Prosegue fino a sabato 15 dicembre la campagna di crowdfunding “Stop 5G” per raccogliere fondi e finanziare la pubblicazione sui media mainstream dell’appello per la moratoria del 5G e l’applicazione del principio di precauzione. Intanto, alla nostra richiesta di incontro con i ministri dell’ambiente e della salute e con i membri delle commissioni competenti di Camera e Senato, nessuno dei destinatari ha risposto.
Il primo passo è stato compiuto
sulle pagine de Il Fatto Quotidiano su cui è stato pubblicato a pagina intera l’appello per una richiesta di moratoria del 5G; l’iniziativa è stata finanziata proprio con il denaro raccolto con il crowdfunding. I cittadini sono poi stati invitati a inviare via e-mail ai parlamentari il testo dell’appello per l’applicazione del principio di precauzione. Alcuni hanno risposto; una lettrice e sostenitrici della campagna ha segnalato la risposta del Sen. Ruggiero Quarto che ha scritto: “Mi interesserò del problema. Fermare il 5G penso sia molto arduo, ma approfondire eventuali rischi e conseguentemente meglio regolamentare e cautelare forse si potrebbe”.
È stata inoltre inviata una richiesta di incontro urgente ai ministri di ambiente e salute e, contestualmente, di audizione alle commissioni preposte di Camera e Senato. Finora nessuno dei destinatari ha risposto. Ora si sta predisponendo una ulteriore uscita sui media mainstream per rilanciare l’appello per la moratoria e per continuare a sensibilizzare l’opinione pubblica.
Di 5G si è parlato anche durante
la trasmissione d’inchiesta Report e gli autori hanno dato atto dell’assenza di valutazioni preliminari sul rischio per la popolazione. L’Istituto Superiore di Sanità ha garantito solo ipoteticamente sulla sicurezza dell’internet delle cose, sostenendo che “i dati disponibili non fanno ipotizzare particolari problemi per la salute della popolazione connessi all’introduzione della tecnologia 5G”. Anche il Ministero della Salute ha minimizzato il rischio (
QUI la replica integrale alla puntata di Report). L’Istituto Ramazzini, dal canto suo, ha invece (riguardo le frequenze 2G e 3G, perché il 5G è inesplorato) ha riscontrato “una chiara evidenza di tumori maligni nel cuore, alcune prove di tumori maligni nel cervello, alcune prove di tumori (combinato benigno, maligno o complesso) nelle ghiandole surrenali” e “aumenti nell’incidenza degli schwannomi maligni del cuore, tumori molto rari delle cellule nervose del cuore e un aumento dell’incidenza di altre lesioni (l’iperplasia delle cellule di Schwann e gliomi maligni, tumori del cervello)”.
Già nel 2011, comunque, l’Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) affermava che “i campi a radiofrequenza sono classificati nel gruppo 2B perché c’è un’evidenza tutt’altro che conclusiva che possano provocare il cancro negli esseri umani”.