Oltre 60 milioni di metri cubi di fango tossico e detriti sono fuoriusciti a causa del crollo di due dighe in Brasile, inquinando uno dei fiumi più importanti del paese. Ora altre due dighe rischiano di cedere. Gli indios: “Se muore il fiume moriamo anche noi”.
Nei giorni scorsi, coi corpi e i volti dipinti con i colori di guerra, un gruppo di indios brasiliani della tribù dei Krenak ha bloccato la ferrovia tra Vitoria e Minas per protestare contro “la morte del fiume sacro”. «Se muore il fiume, moriamo anche noi. Dipendiamo tutti dall’acqua: noi, gli alberi, gli animali», ha detto il capo tribù Geovani Krenak. Una parte del fiume è stata fortemente inquinata dieci giorni fa dagli scarichi riversati da due condotte utilizzate dalle miniere della compagnia Samarco, nello stato di Minas Gerais. La parte inquinata attraversa proprio il territorio dei Krenak. Da dieci giorni i circa 350 indios della tribù sono rimasti senza acqua potabile e soprattutto temono la ‘mortè del fiume da loro considerato sacro da generazioni. «Ce ne andremo dai binari solo quando riconosceranno la nostra dignità e verranno a parlare con noi. Hanno distrutto la nostra vita, la nostra cultura, e ora ci ignorano. Non lo possiamo accettare», ha denunciato il capo tribù, che ha chiesto un incontro con le autorità locali.
Ora altre due dighe corrono il rischio di rompersi a Mariana, la cittadina brasiliana nello Stato del Minas Gerais colpita due settimane fa dal cedimento di due barriere per il contenimento dei residui di una miniera di ferro: lo hanno ammesso tecnici di Samarco, la compagnia di estrazione proprietaria dell’area.
A seguito del disastro ambientale almeno undici persone sono morte, 12 risultano disperse e 600 sfollate. La presidente della Repubblica, Dilma Rousseff, ha annunciato l’avvio di un piano di recupero a lungo termine del Rio Doce, il fiume che bagna gli stati di Minas Gerais e Espirito Santo e che è stato maggiormente inquinato dallo tsunami di fango provocato dall’incidente. Secondo il ministro dell’Ambiente, Izabella Teixeira, occorreranno almeno dieci anni per riportare il corso d’acqua alla normalità e ha parlato di catastrofe ambientale anche per la distruzione della fauna locale. Responsabile di un disastro umano e ambientale del quale ancora non si conoscono appieno le proporzioni, la società mineraria Samarco, decimo esportatore brasiliano, ha accettato di pagare un minimo di un miliardo di reais (262 milioni di dollari) per i danni causati: sono fuoriusciti 62 milioni di metri cubi di fango tossico e detriti che hanno sepolto sette centri abitati e contaminato un fiume importante nel sud-est del paese. Samarco, le cui attività sono state temporaneamente bloccate dalla magistratura, dovrà presentare un rapporto mensile per spiegare come verranno impiegati i fondi, concepiti per finanziare misure di prevenzione, contenimento dei danni e risarcimenti alle vittime. La rottura delle due dighe ha distrutto totalmente l’insediamento di Bento Rodrigues e gravemente danneggiato altri sei centri, raggiungendo anche il fiume Doce.