“Se l’Italia perde le botteghe, noi perdiamo l’Italia” scriveva Carlo Petrini un mese prima della grande crisi innescata dal Coronavirus. “Se le nostre città perdono i centri storici, non restano che enormi sobborghi residenziali. E se noi perdiamo le nostre relazioni di vicinato, non restiamo che individui consumatori”.
L’emergenza che ha spinto i cittadini all’isolamento e alle restrizioni ha sicuramente rallentato la frequenza delle spese e favorito il commercio online a beneficio soprattutto delle grandi aziende. Ma negli angoli o nelle viuzze sotto casa, e soprattutto nella cosiddetta Italia minore dei piccoli paesi abbiamo scoperto l’importanza delle botteghe alimentari, dei vari panettieri, macellai, fruttivendoli… insieme ai negozi specializzati nel bio. Malgrado tutte le difficoltà da affrontare, tra turni forzati, consegne, misure igieniche straordinarie, migliaia di negozianti hanno saputo dare al Paese una grande prova di impegno e di orgoglio.
La maggior parte dei negozi NaturaSì, inclusi quelli collocati nelle aree del focolaio del virus, si è organizzata per la consegna a domicilio o si sono attrezzati per preparare la spesa per il ritiro in negozio. A livello nazionale l’azienda ha deciso di donare al Comune di Milano oltre 32 mila alimenti biologici a lunga conservazione al centro logistico del Banco Alimentare della Lombardia, dal quale poi sono stati smistati nei sette hub allestiti dal Comune sul territorio cittadino per chi vive momenti di difficoltà nella crisi.
Abbiamo sperimentato che quando tutto si ferma c’è qualcuno che produce, trasporta, confeziona e vende il nostro cibo. Forse, mai come in questo periodo, ci siamo resi conto di quanto prezioso sia il lavoro lungo tutta la filiera agroalimentare. Con i ristoranti chiusi e la crisi delle esportazioni tante aziende agricole si sono trovate in difficoltà. Ma al contempo è cresciuto il valore dei mercati locali e dei negozi di quartiere, con molti cittadini che, al di là delle limitazioni, hanno riscoperto la vera arte di andare a fare la spesa.
La botteghina resiliente
Le code fuori dai negozi ci hanno evocato lontani ricordi o per i fortunati solo qualche immagine televisiva del popolo in fila per un pezzo di pane. In questa situazione drammatica, qualche piccolo negozio è riuscito a riconquistare la fiducia di cittadini letteralmente spaesati che non si erano mai posti così tante domande sulla produzione e sulla vendita del cibo.
“Tante persone, comprese quelle che prima non ci conoscevano, hanno cominciato a ringraziarci. A dirci: “Grazie di essere qui”. Julien e Dorothée sono tra i gestori de La Botteghina, il negozio dei produttori del Pratomagno a Loro Ciuffenna (Ar). Un’esperienza cresciuta nel tempo, con quindici produttori locali che riforniscono il punto vendita di verdure, vino, olio, prodotti da forno, miele, formaggi, pasta fresca e secca, biscotti, tisane, uova, legumi, affettati e vari tipi di conserve.
“Noi stessi siamo produttori di verdure” raccontano i due ragazzi francesi che vivono nella frazione di Casale, a 650 metri di altezza, e scendono giù in paese per lavorare in negozio. “Ci siamo subito accorti che il divieto di spostamento nei comuni limitrofi ha portato molta più gente a fare un salto alla bottega, una delle poche rimaste nel capoluogo. In qualche modo abbiamo beneficiato di una situazione difficile e straordinaria. Di solito, nel periodo primaverile, i produttori fanno incassi bassi e si fa fatica a vendere tutta la merce. Invece abbiamo visto arrivare nuovi clienti, persone del paese, di cui non conoscevamo l’esistenza. Ma anche i clienti fissi, che prima si limitavano a qualche acquisto occasionale, hanno cominciato a tornare più spesso e a fare una spesa più sostanziosa e completa. Paradossalmente siamo stati favori dalle restrizioni: ora che la gente non può più spostarsi fuori è costretta a comprare prodotti locali, biologici e di stagione. Speriamo che se ne ricordino anche in seguito”. Dorothée ci fa notare anche la vulnerabilità del sistema produttivo, pur in un contesto tutto sommato molto felice per la produzione agricola. “Il negozio è piccolo e i fornitori alla fine sono ancora pochi. Se la gente facesse sempre la spesa locale mancherebbero i prodotti. Anche se noi produttori ci impegniamo molto, manca ancora una vera resilienza sul territorio, non abbiamo abbastanza persone che producono cibo. Dobbiamo riprendere in mano la produzione locale, in ogni angolo d’Europa. Negli ultimi anni abbiamo puntato troppo sul terziario, ma per un’economia più equilibrata serve un ritorno al primario”.
