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Camminare con le scarpe giuste

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In un buon paio di scarpe, la differenza la fanno i materiali. Dalla concia vegetale delle pelli ai materiali cruelty free, come la canapa, il lino e il cotone. Per camminare comodi e col passo leggero.
C’è chi le ha sbattute con forza sulla tribuna dell’Onu per rivendicare le proprie ragioni, come ha fatto il segretario del partito comunista russo Nikita Kruscev nel 1960, diventando un’icona del secolo passato. O chi, in tempi più recenti, le ha addirittura lanciate contro l’ex presidente americano George Bush durante una conferenza, come il giornalista iracheno Nuri al-Maliki, che raccontò di averlo fatto «per le vedove, gli orfani e tutti quelli che sono stati uccisi in Iraq».
Si può proprio dire che con le scarpe si fa politica, ma non solo lanciandole o sbattendole: anche semplicemente scegliendo quale paio calzare ai propri piedi.
Era l’aprile del 2017 quando gli ideatori della campagna Abiti puliti e Change your shoes annunciarono il lancio della nuova inchiesta «Il vero costo delle nostre scarpe: viaggio nelle filiere produttive di tre marchi globali delle calzature», realizzata dal Centro nuovo modello di sviluppo (Cnms) e Fair. Il risultato fu un duro rapporto sulle filiere produttive di tre grandi marchi (Tod’s, Geox e Prada), nel tentativo di mostrare quanto il settore calzaturiero sia ancora lontano dal rispettare i diritti umani e sindacali degli operai.
Per chi vuole fare una scelta più consapevole, tuttavia, oggi il ventaglio di alternative si fa sempre più ampio: ci sono le scarpe ecologiche, quelle con certificazioni vegane; ci sono le calzature prodotte in modo artigianale con pellami o materiali che ne imitano la composizione e, infine, ci sono quelle hi tech, dove le moderne tecnologie si uniscono a sistemi innovativi in un’eterna corsa verso la scarpa del futuro.
Il paradosso che stiamo vivendo oggi è proprio questo: accanto a produzioni futuristiche, come le scarpe che si allacciano da sole, simili a quelle indossate da Martin McFly in Ritorno al futuro, in diversi territori invece rinascono mestieri che si credevano scomparsi, come il ciabattino o il lustrascarpe, mentre crescono aziende che si affidano all’arte artigiana della lavorazione della pelle.

Impronte green

Il presupposto è d’obbligo. Come diceva Carl Gustav Jung: «La scarpa che sta bene a una persona sta stretta a un’altra: non c’è una ricetta che vada bene per tutti».
Quando si parla di scarpe ecologiche lo si fa in riferimento ai materiali e ai procedimenti con cui sono state realizzate. È un termine d’impatto di cui si abusa spesso per ragioni di marketing, ma bisogna tener presente che in una scarpa semplice ci sono una quindicina di componenti, mentre in una calzatura complessa, come uno scarpone da montagna, ce ne sono fino a sessanta. Per poter definire una scarpa «interamente ecologica» bisognerebbe che tutti i componenti fossero prodotti dalle diverse aziende con la stessa filosofia nei confronti dell’ambiente, ed è una cosa molto difficile. (…)

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