Quello delle amalgame di mercurio, ancora ampiamente utilizzate per le otturazioni dentali, è un argomento molto discusso, sul quale è necessario fare un po’ di chiarezza.
Negli Stati europei vige il regolamento UE 2017/8521 che ha imposto, dal gennaio di quest’anno, l’utilizzo dell’amalgama dentale solo in forma incapsulata pre-dosata, vietando l’uso di mercurio in forma libera.
Inoltre, da luglio 2018 l’amalgama non può essere usata per le cure dei denti da latte, sui minori di età inferiore a 15 anni e nelle donne in gravidanza o in allattamento, «tranne nei casi in cui il dentista lo ritenga strettamente necessario per esigenze mediche specifiche del paziente», sottolinea il regolamento Ue. È stato anche fatto obbligo agli studi odontoiatrici che utilizzano l’amalgama o rimuovono otturazioni con questa lega di garantire l’uso di separatori, per trattenere e raccogliere le particelle inquinanti.
In Svezia l’amalgama è stata vietata già dieci anni fa perché ritenuta eccessivamente inquinante per l’ambiente.
«Va considerato che quello dell’amalgama è un problema ancora molto presente» spiega il dottor Bobbie Beckman, odotontoiatra di origini svedesi, in Italia dal 1996, con studio nel vicentino e membro della International Academy of Oral Medicine and Toxicology2 (Iaomt), un network internazionale di dentisti e operatori della salute attivo dal 1984 che fa ricerca sui materiali biocompatibili e che denuncia i rischi di determinati materiali. «In Europa ancora oggi i dentisti utilizzano novanta tonnellate di mercurio all’anno per preparare l’amalgama, che è costituita da mercurio al 50%; ciò significa che la quantità reale di amalgama arriva a 150 tonnellate all’anno».
«Si tratta di una lega molto instabile» prosegue Beckman, «sprigiona continuamente vapori nella bocca che penetrano le membrane cellulari sotto forma di metilmercurio, estremamente tossico. Viene assorbito e si accumula nell’organismo, soprattutto nel cervello, nei reni, nel fegato, nei polmoni e nel tratto gastrointestinale. L’emissione di vapori può essere incentivata dalla masticazione, dall’abitudine di digrignare i denti o dal consumo di bevande calde. Stando alla letteratura scientifica esistente, l’amalgama dentale può contribuire a causare o aggravare le allergie, la sclerosi laterale amiotrofica, il morbo di Alzheimer, i disturbi dello spettro autistico, i problemi cardiovascolari, le malattie autoimmuni, la sindrome da fatica cronica, la sclerosi multipla, i disturbi renali, il morbo di Parkinson, le disfunzioni riproduttive, la tiroidite e la depressione».
Lo Iaomt ha pubblicato nel 2016 un rapporto sulla questione, corredato di oltre quattrocento voci bibliografiche, e ha individuato tre modalità in cui il mercurio usato in odontoiatria impatta sull’ambiente: attraverso le acque reflue dagli studi dentistici dove si utilizza, attraverso l’eliminazione nelle feci di chi ha otturazioni in amalgama e con la cremazione di salme che hanno in bocca questo materiale. Inoltre, esiste il problema della concentrazione di vapori di mercurio all’interno e negli esterni adiacenti gli studi dentistici.
Lo Iaomt collabora anche con il Zero Mercury Working Group3, una coalizione internazionale costituita da un centinaio di organizzazioni non governative che si occupano di salute e di ambiente attive in oltre cinquanta paesi del mondo. Il gruppo è impegnato nel fare pressione sui decisori politici affinché vengano eliminate tutte le possibili fonti di esposizione al mercurio.
Esistono comunque valide alternativa all’amalgama, in gran parte già utilizzate. «Ci sono resine composite che hanno una buona tenuta e una colorazione che si mimetizza bene nella bocca» aggiunge Beckman, «ma non va mai dimenticato che l’opzione primaria è avere e mantenere i denti sani, perché qualunque materiale venga utilizzato per le otturazioni avrà problematiche, anche se a medio-lungo termine, e non ci restituirà mai il dente originale».
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