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Scienza: ecco il mio contro-patto

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La riflessione di Ivan Cavicchi, docente di sociologia all’Università di Tor Vergata ed esperto di politiche sanitarie, sul patto «Contro la pseudomedicina» proposto da Roberto Burioni.
Qualsiasi verità o valore ovvio e indiscutibile di cui appaia superflua ogni spiegazione si definisce «truismo». Dire che la scienza sia un valore e una verità è un truismo. Fare un patto su un truismo non ha senso; è come se io ne proponessi uno sul valore del sole. Allora perché dare vita a un manifesto sulla scienza e proporlo solo alla politica? Evidentemente il proponente ha in testa una sua idea di scienza che non è uguale a quella di milioni di persone e a quella di migliaia e migliaia di esperti; un’idea che potrebbe essere contestata soprattutto per il suo anacronismo.
Attraverso il patto «Contro la pseudomedicina», sottoscritto anche da Matteo Renzi e Beppe Grillo, si chiede alla politica l’impegno a imporre al mondo una vecchia e superata idea di scienza solo perché chi la propone è incapace di cimentarsi nella sua definizione. L’idea di scienza di Roberto Burioni non corrisponde in nulla a quella che oggi ha la filosofia della scienza; la sua è una vecchia forma di scientismo positivistico di stampo ottocentesco, un rottame d’altri tempi che ha la pretesa di proporsi come:
– metafisica, cioè valore assoluto, incontestabile, autoritaria e impositiva;
– conoscenza oggettiva e impersonale dell’uomo;
– riduzione della persona a organo;
– malattia ma non malato e non contesto;
– proceduralismo.
Una scienza dispotica, incapace di relazioni con gli altri, che pretende una sottomissione totale alle sue evidenze e ai suoi standard. Questo nonostante le sue evidenze siano, epistemologicamente, verità provvisorie e falsificabili e gli standard siano smentiti da casi singoli, specificità e individualità. Se la scienza, anziché sforzarsi a ridefinirsi nelle complessità del mondo, dialogare con le persone, evolvere e ripensarsi, si limita a chiedere alle forze politiche di proteggere la sua invarianza, cioè la sua refrattarietà al cambiamento, è davvero un brutto segno. Vuol dire che pensa di risolvere con la forza i suoi problemi paradigmatici.
Anche io farei un patto, ma non sulla scienza, bensì sul modo di intenderla e di usarla. Questo è il mio contro-patto.
1. Tutte le forze politiche italiane s’impegnano a favorire il dialogo tra scienza e società, a sostenere ogni forma di consenso informato, a favorire l’alleanza terapeutica, a corresponsabilizzare il cittadino nelle scelte scientifiche che riguardano la sua salute, a favorire il confronto nelle relazioni di cura tra evidenze scientifiche e opinioni del cittadino con l’obiettivo sempre di co-decidere ciò che per lui è più razionale, ragionevole e conveniente. La scienza come valore universale di progresso dell’umanità, che non ha colore politico, non ha solo lo scopo di aumentare la conoscenza umana e migliorare la qualità della vita, ma deve anche sostenere il divenire dell’uomo.
2. Nessuna forza politica italiana e nessun cittadino responsabile si presta a sostenere o tollerare forme di scientismo, cioè concetti di scienza riduttivi, schematici, semplificanti, spersonalizzanti, disumani, con i «paraocchi». La scienza è una conoscenza al servizio dell’uomo. La differenza tra scienza e pseudoscienza passa per le evidenze ma accettando tra le evidenze non solo quelle statistiche, bensì anche quelle empiriche, esperienziali e pragmatiche, che vanno comunque garantite da risultati verificabili.
3. Tutte le forze politiche italiane s’impegnano a governare e legiferare per fermare l’operato degli scientisti, che con le loro pulsioni autoritarie stanno minando pericolosamente la fiducia delle persone nella medicina. E si impegnano a garantire alle persone informazioni affidabili, per non creare paure ingiustificate nei confronti di presìdi terapeutici pubblici.
4. Tutte le forze politiche italiane s’impegnano a implementare programmi capillari d’informazione sulla scienza non per la popolazione, ma con la popolazione, a partire dalla scuola dell’obbligo, coinvolgendo media, divulgatori, comunicatori e ogni categoria di professionisti della ricerca e della sanità.
5. Tutte le forze politiche italiane s’impegnano ad assicurare alla scienza adeguati finanziamenti pubblici, a partire da un immediato raddoppio dei fondi ministeriali per la ricerca biomedica di base.
 
Ivan Cavicchi è docente di sociologia all’Università di Tor Vergata, esperto di politiche sanitarie. L’intervento è tratto dal blog che l’autore tiene su Il Fatto Quotidiano, dietro sua autorizzazione.
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Articolo tratto dal mensile Terra Nuova Febbraio 2019

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