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Salviamoci dal web che ci spia

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App, smartphone, web e social ci “rubano” dati e informazioni per schedarci a scopi soprattutto commerciali, ma anche di controllo. Non è però impossibile sottrarsi al “Grande Fratello”, basta avere le dritte giuste…
Le aziende del web 2.0 ci “rubano” ormai anima e informazioni sensibili, c’è persino chi individua l’esistenza di una sorta di “cartello” e ha coniato una definizione apposita: GAFA, l’acronimo di Google, Apple, Facebook e Amazon. Queste società raccolgono ogni giorno una mole enorme di dati su miliardi di persone e profilano tutti gli utenti. Registrano e incamerano tutto ciò che facciamo, il testo dei nostri messaggi, da dove li abbiamo inviati e a chi, persino a che ora. Poi ancora, i messaggi ricevuti, da chi e a che ora; i siti che abbiamo visitato e le parole chiave usate per le ricerche; la musica che abbiamo ascoltato e i video visti; quello che abbiamo fotografato, dove e con chi eravamo; ogni azione compiuta utilizzando le App e i social network. Lo smartphone, poi, ha un numero elevatissimo di sensori e rivela dove siamo, se il luogo è all’aperto o al chiuso, a che velocità ci muoviamo e quindi con che mezzo, persino cosa stiamo dicendo se si pensa alle recenti tecnologie OK Google, Siri e Alexa.
A che scopo? Soprattutto commerciale, benché potenzialmente gli utilizzi potrebbero essere anche altri. L’allarme intorno a questo fenomeno cresce e appare sempre più evidente quanto siano spuntate le armi messe in campo dalle varie authority a tutela della privacy e simili. Quindi, che fare? Possiamo salvarci dal saccheggio di dati pur rimanendo cittadini di questo mondo interconnesso? È possibile (r)aggirare il “sistema” che ci spia senza per forza dover rinunciare a cellulare e computer?
«Direi proprio di sì, basta conoscere bene ciò che si ha di fronte e affinare gli strumenti giusti» spiega Michele Bottari, esperto di economia e tecnologia, imprenditore nel settore ambientale, impegnato nel sociale nonché autore del libro Come sopravvivere all’era digitale (Terra Nuova Edizioni).

Le Corporation che controllano Internet (e noi)

«Di fatto, a controllare tutti questi flussi di informazioni sono le cosiddette Internet companies» prosegue Bottari. «Secondo i dati forniti da Verafinanza, tra le prime otto aziende al mondo per capitalizzazione di borsa, sette appartengono alle cosiddette aziende web 2.0: prima Apple, seconda Google, terza, anche se in declino, Microsoft, quarta Amazon, quinta Tencent, settima Facebook e ottava Alibaba. Questa classifica evidenzia innanzi tutto il dominio di Sylicon Valley su Wall Street, ovvero della tecnologia dei Big Data sulla finanza, con enormi profitti generati. E ci racconta molto della nuova geografia mondiale che tecnologia, social e Big data stanno delineando, visto che, di queste sette aziende, cinque sono statunitensi e due cinesi».
«La cosa interessante è che lo “spionaggio”, come potremmo definirlo, non si concentra più solo su pochi soggetti selezionati per specifici motivi, ma è diffuso a tutti senza limiti grazie a server localizzati magari su qualche landa artica che registrano tutto, sempre e comunque, in una cartella a nostro nome. Oggi ci sono software che analizzano questi dati per capire se siamo più attratti dalla marmellata alla pera o dalle canottiere in plastica traforata. Il loro scopo, cioè, è la profilazione degli utenti, per conoscere abitudini, gusti, opinioni politiche, tendenze sessuali, fede religiosa, perversioni, affetti, amori, amicizie, stile di vita, capacità di spesa, eccetera; e per poter poi condizionare il nostro comportamento agendo sugli stimoli che sanno avere effetto su di noi».

Un potere nelle mani di pochi

Gli scopi sono eminentemente commerciali e questo spiega l’enorme ricchezza accumulata da poche aziende in pochissimo tempo. Ma cosa succede quando poche persone, poche aziende hanno un potere così grande? «Grazie alle tracce che lasciamo sul web e alle informazioni su di noi che pubblichiamo sui social, chi controlla questi mezzi ci conosce molto bene e conosce anche ciò su cui far leva per modificare più efficacemente il nostro comportamento, grazie a un’attenta registrazione dei nostri feedback alle azioni pubblicitarie» prosegue Bottari. «Un tale potere, così concentrato in soggetti al di fuori di qualunque controllo politico, non può che costituire un problema di per sé. Inoltre, può, di fatto, essere esercitato anche da eventuali governi polizieschi e repressivi o in caso di azioni mirate e specifiche a tali scopi».

