Vino naturale: l’emblema di una nuova narrazione! L’editoriale di Dicembre.
Il vino, lo sappiamo bene, è un prodotto a doppia faccia, da consumare con cautela.
Ma non si può certo prescindere dal valore simbolico che ha nella nostra cultura.
Il vino naturale in questo senso diventa l’emblema di una nuova narrazione, se vogliamo un po’ edonistica, di chi sfugge al mondo dei gusti artefatti e omologati.
È infatti cambiato il nostro modo di rapportarci ai sapori e, grazie al cielo, sono cambiate le esigenze dei consumatori.
Come è già accaduto in passato, il vento della rivoluzione soffia dall’Oltralpe. I francesi ci hanno insegnato ad amare il terroir, termine che sta a indicare la felice interazione tra suolo, varietà botanica, ambiente naturale e intervento dell’uomo. Non è certo una novità, ma è forse venuto il momento di adoperarci per una chiave di lettura più estesa del termine terroir, capace di aprire nuove porte e valorizzare il nostro patrimonio. Si può partire dal vino, ma il perimetro si allarga a gran parte della nostra produzione: dalle ortive ai legumi, ai grani antichi, fino ai frutti dimenticati. Ogni seme biodiverso, coltivato e trasformato in modo naturale, ha un gusto, un sapore, qualità e principi nutritivi altrettanto differenti, a seconda di dove viene coltivato.
Di fronte alle nuove sfide dobbiamo pensare globale, ma la produzione del cibo non può che essere locale. Con un mercato che sgretola le frontiere e una politica che balbetta frasi senza senso, possiamo tornare a far parlare i territori riscoprendo il valore del gusto autentico: è qui che è possibile ricostruire un nostro senso di appartenenza e identità, senza
cadere nei localismi xenofobi. Perché l’agricoltura e il cibo sono da sempre terreni di incontro, scambio e condivisione. La nostra sovranità alimentare può insegnarci a conciliare le identità con l’accoglienza, la tipicità con il rispetto delle differenze. E le varietà locali, nella loro variabilità genetica, ci permettono di rispondere alle sfide dei cambiamenti climatici.
La forza dell’Italia sta tutta in questa biodiversità. Il pluralismo ce l’abbiamo nel sangue.
Gli italiani, a cui oggi si cerca di imboccare dosi massicce di odio e diffidenza, sono il popolo per definizione più biodiverso d’Europa, e non solo per le specie botaniche e animali. Sotto il tricolore si cela una diversità genetica più alta di ogni altro paese europeo, concorrendo a formare una miscela incredibile di caratteri. La conformazione del territorio ha fatto il resto: catene montuose, fiumi, laghi, divisioni bioregionali che hanno permesso di custodire le tipicità.
Dentro un vino forse non può esserci tutto questo. Ma se stapperete quella bottiglia, cercatene le tracce. E sfogliando le 100 pagine della nostra rivista cercate di fare la stessa cosa. Perché anche Terra Nuova è fatta di tanti acini in fermento.
Alla vostra!
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