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Novembre: i lavori nell’orto rallentano

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Con l’arrivo di novembre rimangono pochi lavori da fare nell’orto. Ma, se non sono ancora arrivate le prime gelate, è un buon momento per piantare gli alberi da frutto.

Il mese di San Martino

Il giorno di San Martino segna tradizionalmente la fine dell’annata agraria e anche nell’orto famigliare i lavori rallentano: resta solo la raccolta di qualche ortaggio invernale. Non è neppure tempo di potare, perché per questa operazione è meglio attendere la fine dell’inverno.
Ma, se il terreno non è ancora gelato, questo è il periodo migliore per piantare alberi da frutta, perché al momento della ripresa vegetativa le piante messe a dimora in questo periodo avranno un migliore sviluppo radicale e forniranno maggiori garanzie di attecchimento.

Cosa coltivare?

La scelta della varietà da coltivare è un momento molto importante. Bisogna tener conto del gusto dei frutti e della rusticità della pianta, in particolare della sua capacità di sopportare gli attacchi parassitari e di adattarsi alle caratteristiche pedoclimatiche del luogo di coltivazione.
Molte vecchie varietà, soprattutto quelle tipiche della zona di riferimento, presentano queste caratteristiche, ma per il melo e l’uva da tavola sono consigliabili anche le varietà che resistono alle principali malattie crittogamiche, cioè rispettivamente alla ticchiolatura e alla peronospora.
Prima di prendere una decisione è quindi opportuno sfogliare i cataloghi dei vivaisti per conoscere bene le caratteristiche delle piante che si intende mettere a dimora e che produrranno frutti per i prossimi decenni, almeno così si spera. In novembre, di solito, sono ancora disponibili tutte le varietà presenti nei cataloghi e questo è un altro vantaggio da non sottovalutare.
Non si deve dimenticare, poi, che alcune specie (ad esempio melo, susino, ciliegio) e varietà non sono in grado di autofecondarsi e richiedono la presenza di un’altra varietà della stessa specie che agisca da impollinatrice.

Le piante da preferire

Anche se sembrano più deboli e indifese è meglio scegliere piante giovani (da uno a tre anni di età), perché hanno maggiori capacità d’adattamento e sopportano meglio il trapianto. Le piante più vecchie sono più soggette a subire stress che possono determinare deperimenti e un certo ritardo nella messa a frutto.
Da preferire poi le piante a radice nuda rispetto a quelle in vaso, perché è possibile verificarne l’integrità controllando che siano prive di lacerazioni, ramificate, abbondanti, con poche radici principali grosse e molte secondarie più sottili. Le piante a radice nuda offrono anche il vantaggio di essere più economiche, ma devono essere messe a dimora subito dopo l’acquisto.

Mettere a dimora

Per il trapianto si deve scegliere una giornata senza vento; con la vanga si scava una buca profonda 60-70 cm e larga 50-70 cm separando la terra che si trova negli strati superficiali da quella che si trova in profondità affinché, al momento del riempimento della buca, possa essere ricollocata com’era prima dello scavo. Sul fondo della buca si aggiunge letame o compost ben maturi o, ancora meglio, vermicompost, coprendoli poi con un po’ di terra per evitare il contatto diretto con le radici. Poi si posiziona la pianta avendo cura di lasciare il colletto, cioè la zona di passaggio dal tronco alle radici, almeno 10-15 cm sopra il livello del terreno, in modo che rimanga sopra al suolo anche dopo l’assestamento della pianta. Si procede quindi a riempire la buca comprimendo la terra intorno alla pianta per far aderire bene le radici al terreno e per assicurare un buon ancoraggio. Un palo tutore aiuta a mantenere la posizione verticale della pianta. Si può invece attendere la primavera per collocare vicino al tronco i dischi di pacciamatura, in fibra di cocco o in lana, che riducono la competizione delle erbe spontanee con la giovane fruttifera.
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Articolo tratto dal mensile Terra Nuova Novembre 2019

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