Per costruire una relazione profonda con il proprio cane non basta amarlo, bisogna osservarlo, ascoltarlo, fino a mettersi nei suoi panni, entrare nel suo mondo e pensare come lui. Solo in questo modo potremo conoscerlo profondamente, al tempo stesso lavorando su di noi per arricchire la nostra stessa esperienza. Alla scoperta della felicità canina e… umana.
Il cane è uno degli animali domestici più amati di sempre. Chi ne possiede uno in casa lo considera spesso come parte integrante della famiglia, grazie al legame intimo e profondo che si crea con esso. E sarà forse per la sua rinomata fedeltà, la sua empatia, l’abilità di offrire amore incondizionato, che c’è chi arriva a dire che «i cani sono una benedizione» o che sono addirittura «meglio degli uomini».
Proprio in virtù di quel legame speciale e complice, dopo mesi o anni di convivenza con i nostri amici a quattro zampe, crediamo di averne compreso a fondo la natura, di saperne cogliere appieno i bisogni e le necessità. Tuttavia, il più delle volte ci affidiamo all’istinto e all’intuito, o a conoscenze che si fondano su luoghi comuni che non hanno alcun fondamento scientifico e che alimentano certezze che si rivelano talvolta errate.
L’approccio cognitivo-relazionale
Angelo Vaira, istruttore cinofilo, è fondatore dell’approccio cognitivo-relazionale, un metodo che affianca alle pratiche del «metodo gentile», che costruisce la relazione con il cane attraverso premi (rinforzo positivo) anziché punizioni, la voglia di creare non la classica relazione gerarchica «padrone e cane», ma un rapporto di reciproco confronto e ascolto che non solo migliora la vita dell’animale, ma ci porta a lavorare su noi stessi. Entrambi dunque, uomo e animale, si mettono in gioco in un percorso di crescita comune.
«L’approccio cognitivo-relazionale» spiega Vaira «è nato in Italia dal lavoro fatto insieme ad alcuni colleghi. Dopo esserci resi conto che gli animali hanno un’intensa vita emotiva, ci siamo chiesti come fosse possibile che il rapporto tra essere umano e cane dovesse essere basato solo sul rinforzo positivo. Certo, quest’ultimo era un approccio molto più sano che quello basato sulle punizioni, ma non ci sembrava ancora sufficiente».
Possiamo comprendere il linguaggio del cane, rapportarci a lui attraverso lo scambio e l’ascolto profondo, comprendere le situazioni in cui dobbiamo essere noi a guidare e scegliere, e quando invece è giusto che sia lui a farlo. Quando decidiamo di farlo seriamente, andando oltre il nostro istinto, questo ci sposta in una nuova dimensione. A un certo punto, infatti, ci rendiamo conto che siamo di fronte a una creatura in qualche modo «aliena», diversa da noi. Questo ci permette di osservarla con più attenzione. Improvvisamente, ogni stiracchiamento o movimento degli occhi si riempie di significato, comprendiamo che non sempre vuole le nostre coccole, che a volte giocare è fondamentale, altre lo è dormire, altre esplorare il mondo. La domanda a questo punto è: da dove iniziare per imparare?
In relazione empatica
«Thinkdog» letteralmente significa «pensare come se fossi un cane» ed è questo l’approccio che viene insegnato nella scuola fondata da Angelo Vaira. L’obiettivo è semplice, ma allo stesso tempo rivoluzionario. Si tratta di imparare a comunicare con il cane, leggere i suoi segnali, ascoltarli, rispettare le sue esigenze e trasmettergli le nostre, per instaurare, nel tempo, un vero rapporto paritetico in cui l’apprendimento è reciproco e continuo. (…)
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