Il bel film di Ermanno Olmi sulla Grande Guerra “Torneranno i prati”, racconta l’insensatezza delle carneficine del Carso e del Piave. Tra coloro che la guerra l’hanno dovuta subire ci sono stati anche tanti animali: prima di tutto cavalli e cani.
Cani, cavalli e altri soldati
Il bel film di Ermanno Olmi sulla Grande Guerra “Torneranno i prati”, racconta l’insensatezza delle carneficine del Carso e del Piave. Nelle ricorrenze ufficiali del centenario sono stati pronunciati discorsi solenni e abbiamo visto sventolare bandiere, ma le istituzioni non hanno mai chiesto scusa a chi è stato mandato a morire senza comprenderne nemmeno la ragione.
“Fra i vinti la povera gente faceva la fame. Fra i vincitori, egualmente, faceva la fame la povera gente” scrisse Brecht, denunciando l’ambiguità della classificazione vincitori-vinti che non tiene conto di come la maggior parte dei cittadini venga esclusa da decisioni e scelte sulla propria esistenza.
Ogni tassonomia, ogni classificazione, riflette gli interessi di chi sta classificando e questo ha molto a che fare con la questione animale, perché anche la distinzione umano animale riflette l’interesse di chi la compie.
Ma tale distinzione è debole e porosa, al punto che nella storia interi gruppi umani sono stati trattati “come animali”.
Tra coloro che la guerra l’hanno dovuta subire ci sono stati anche tanti animali: prima di tutto cavalli e cani. La loro condizione non è stata diversa da quella dei soldati più umili, che la guerra non l’avevano voluta ma non avevano avuto la possibilità di scegliere.
Il libro “Cani e soldati nella prima guerra mondiale” di Roberto Todero (ed. Gasperi) è dedicato ai cani in servizio nell’esercito austro-ungarico. I proprietari di cani furono invitati dalle autorità a portare i propri animali a una vera e propria visita di “leva canina”, a cui seguiva l’arruolamento.
Sottratti a famiglie povere, presso le quali svolgevano perlopiù servizio di traino (costando meno di un cavallo), vennero utilizzati in guerra per il trasporto di materiali, cibo e armi, dopo un adeguato addestramento affinché si abituassero agli scoppi e ai rumori; qualcosa di simile viene fatto tutt’oggi per addestrare i cani da caccia.
Impegnati nei servizi di pronto sul campo, dovevano riconoscere i soldati feriti e dare l’allarme, portando sul posto infermieri e portantini. Erano usati anche come porta-messaggi: missioni molto pericolose ma preziosissime in un’epoca di comunicazioni difficili.
L’autore non è riuscito a stimare il numero di cani arruolati dall’esercito dell’imperatore Francesco Giuseppe, ma l’alleato tedesco risulta avere avuto in servizio ben 30.000 cani, di cui solo il 10% fece ritorno a casa al termine della guerra.
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