Cosa fare per reagire: lo smartphone

Ma chi dice che ci si debba ineluttabilmente arrendere al “sistema” di controllo del web?  «Per sottrarsi a questo “grande occhio” non è necessario rinunciare per forza al cellulare o voltare le spalle a Internet» continua Bottari. «Esiste un modo intelligente per governare gli strumenti a disposizione senza farsi usare e può essere messo in pratica da chiunque. Naturalmente ci sono vari gradi di complessità per “aggirare” e “raggirare” il sistema, ma questo non deve spaventare l’utente. Ciascuno di noi, con un po’ di impegno, anche facendosi aiutare, può fare la sua parte». Con un pizzico di ironia, Michele Bottari identifica tre strade di liberazione, tre livelli a impegno crescente: cittadini attenti, attivisti, supereroi.
Cittadini attenti – Per il primo livello, è sufficiente una corretta gestione dello smartphone. «Occorre controllare l’invadenza delle informazioni, che può verificarsi in due direzioni: dal telefonino a noi, attraverso l’eccesso di notifiche, e dal telefonino verso l’esterno, attraverso il furto di dati personali» spiega Bottari. «Per limitare l’invadenza delle notifiche, che catturano la nostra attenzione, è necessario agire sulle impostazioni e disattivare le notifiche. Ogni App ha il suo sistema e occorre un po’ di pazienza per trovarlo. Per limitare il furto di informazioni dal nostro smartphone verso l’esterno, è bene sapere che il web non può accedere ai nostri dati senza il nostro consenso. La cattiva notizia è che, quando abbiamo acquistato lo smartphone, ancora eccitati per la novità, abbiamo dovuto fornire una decina di consensi, inserire il nostro account, eccetera. Spesso, dunque, il consenso esplicito l’abbiamo dato in quel momento. È quindi necessario effettuare una revisione consapevole dei permessi e delle protezioni del nostro smartphone, per impedire l’accesso dal web al dispositivo. Consiglio vivamente la crittografia del dispositivo, protetta da password forte».
«Poi è opportuno tenere pulito il telefonino: il principio che dobbiamo seguire è che tutto ciò che non serve, è un potenziale danno. Eliminiamo le App che non usiamo, non concediamo l’utilizzo della posizione (GPS o attraverso le reti wi-fi) se non realmente necessario, teniamo d’occhio le autorizzazioni delle App durante gli aggiornamenti e cambiamo password regolarmente».
Attivisti e supereroi – «Ma se si vuole veramente essere liberi, mi sento di dire a tutti gli attivisti e i supereroi che è meglio craccare lo smartphone e installarvi un sistema operativo che non spia, come Lineage. È difficile, ma non fuori dalla portata di persone comuni. Le istruzioni si trovano su lineageos.org.

Quando “l’avversario” è Facebook

E quando “l’avversario” è Facebook? Come si fa ad averla vinta? «L’enorme successo dei social network affonda le radici nel nostro profondo narcisismo» spiega Bottari. «Ciascuno di noi, anche la persona più riservata, desidera esporre un’immagine di sé, magari non sincera, ma pubblica. Facebook vuole che sui nostri profili social noi carichiamo tutto, dati anagrafici corretti, una scheda riassuntiva dei nostri gusti, opinioni politiche, posizione sociale, amicizie, frequentazioni. Il motivo è evidentemente commerciale, ma ha anche altre implicazioni. Per esempio, se cerchiamo un lavoro oppure un cliente, di fronte a una nostra proposta la prima cosa che farà il nostro interlocutore sarà andare a cercare il nostro nome su Google. Troverà tutti i profili social in cui, consapevolmente o no, siamo stati iscritti e scoprirà magari i locali che frequentiamo, se tendiamo a indebitarci, se siamo solito snobbare gli impegni per fare altro, eccetera. Ed ecco che l’immagine che volevamo dare solo agli amici stretti o a una cerchia specifica di persone è a disposizione di tutti, e tutti ne trarranno importanti informazioni per valutarci. Indipendentemente dalla nostra volontà».
«Il profilo social è sempre lì, classificato, indicizzato, ricercabile, consultabile. E consultato. Magari noi ci siamo scordati cosa c’è scritto, in preda a quali passioni momentanee l’abbiamo compilato, eppure tutto si conserva, a disposizione di qualunque ficcanaso. La prima operazione da fare, dunque, è quella su di noi. Se proprio non possiamo fare a meno di presenziare in quel circuito infernale che è il mondo dei social media, se proprio non possiamo sottrarci al sistema di messaggistica Whatsapp, allora pensiamo e proponiamo un’immagine pubblica di noi che sia più neutra possibile, pubblicando solo ciò che è compatibile ed evitando anche particolari della nostra vita: i nostri contatti possono sopravvivere anche senza sapere che ci piace la pizza ai quattro formaggi e saremo meno bersaglio di chi ci vuole convincere a comprare oggetti che non ci servono».

