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Detersivi da bucato: qual è meglio?

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Dal popolare fustino in polvere fino ai moderni detersivi liquidi in capsule monodose, la scelta dei detersivi per il bucato negli anni si è ampliata notevolmente anche in termini di ecodetergenza. Una guida alle migliori alternative sostenibili per un mondo davvero più pulito.
Provate a chiedere alle vostre nonne quale sia stata l’invenzione che ha cambiato loro la vita, senza ombra di dubbio vi risponderanno che è stata la lavatrice. Ebbene sì, la lavatrice, divenuta oggetto di massa nella metà degli anni ’60, ha rivoluzionato non poco la vita delle famiglie italiane. Prima dell’avvento delle lavatrici fare il bucato era una delle attività più faticose e logoranti. Insaponare, sfregare, sbattere e strizzare i panni richiedevano ore e ore di lavoro stando piegati al fiume o nei lavatoi pubblici. I panni venivano insaponati con grossi pezzi di sapone, spesso autoprodotto a partire dallo strutto, dopo di che venivano lasciati in ammollo per ore nella cosiddetta lisciva, una miscela alcalina di acqua e cenere dal forte potere sgrassante, igienizzante e sbiancante (una sorta di lisciva, detta comunemente «soda», da non confondersi con la soda caustica, si trova tuttora in commercio, ed è costituita semplicemente da carbonato di sodio. È un ottimo adiuvante per il bucato). Le cose migliorarono un po’ con l’avvento dei primi detersivi sintetici: più efficaci nel rimuovere le macchie, permettevano di velocizzare i tempi di ammollo e sfregatura, ma si trattava ancora di operazioni da eseguire manualmente. Con la diffusione delle lavatrici, l’industria chimica ha dato ampio spazio alla propria creatività immettendo sul mercato tantissimi prodotti per il bucato.

Come sono fatti?

I detersivi per il bucato sono miscele chimiche complesse costituite da tensioattivi, sequestranti, candeggianti, enzimi, stabilizzanti e adiuvanti di vario tipo come antischiuma, sbiancanti ottici (azzurranti), coloranti, profumi, emulsionanti, addensanti e conservanti.

I tensioattivi sono le sostanze lavanti vere e proprie di un detersivo, poiché sono in grado di emulsionare lo sporco ed eliminare le macchie. I primi detersivi in commercio contenevano tensioattivi altamente inquinanti ma, fortunatamente, il regolamento europeo1 ne ha vietato l’utilizzo, imponendo tensioattivi con una biodegradabilità almeno del 60%. Ciò non significa però che l’intero prodotto sia biodegradabile o che non presenti tossicità acquatica, poiché la restrizione si applica solo ai tensioattivi utilizzati e non agli altri additivi presenti nella formula2. Inoltre, la maggior parte dei tensioattivi presenti nei detersivi convenzionali è di tipo «etossilato»: una parte della molecola è di origine naturale e l’altra è di origine petrolchimica. Ciò vuol dire che dobbiamo anche tener presente l’impatto ambientale dell’intera filiera produttiva, non solo del prodotto finale.
In aggiunta ai tensioattivi sono presenti anche i sequestranti, sostanze utilizzate per addolcire l’acqua e rendere più efficace l’azione lavante dei detersivi. I vecchi fosfati, ampiamente utilizzati come sequestranti e responsabili dell’eutrofizzazione3 degli ambienti acquatici, sono stati fortunatamente messi al bando nel 2013 (sebbene ancora ammessi nella misura di 0,5 g per dose di detersivo). In alternativa o in combinazione con basse dosi di fosfati, attualmente vengono utilizzati policarbossilati, citrati, silice lamellare e zeoliti. (…)

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