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Altro che made in Italy! Rischio contraffazioni a Expo 2015

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Agli occhi del mondo l’Italia rischia davvero di esporre una vetrina del malaffare. Il rischio riguarda anche il cibo del made in Italy, che dovrebbe essere al centro dell’Expo. Uno scandalo dietro l’altro: dalla mozzarella all’olio di oliva
L’Expo 2015 invece di essere una vetrina che rappresenta il meglio dell’Italia, per adesso ci ha riservato soltanto gli scandali sugli appalti truccati e le tangenti. Ma il grande evento che ha come tema principale “Nutrire il pianeta” potrebbe riservarci altre brutte sorprese, che ci metterebbero davvero alla berlina del mondo intero, rovesciando i nostri punti di forza in debolezze. Parliamo del rischio di traffici illegali di alimenti denunciato dal terzo rapporto Agromafie elaborato da Coldiretti, Eurispes, e Osservatorio sulla criminalità. Questa straordinaria occasione di visibilità per il Made in Italy potrebbe portare a un’invasione di migliaia di tonnellate di prodotti e generi alimentari che, attraverso sofisticati meccanismi di alterazione, sofisticazione e contraffazione, sono commercializzati senza esserlo come prodotti tipici italiani o come eccellenze italiane per un valore che potrebbe superare i 60 miliardi. Esiste infatti un fondato pericolo di una invasione di migliaia di tonnellate di prodotti e generi alimentari che, attraverso sofisticati meccanismi di alterazione, sofisticazione e contraffazione, sono commercializzati senza esserlo come prodotti tipici italiani o come eccellenze italiane per un valore che potrebbe superare i 60 miliardi.
Una conferma viene dalle decine di inchieste giudiziarie. Ad esempio i limoni sudamericani che sono commercializzati come limoni della penisola sorrentina; gli agrumi nordafricani si trasformano in agrumi siciliani e calabresi; con cagliate del Nord Europa si produce la mozzarella italiana spacciata per originale mozzarella di bufala; con il grano proveniente dal Canada che entra attraverso i porti pugliesi facendolo diventare puro grano della Murgia, si produce il pane di Altamura. Per non parlare poi di quello che succede con l’olio e con il pomodoro. Tonnellate e tonnellate di olio provenienti da Tunisia, Marocco, Grecia e Spagna entrano nel nostro Paese per produrre un olio comunitario che viene miscelato con lo straordinario olio extravergine d’oliva italiano al fine di poter raddoppiare illegalmente i profitti e collocare sul mercato milioni di bottiglie di apparente olio italiano (perché così riportato fraudolentemente sulle etichette) con illeciti profitti a vantaggio di speculatori e contraffattori.
Gli scandali purtroppo sono all’ordine del giorno. Un esempio su tutti le cronache giudiziarie dell’ultimissimo periodo in tema di olio: su richiesta delle autorità italiane, le autorità inglesi hanno sequestrato ed eliminato dalla catena di supermercati inglesi Harrod’s migliaia di bottiglie di un olio denominato “Tuscan Extravirgin Olive oil”, un prodotto che di italiano e toscano non aveva assolutamente nulla. Ancora più incredibile ed inquietante è quanto accade in tema di mercato illegale del pomodoro. Si legge negli atti della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla contraffazione (scorsa legislatura) che arrivano nel nostro Paese dalla Cina milioni di tonnellate di pomodori che diventano strumento di un’imponente opera di contraffazione ai danni del consumatore, il quale si trova sugli scaffali dei supermercati conserve e barattoli di pomodori riportanti il tricolore italiano, ma contenenti in realtà pomodori provenienti dalla Cina. Ed è bene che si sappia – concludono Coldiretti, Eurispes e Osservatorio Criminalità nell’agroalimentare – che questi pomodori cinesi sono coltivati e prodotti nei “laogai” che sono veri e propri campi di concentramento nei quali sono ammassati decine di migliaia di detenuti politici, dissidenti, piccoli criminali, soggetti ostili al regime, i quali (come nei campi di concentramento nazisti) sono costretti a lavorare fino a diciotto ore al giorno.

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