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Volitivo o tiranno? Quando il bimbo fa i capricci

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Cresce il fenomeno della cosiddetta «sindrome dell’imperatore» e c’è chi parla di «malattia». Ma, raccomandano gli psicologi, occorre fare attenzione: «La maggior parte dei bambini ha solo bisogno di consolidare la relazione con il genitore». L’intervista a Federica Migliarese, psicologa e psicoterapeuta.
Cresce, e non manca di preoccupare, il fenomeno della cosiddetta «sindrome dell’imperatore», una sorta di linea di condotta nei bambini, fin dalla più tenera infanzia, che ne connota un comportamento capriccioso, esigente, addirittura tirannico e denigratorio nei confronti degli adulti di riferimento, in primis i genitori. Psicologi, psicoterapeuti e pedagogisti si sono interrogati su questo trend, tanto da produrre osservazioni e rapporti scritti e da far suonare qualche campanello d’allarme, con critiche nei confronti del modello sociale e delle dinamiche relazionali che vengono a instaurarsi nelle famiglie di oggi. C’è anche chi sostiene l’esistenza di una «familiarità» o «predisposizione genetica» e chi invece si concentra sull’analisi di un modello di educazione ritenuto sempre meno efficace. Fatto sta che un numer considerevole di bambini presenta il classico comportamento del «voglio tutto, subito e se non me lo dai grido, picchio e ti insulto».
«C’è però una distinzione fondamentale da introdurre quando si analizza questo fenomeno, e cioè non bisogna confondere il bambino volitivo, che magari a volte ha anche crisi di rabbia, con il bambino profondamente insicuro e tirannico che compensa la sua intima frustrazione tiranneggiando gli adulti» spiega la dottoressa Federica Migliarese, psicologa e psicoterapeuta di Firenze, con una formazione psicosintetica e che da anni lavora sul rapporto tra bambini e genitori.

Il bisogno di attenzione

«Ritengo che la maggior parte dei bambini che all’esterno appare capace di autodeterminarsi appartenga alla prima categoria e non alla seconda, che presenta invece tratti più preoccupanti» prosegue la dottoressa Migliarese. «I bambini volitivi, dunque rientranti nella prima categoria, spesso sono cresciuti precocemente, hanno ricevuto un’educazione che li ha resi molto autonomi e che li ha messi davanti a scelte già in giovanissima età. Ciò non è negativo di per sé; in questi casi, il piccolo cerca un limite nella relazione con gli adulti, quasi sempre i genitori, e magari provoca per capire fin dove si può spingere».
«È proprio qui che si evince l’importanza di genitori solidi, che riescano a non assecondarlo subito arrendendosi di fronte alla possibile crisi di rabbia o alla volitività del figlio» prosegue Federica Migliarese. «E che magari si pongano le domande giuste. Per esempio, può capitare che tali comportamenti siano la reazione a genitori assenti o distratti, che non colgono a fondo i bisogni affettivi del bambino. Dunque, il piccolo si focalizza su oggetti esterni o su richieste ostinate per attirare l’attenzione, mentre in realtà ciò che desidera, e di cui ha bisogno, non è quell’oggetto ma è la relazione, l’attenzione». Quindi, quando i genitori colgono questi segnali d’allarme, piuttosto che focalizzarsi essi stessi sull’oggetto del capriccio «farebbero bene a concentrarsi sul bambino e sui bisogni che sta, in quel modo, esprimendo in maniera indiretta. È anche un modo, questo, per uscire dal conflitto e per non innescare un muro contro muro che non fa bene né al bambino né all’adulto».
Quello del «voglio», dunque, è un bambino che non necessariamente va visto sotto una luce negativa. «Come ci indica il modello della psicosintesi terapeutica, sul quale mi sono formata, il piccolo sceglie così di esprimere la sua volontà forte, perché magari non aveva altra scelta a lui nota o per lui percorribile. I genitori dovranno saper imparare a leggere oltre quegli scatti, quell’ira momentanea, cogliendo la vera richiesta di aiuto. Va quindi sostenuta nel bimbo la volontà che, oltre a essere forte, sia anche sapiente e buona».
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Articolo tratto dal mensile Terra Nuova Settembre 2019

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