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Pino De Sario: «La società ci vuole perfetti? Un tranello. Accettiamo la nostra fallibilità»

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La società moderna ci vuole sempre più perfetti, competitivi, stakanovisti, infallibili e giudica ed emargina in maniera impietosa chi non cade nel tranello. Come difendersi e come reagire? Lo abbiamo chiesto a Pino De Sario, psicologo, specialista in facilitazione e docente all’Università di Pisa e alla Scuola Facilitatori.
La società moderna ci vuole sempre più perfetti, competitivi, stakanovisti, infallibili e giudica ed emargina in maniera impietosa chi non cade nel tranello. Cresce quindi la frustrazione, sempre più persone hanno problemi di autostima e subiscono il giudizio della collettività.
Come difendersi e come reagire? Lo abbiamo chiesto a Pino De Sario, psicologo, specialista in facilitazione e docente all’Università di Pisa e alla Scuola Facilitatori.
Questa società richiede sempre di più eccellenza e perfezione, performance e produttività, ma questo innesca spirali negative in noi. Come uscirne?
Sì è vero! Ma poi un po’ tutti corriamo ai ripari, perché inconsciamente sappiamo di essere fallibili, limitati, vulnerabili. È che non ce lo concediamo e non ce lo diciamo. Infatti due passi mi vengono ora alla mente: il primo passo, “concedersi”, mettere in conto un’idea di ecologia, che ci vede come frutto di ciclicità importanti, la prima è quella del giorno e della notte, che si ripete; concedersela, vuole dire accogliere sia i momenti ok e anche quelli non-ok. Il secondo passo, “diciamocelo”, vuole dire aprire momenti a due o di gruppo in cui condividere le negatività, che tutti, dico tutti, abbiamo, anche le persone che si mostrano più luminose e positive con l’esterno. Potersi raccontare ad alta voce, con una persona che ci ascolta con attenzione, ha un effetto costruttivo di elaborazione molto interessante. Io, nel mio piccolo da dieci mesi ho un incontro con un amico con cui mi posso aprire e confidarmi, lui mi ascolta, non mi dà ricette o giudizi, io anche con lui; il fatto di poter raccontare ad alta voce un disappunto, una delusione, un’apprensione è fattore decisivo per la gestione costruttiva della negatività personale.
E se ci sentiamo frustrati, come accettare i nostri limiti trasformandoli in forza?
Frustrati è dire poco. Ci sentiamo distratti, indifferenti, rancorosi, ruminanti, cinici, distruttivi, presuntuosi, bloccati, criticoni e tanto altro ancora. Non c’è bacchetta magica e neanche vie risolutive perfette, non esistono!  Con garbo e con una buona dose laica possiamo curare il nostro negativo, alcune piccole idee:
  • a) parlarne, condividere con un amico o collega le emozioni, in uno spazio di segretezza e protezione;
  • b) scrivere, su un quaderno, appunti in cui si descrivono i sentimenti, le vicende quotidiane, senza pensare che quello che si scrive debba essere letto da qualcuno, anche qui la riservatezza è importante, proprio perché ci aiuta a scrivere le cose come le sentiamo, senza censure o inibizione;
  • c) muoversi, attivarsi, fare col corpo movimenti, camminare, saltare, urlare in mezzo agli alberi, tutte attività che possono aiutare a sbloccare le tensioni, non a risolverle nei loro contenuti, ma solo a depotenziarle, a ritornare in una qualche fluenza fisiologica. 
Come ribaltare le situazioni a nostro “favore”?
Ma direi che il braccio di ferro è da evitare, quanto è più possibile, evitando formule hard, dure, arroganti e aggressive, di rivalsa, o di manipolazione, o ancora di autoritarismo. Sappiamo anche, che molti poi ricorriamo a queste scorciatoie, che si chiamano poi avvocati, avvocati e ancora avvocati. Questa via, se proprio necessaria, è chiaro che può essere battuta, ma presenta anche molte controindicazioni. Occorre imboccarla, proprio come ultima mossa possibile. Nel mezzo occorre esercitare la parola, un dono, di tipo però riparativo, lo chiamo “terzo tempo”, in cui scusarsi, chiarificare, precisare, avanzare richieste o tentare nuova comprensione. Prima degli avvocati occorre infatti provare e riprovare e ancora riprovare. È meglio per sé, per l’altro e per l’ambiente sociale circostante.  Molte famiglie, molte associazioni, molte organizzazioni vanno troppo disinvoltamente verso la strada della sanzione, della denuncia, dell’indurimento dello scambio, senza mettere in conto il fenomeno dell’escalation, che ha iperboli dei conflitti e del malessere, sempre di difficile previsione e decifrazione. Occorre invece farsi aiutare, da soli non ce la facciamo. Lavorare su di sé (sono moltissime le vie che si possono imboccare, dalla psicologia alla meditazione), chiamare un facilitatore o un mediatore, terzo tra le parti. E altro ancora, che solo la nostra incipiente ignoranza, non ci fa scorgere o intravedere.

Letture utili

Un’efficace e opportuna lettura in proposito è senza dubbio il “Manuale ANTI-negatività. Guida pratica alla facilitazione per migliorare relazioni personali e lavorative” (Terra Nuova Edizioni) che lo stesso Pino De Sario propone a coloro che sentono l’esigenza di uscire dalla spirale negativa in cui si trovano.

Pino De Sario propone da anni un nuovo approccio alle risorse umane che si basa sulla comunicazione ecologica e trae spunto dal lavoro di Jerome Liss. I soggetti sono invitati ad acquistare una nuova consapevolezza dei processi comunicativi, in cui il messaggio sia espresso in modo chiaro, senza manipolazioni e nel rispetto delle diversità di ognuno.
Questo libro è una guida pratica, facile da usare, suddivisa in oltre 50 brevi capitoli che presentano situazioni tipo (emozioni negative, relazioni problematiche, contesti deteriorati) per poi suggerire spunti e soluzioni concrete per trasformarle in risorse positive, in un momento di crescita individuale e collettivo.
Nelle prime pagine l’autore propone un approfondimento dell’intreccio tra negatività e positività, che è alla base della personalità di tutti, e poi prosegue presentando le elaborazioni della neuroscienza, fondamentali per comprendere il legame tra cervello ed emozioni.
Un’approfondita bibliografia finale rende il manuale un utilissimo strumento di lavoro e di approfondimento personale.

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