Il gruppo di agricoltori è anche attivo con il comitato Nocciola Italia? No Grazie! schierato contro la produzione intensiva di nocciole richiesta dalla Ferrero in questo come in altri territori del Centro Italia. Un’operazione che, in un momento importante come adesso, sottrae spazio alla produzione di cibo sano e locale. È in situazioni simili che si capisce meglio il significato di certe battaglie.
Da crisi a opportunità
Le crisi possono far nascere nuove idee che si trasformano in opportunità. Nel periodo dell’emergenza i negozi capaci di fare consegne a domicilio hanno saputo reagire sicuramente meglio degli altri. E qui la differenza la fanno spesso i mezzi economici, ma anche la capacità organizzativa. Molti esercenti si sono attrezzati in fretta e furia, con il rischio di non riuscire a rispettare le disposizioni igienico sanitarie. Una strategia sicuramente vincente in questi casi è la cooperazione, soprattutto se gli attori sono piccoli e non hanno la forza logistica e contrattuale delle grandi catene della grande distribuzione. Dai soci di Banca Etica in Toscana è nata un’iniziativa molto interessante a sostegno di due realtà che producono nel nome della sostenibilità ambientale e sociale. Da una parte c’è Toscana Biologica, che commercializza i prodotti di diciannove aziende toscane bio e due punti vendita, ma che non aveva risorse operative sufficienti per organizzare le consegne. E dall’altra una cooperativa sociale di tipo B, Il Ponte Verde di Pontedera, che si occupa di inserimento al lavoro di persone svantaggiate e gestisce tra le altre attività diverse mense scolastiche. Commesse che nel periodo dell’emergenza e dei divieti sono venute a mancare. La cooperativa riesce a fare consegne a norma di legge, con furgoni adatti e l’adozione dell’Haccp e dei Dispositivi di protezione individuale (Dpi). Perché dunque restare con le mani in mano? “Abbiamo pensato bene di organizzarci mettendo insieme bisogni e competenze” spiega Massimo Ronchieri, dirigente della sezione soci di Banca Etica del Centro Italia. “In questo modo siamo riusciti a trovare un ponte tra due realtà dando lavoro a cooperatori sociali che si sono visti sospendere i servizi, arrivando alle famiglie che vogliono nutrirsi in modo sano pur non avendo negozi bio nel proprio comune”.
Il progetto è iniziato dalla provincia di Pisa ed è riuscito a rifornire di prodotti biologici toscani anche chi abita fuori dai centri storici, iniziando a informare del servizio tutti i soci di Banca Etica e tutte le persone sensibili e disposte ad acquistare il biologico. “Dopo il primo annuncio in sordina sono fioccate le prime adesioni, per poi ampliarsi sempre più. Un piccolo passo verso la sostenibilità ambientale e sociale, che speriamo possa dare stimoli anche per il post emergenza”. Certo, il periodo non è facile, ma l’unione fa la forza.
Per ulteriori informazioni:
– La Botteghina, via Dante Alighieri 2, Loro Ciuffenna (Ar).
– Toscana Biologica, via G. B. Queirolo 13, Pisa e via G. B. Foggini 22, Firenze.
– Consulta anche il sito
www.n egozio b io.info dove trovi la rete dei negozi di prodotti biologici e naturali di Terra Nuova.