Colloredo di Monte Albano in Friuli, settembre 2014. Cinquanta agricoltori hanno seminato una parcella «laboratorio» di 200 mq di mais geneticamente modificato…
Sul fronte del mais
Colloredo di Monte Albano in Friuli, settembre 2014. Cinquanta agricoltori hanno seminato una parcella «laboratorio» di 200 mq di mais geneticamente modificato, sottoscrivendo anche un documento di autodenuncia e consegnandolo alla Regione, al Corpo Forestale dello Stato e alla Procura di Udine. La Procura segue senza intervenire. La norma infatti vieta la coltivazione, ma questa è una semina simbolica fatta fuori stagione e senza pericolo di contaminazione.
Lo scorso luglio è stato distrutto per la prima volta, dal Corpo Forestale dello Stato, un campo coltivato a mais transgenico Mon 810. L’intervento ha richiesto molta attenzione, per la presenza di numerosi chiodi metallici infissi all’interno delle piante. Nei giorni precedenti alcune decine di agricoltori avevano opposto resistenza passiva alla bonifica, nonostante l’illegalità fosse sancita da un decreto interministeriale, da una norma della Regione Friuli Venezia Giulia, da sentenze del Tar del Lazio e del Consiglio di Stato e da un’ordinanza della Procura di Udine.
In agosto, il comitato pro ogm ha organizzato un pranzo a cui hanno aderito gli imprenditori agricoli delle colline friulane che sostengono il mais transgenico: hanno partecipato circa 100 persone.
Nel giugno scorso 700 agricoltori, quasi tutti lombardo-veneti, avevano inviato una lettera a sostegno delle semine ogm alla scienziata e senatrice a vita Elena Cattaneo, la quale afferma che la discussione in Italia è fatta di pregiudizi ideologici e interessi di nicchia, senza prove reali sulla dannosità di queste piante.
Vincenzo Vizioli, della Coalizione per un’Italia libera da ogm, risponde che «non esistono ancora studi epidemiologici in materia e non si dice mai che le multinazionali hanno già fatto causa a produttori contaminati perché vendevano granelle con presenza di ogm brevettati senza pagare le royalty, poiché il vero nodo che pongono gli ogm è il brevetto sul vivente».
Gli agricoltori pro ogm affermano che «è una battaglia a favore della libertà: o pesticidi o ogm. Non ci sono alternative. Come impedire agli agricoltori di scegliere una produzione assicurata e remunerativa?».
Ma di quale libertà parlano gli imprenditori remunerati dagli ogm?
Quella di asservirsi sempre più ad altri padroni?
Di aver perso il controllo sui semi?
Se vogliamo costruire alternative, dovremmo riuscire a confrontarci con questi imprenditori agricoli di mercato, in primo luogo noi che ci diciamo contadini.
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