha spiegato Simon Crouch, responsabile del progetto «questi bambini sono più desiderosi di comunicare e affrontare con i loro cari tematiche come il bullismo». Le discriminazioni possono variare dai commenti poco informati alla presa in giro, dal bullismo all’omofobia conclamata, fino al rifiuto; e quando la famiglia intera riesce a confrontarsi, si favorisce l’apertura mentale dei bambini, che possono, con il necessario aiuto, rafforzare il proprio carattere, anche se esiste il rischio di autoesclusione o parziale isolamento dalla vita sociale.
I problemi sono sostanzialmente dovuti al fatto che le conquiste in questo campo, come in tutti gli ambiti in cui ci si scontra con preconcetti radicati, non si ottengono soltanto a colpi di sentenze o di letteratura scientifica, occorrono anche consapevolezza e maturità. I diritti sono, a volte, quanto di più faticoso da far riconoscere senza riserve o condizioni.
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