I lavori legati alla gestione delle relazioni tra esseri umani sono destinati a crescere molto nei prossimi anni. Vediamo meglio i motivi.
«Che c’entrano le relazioni con il mondo del lavoro?» vi starete chiedendo. Apparentemente poco o niente. Eppure, ho il sospetto che nei prossimi anni molti lavori saranno legati alla gestione delle relazioni fra esseri umani, uno degli aspetti in assoluto più complicati quando parliamo di cambiamento.
Le nostre relazioni seguono degli schemi piuttosto precisi e ripetitivi: vi siete mai chiesti come mai continuate a litigare col vostro capo o a prendervela perché un collega non apprezza il vostro lavoro? Complessivamente, come società, siamo abituati a instaurare relazioni competitive, piramidali, a volte persino violente, sia con altri che con il resto dell’ecosistema. Questo schema si rispecchia sia nel modo in cui comunichiamo che nel modo in cui prendiamo le decisioni. È molto difficile costruire un mondo diverso se non modifichiamo questi meccanismi, perché i sistemi sono frattali, tendono a rispecchiare nel macro la struttura del micro e viceversa: non si può costruire una sfera partendo da moduli quadrati.
Il campo relazionale
Modificare le nostre relazioni è più difficile di quanto sembri, perciò abbiamo bisogno, almeno all’inizio, di framework (strutture) all’interno di cui muoverci e persone specializzate che ci aiutino ad utilizzarli. Uno dei framework che ritengo più utili è quello della Comunicazione non violenta (Cnv) di Marshall Rosenberg, basata su uno schema semplice da seguire, ma capace di cambiare la struttura del «campo relazionale». Se le nostre conversazioni sono spesso finalizzate all’avere ragione, l’idea della Cnv è di cercare di soddisfare i bisogni. «Preferisci avere ragione o essere felice?» era solito domandare lo stesso Rosenberg.
Laddove ci sono persone che vogliono lavorare per il nuovo che emerge, dai movimenti per il clima alle aziende del futuro, passando per le scuole e le amministrazioni, ci sarà bisogno di cambiare modo di comunicare e dunque di qualcuno che possa aiutare in questo processo.
Ma come si diventa formatori di Cnv? A livello mondiale esiste un unico ente in grado di fornire la certificazione, il Center for nonviolent communication (Cnvc), presente in molti paesi, fra cui l’Italia. Il percorso di certificazione è piuttosto lungo e può richiedere dai 3 ai 6 anni. È costituito da sei fasi, dalla pre-registrazione iniziale fino all’esame finale.
Gestire i sistemi complessi
Per quanto riguarda i metodi collaborativi per prendere le decisioni, invece, uno dei modelli più interessanti è la Sociocrazia 3.0 (S3). Attualmente, spesso, i pochi che hanno il potere decidono per i molti che non lo hanno, oppure – se va bene – decidiamo a maggioranza, un sistema competitivo in cui l’idea più forte vince. La S3, invece, propone
un sistema dove tutti possono partecipare alla decisione, hanno il potere di arricchirla o persino bloccarla se vi vedono un rischio. Inoltre, rispetto alla sociocrazia classica, è suddivisa in una serie di pattern (schemi) diversi da applicare a seconda della situazione o contesto in cui ci si trova. Anche qui i campi di applicazione sono potenzialmente infiniti: molte aziende, ad esempio, si stanno orientando verso questa o altre forme di governance dinamica (Teal, Teoria U)
1 che sembrano più adatte a gestire la complessità. Così come per la Cnv, anche padroneggiare la S3 richiede un processo di apprendimento piuttosto lungo, anche se in questo caso non esiste un percorso precodificato. Sul sito
www.sociocracy30.org (in inglese) ci sono tutti i materiali necessari per usare la S3, ma per impararla è necessario formarsi tramite un corso e utilizzarla con costanza per almeno un anno. Il modo più semplice per trovarne è iscriversi ai gruppi Facebook dedicati alla Sociocrazia.
Due consigli
Giusto un paio di dritte prima che decidiate di tuffarvi in queste due avventure.
Tanto la Cnv quanto la S3 sono strumenti utilissimi e molto potenti ma non sono, come d’altronde nient’altro lo è, la panacea universale a tutti i mali del mondo. Quindi sarebbe meglio accompagnarle perlomeno con un’infarinatura più generale di tecniche di facilitazione e con qualche rudimento di pensiero sistemico.
Note
1. Sono entrambi paradigmi organizzativi. Il primo è stato introdotto nel 2014 da Frederic Laloux nel suo saggio Reinventare le organizzazioni; il secondo invece nasce dagli studi di Otto Sharmer del Mit di Boston.
__________________________________________________________________________________
Articolo tratto dalla rubrica Lavori Verdi. Le professioni per un futuro ecosostenibile
SFOGLIA UN’ANTEPRIMA DELLA RIVISTA