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COP25, l’atteso accordo non c’è. «Clamoroso fallimento»

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La Conferenza delle Parti più lunga di sempre sul clima si è chiusa senza l’accordo più atteso, quello sui mercati di CO2. Lo stesso segretario generale dell’Onu ha parlato di «clamoroso fallimento». Ora si guarda al 2020, ma c’è sempre meno tempo.
«Sono deluso dai risultati di Cop25. La comunità internazionale ha perso un’importante opportunità per dimostrare maggiore ambizione per combattere la crisi climatica». Così il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha dichiarato via twitter n chiusura della COP25, la Conferenza sul clima, che ha riunito a Madrid i delegati di quasi 200 Paesi. Era «la Cop dell’ambizione», si è chiusa con un clamoroso fallimento. Al termine di una seduta plenaria tesissima il consesso ha partorito un topolino: il timido appello a «sforzi più ambiziosi» e un testo che ribadisce «la necessità urgente» di aumentare i tagli alle emissioni, in linea con l’accordo di Parigi. Tutto rinviato alla Cop26 in Scozia, il prossimo novembre: entro fine 2020, tutti i Paesi dovranno presentare nuovi Piani nazionali per non superare la soglia fatidica: 2° sopra la temperatura media terrestre pre-industriale; da abbassare a 1,5°, secondo gli studi scientifici, per evitare il punto di non ritorno. Con i piani attuali, si arriverebbe a + 3,2° entro fine secolo.
Si conferma lo «scollamento» fra i summit internazionali e le richieste di gran parte dell’opinione pubblica, imprese e investitori. «Un esito inaccettabile», denuncia Greenpeace. Era un vertice tecnico, non politico, ribattono i delegati. Tecnici che ai vari tavoli si sono divisi su tutto, in gruppi ben definiti.
Stati Uniti, Arabia Saudita, Australia e Russia si sono distinti per l’opposizione strenua a maggiori tagli delle emissioni. Il Brasile, da parte sua, ha bloccato l’accordo sul mercato del carbonio, rivendicando di poter conteggiare crediti vecchi, «molti dei quali discutibili o non addizionali», come ricorda il Wwf.
L’unico risultato da segnalare è la vittoria dei Paesi vulnerabili (quelli che rischiano di sparire come le piccole isole del Pacifico) rispetto a quelli ricchi sul punto dell’Ambizione: cioè, entro l’anno prossimo questi ultimi dovranno indicare (sarà un obbligo non un’opzione) di quanto aumenteranno gli impegni per tagliare i gas serra. Il 2020 sarà cruciale, quindi, per salvare l’accordo di Parigi.
Critiche sono arrivate anche da Greenpeace: “Ancora una volta”, ha dichiarato la direttrice esecutiva Jennifer Morgan, “i progressi auspicati sono stati compromessi dagli interessi delle compagnie dei combustibili fossili e di quelle imprese che vedono in un accordo multilaterale contro l’emergenza climatica una minaccia per i loro margini di profitto. Durante questo meeting la porta è stata letteralmente chiusa a valori e fatti, mentre la società civile e gli scienziati che chiedevano la lotta all’emergenza climatica venivano addirittura temporaneamente esclusi”.
Greenpeace ha quindi attaccato la classe politica presente al summit: “Ad eccezione dei rappresentanti dei Paesi più vulnerabili, i leader politici non hanno mostrato alcun impegno a ridurre le emissioni, chiaramente non comprendendo la minaccia esistenziale della crisi climatica”. L’accordo di Parigi “potrebbe essere stato vittima di una manciata di potenti ‘economie del carbonio’. Da questa COP è tuttavia emerso che ci sono alcune forze positive al lavoro: la High Ambition Coalition durante questa settimana ha offerto un’ancora di salvezza, e i piccoli Stati insulari si stanno rafforzando di giorno in giorno, mantenendo vivo l’accordo di Parigi”.
All’attacco anche il Wwf: “I Paesi più inquinanti – Stati Uniti, Cina, India, Giappone, Giappone, Brasile, Arabia Saudita e altri – si sono sottratti alla loro responsabilità di ridurre le emissioni di gas serra, bloccando progressi significativi a Madrid. “Nonostante le accese richieste di azione immediata per il clima da parte dei Paesi vulnerabili, della società civile e di milioni di giovani di tutto il mondo, i grandi responsabili delle emissioni di CO2 hanno ostacolato gli sforzi per accelerare la marcia e mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5°C”.

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