La combustione della biomassa, se è considerata neutra dal punto di vista delle emissioni di anidride carbonica, è invece dannosa per la salute umana e la qualità dell’aria a causa delle emissioni di particolato, ossidi di azoto e composti organici volatili. Lo dice uno studio dell’Enea.
L’utilizzo delle biomasse per il riscaldamento residenziale non porta i benefici sperati e anzi, a causa delle emissioni di particolato (PM 2.5), incrementa l’inquinamento atmosferico e provoca danni alla salute. Per questo motivo le politiche di sostegno e incentivi alle biomasse in funzione della decarbonizzazione vanno quindi condizionate all’uso delle migliori e più efficienti tecnologie disponibili con conseguente beneficio, non solo per la salute umana ma anche per le casse pubbliche. È quanto emerge dallo studio Enea «Gli impatti energetici e ambientali dei combustibili nel settore residenziale», presentato oggi in un evento promosso a Roma da Assogasliquidi e Anigas, le associazioni rappresentative dei settori gas naturale e liquefatto. Gli aspetti sanitari sono stati evidenziati dallo Studio del Centro Controllo Malattie del Ministero della Salute, VIIAS (Valutazione Integrata dell’Impatto dell’Inquinamento atmosferico sull’Ambiente e sulla Salute). Tutti gli scenari energetici considerati da ENEA – vale a dire quello «di riferimento» a legislazione vigente, quello «a biomassa costante», ossia con consumo di biomasse non superiore alle stime Istat del 2014 (circa 19 Mton di biomasse legnose) e quello «decarbonizzazione 2030» in linea con gli obiettivi europei su energia e clima al 2030 – mostrano che le emissioni complessive di inquinanti, come il particolato primario, si riducono al 2030 per effetto del miglioramento delle tecnologie adottate, ma le riduzioni sono minori laddove si ha un aumento dell’utilizzo di biomassa nel settore residenziale. Il maggior ricorso alle biomasse nel settore civile non riduce dunque le emissioni di particolato altrettanto rapidamente che in altri, in particolare del trasporto stradale. Infatti, le biomasse producono oltre il 99% delle emissioni di particolato del settore civile. Il progetto VIAAS del Centro Controllo Malattie del Ministero della Salute valuta per l’Italia in circa 30.000 decessi l’anno l’impatto del solo particolato fine sulla salute, pari al 7% di tutti i decessi, esclusi gli incidenti. Secondo l’OMS il particolato assume particolare rilevanza per la sua patogenicità a concentrazioni maggiori 10 ug/m3. La situazione diventa quindi critica in alcune aree sensibili, con conseguente aumento delle patologie per l’apparato respiratorio, come Pianura Padana, Roma e Napoli, dove le concentrazioni di particolato restano superiori non solo ai 10 UG/M3 considerati dall’OMS, ma anche ai limiti europei.
Fonte: 9Colonne