Navigare su Internet

E veniamo alla navigazione su Internet. È sempre Bottari a fornire suggerimenti utili per evitare il più possibili manipolazioni e tracciature: «Usiamo esclusivamente browser liberi, come Firefox o la variante Fennec, anche sullo smartphone. Gestiamo con attenzione i cookies, piccole righe di testo che rivelano il nostro passaggio in un certo sito web. Tecnicamente è possibile rifiutarli, agendo su qualche pulsante del nostro browser, ma non serve a niente, perché di solito il sito web ci rifiuta il servizio, con la scusa che senza cookies non è possibile proseguire. La cosa migliore è fingere di accettarli e distruggerli dopo qualche minuto. Per fare questo è sufficiente installare e attivare il plugin Cokie Autodelete. In questo modo nessuno potrà utilizzare le informazioni raccolte dal sito per spiarci. I cookies spia saranno individuati e rimossi immediatamente. Effetto collaterale: ogni volta che apriremo un sito, ci domanderanno di accettare la politica dei cookies. È un buon segno: significa che non ci hanno riconosciuto e che non siamo tracciati».
«Non usiamo gmail, né tanto meno Facebook, tenendoli aperti in schede attive del browser, altrimenti Google e Facebook conosceranno dettagliatamente la nostra navigazione. Per ovviare a questo inconveniente, possiamo scegliere browser diversi per le diverse operazioni, uno per loggarci e uno per restare anonimi, oppure servizi di ricerca anonima come Startpage. È consigliatissimo anche utilizzare un anti-tracker, come Ghostery, per chiudere tutte i robot-spia che ci osservano quando ci colleghiamo a un sito».

Superare la dipendenza

Un altro aspetto da considerare seriamente è la dipendenza che la maggioranza delle persone sviluppa nei confronti di social network e telefono cellulare. E questo implica un lavoro imprescindibile su noi stessi. «Ciò che dobbiamo fare è semplificare la nostra vita, riducendo al minimo l’impatto della tecnologia su di noi» aggiunge Bottari. «Rifiutarla per arrivare a condurre una vita monastica è inutile e sbagliato. Meglio gestirla con prudenza e contemporaneamente provare a riempire la nostra vita di emozioni e relazioni, momenti di condivisione reale, di interazioni vere e non virtuali. Provare per credere: riponiamo lo smartphone e dedichiamoci a quattro chiacchiere a tu per tu con gli amici o alla cura del giardino. L’effetto disintossicante è molto veloce: bastano pochi minuti nei casi non patologici. Pochi minuti al giorno di esercizio possono renderci esseri umani più liberi e consapevoli. Ritengo sia un dovere di tutti, visto che questa svolta tecno-autoritaria ha effetti devastanti su ambiente, economia e lavoro».

Letture utili

C’è un libro che in pochi mesi è diventato un “cult” per chi ha deciso di mettersi al riparo dal web. È “Come sopravvivere all’era digitale” di Michele Bottari (Terra Nuova Edizioni).

Con linguaggio semplice, comprensibile proprio da tutti, l’autore spiega quali programmi e app usare per uscire dal controllo dei giganti del web, sia quando usiamo lo smartphone che quando navighiamo su internet.
Grazie a prodotti come Startpage (motere di ricerca che vi renderà anonimi su internet, così smetteranno di arrivarvi le pubblicità dei divani dopo che ne avete cercato uno per la casa della nonna….), Firefox e Libreoffice (entrambi free software), K9mail (per leggere le email), Signal (servizio di messaggistica libero) e tanto altro ancora. Per la maggior parte, si tratta di strumenti semplici utilizzabili da tutti.
Nei capitoli finali l’autore propone riflessioni importanti sulle trasformazioni che stanno avvenendo nel mondo del lavoro e nell’ambiente a causa della diffusione delle tecnologie.
Nel primo caso lavoro sempre più precario, mal pagato e gestito da App (Uber, Foodora ma anche Amazon), dall’altro rifiuti altamente inquinanti con cui il Nord del mondo sta invadendo il sud: della serie aiutiamoli a casa loro!

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