Dietro l’acronimo AGE si nascondono sostanze tossiche che si sprigionano con alcune tecniche di cottura: i prodotti finali della glicazione avanzata, che si accumulano nei tessuti causando danni che favoriscono l’insorgere di innumerevoli malattie. Impariamo a evitarli.
Invecchiamento precoce, infiammazioni croniche, indurimento di arterie e articolazioni, diabete, degenerazione cerebrale: sono gli effetti causati da livelli eccessivi nell’organismo dei cosiddetti AGE, i prodotti finali della glicazione avanzata. Queste sostanze, che si formano quando le proteine o certi tipi di grassi reagiscono con gli zuccheri, vengono assunte in grandi quantità attraverso l’alimentazione. Ve ne è anche una ridotta percentuale che si forma in modo naturale nel nostro corpo, ma viene tenuta sotto controllo dai reni, mentre gli eccessi, derivanti dal consumo di certi cibi e soprattutto da determinati metodi di cottura, scatenano conseguenze che sfociano poi nella patologia. Gli AGE, noti anche come glicossidanti (poiché agiscono come ossidanti) e come glicotossine (per la loro tossicità), sono sempre più oggetto di studi e ricerche e, proprio grazie a questo, è stato possibile chiarire i meccanismi con cui agiscono ma soprattutto formulare approcci alimentari che riducano al minimo l’esposizione.
È giusto quindi parlare di dieta anti-AGE; anzi, mai termine è stato più azzeccato, visto che oltre a indicare l’acronimo di queste sostanze dannose, la parola stessa richiama il verbo to age che in inglese significa, appunto, invecchiare.
Usando termini scientifici, i dottori Gary E. Striker e Helen Vlassara spiegano che «tutto comincia quando, in un processo chiamato glicazione, una molecola di zucchero si lega a certi amminoacidi di proteine o grassi, o addirittura al nostro materiale genetico, come il DNA. I composti appena glicati passano poi attraverso una serie di trasformazioni per formare alla fine i prodotti della glicazione avanzata (AGE) che, in sostanza, consistono in proteine o lipidi modificati. Di conseguenza, la loro struttura e la funzione nell’organismo si alterano, e non sono più normali». Striker e Vlassara, entrambi della Mount Sinai school of Medicine di New York (il primo docente di medicina e geriatria, la seconda professore emerito del centro Diabetes and aging research), studiano da anni gli AGE e i loro effetti sulla salute umana e sono stati tra i pionieri in questo campo.
Stress ossidativo e altri effetti
«Nell’organismo produciamo continuamente AGE endogeni, che sono però tenuti sotto controllo dai reni» spiegano i due esperti. «Attraverso l’alimentazione, invece, ne assumiamo quantità molto maggiori e più rapidamente ogni volta che i tre componenti di base, cioè zuccheri, proteine e grassi, vengono mescolati insieme in presenza di calore secco e alte temperature, come spesso avviene durante la cottura. Una volta che gli AGE del cibo raggiungono i tessuti corporei, si accumulano lentamente, soprattutto perché resistono alla scomposizione della maggior parte dei normali enzimi. Alla fine, questo può influire su tutti gli organi, compresi cervello, cuore, reni, ossa, pelle e così via. Queste sostanze sono collegate infatti alle malattie più diffuse di oggi, come il diabete, le patologie cardiovascolari e renali, l’Alzheimer».
Essendo ossidanti, generano un gran numero di radicali liberi, «innescando lo stress ossidativo, che è la causa principale di infiammazione, lesioni e morte cellulare» proseguono Striker e Vlassara. «Inoltre, consumano gli antiossidanti endogeni e travolgono le difese innate, rendendo l’organismo vulnerabile all’invecchiamento precoce. Alimentano l’infiammazione cronica sistemica, saldano le proteine insieme causando indurimento delle arterie, giunture rigide, cataratta e rughe. Provocano anche insulinoresistenza favorendo lo sviluppo del diabete di tipo 2 e ossidano i lipidi ematici che poi vengono depositati nelle arterie formando le placche, le quali intasano i vasi sanguigni causando ictus, attacchi di cuore, problemi agli occhi, insufficienza renale e così via. Come se non bastasse, entrano nel cervello, di cui possono danneggiare le cellule portando a perdita della memoria e di altre funzioni cognitive, e influiscono sui nervi degli arti inferiori e di altre parti del corpo». (…)
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