In Brasile, Jair Bolsonaro è diventato presidente uscendo vittorioso dalle urne con il 55,13% dei voti contro il 44,87% dell’avversario, Fernando Haddad, candidato del Partito dei Lavoratori. E se manterrà le promesse elettorali non arriverà nulla di buono per ambiente e diritti.
Svolta a destra in Brasile, con Jair Bolsonaro, 63 anni, ex capitano dell’esercito, che sarà presidente per i prossimi 4 anni, a partire dal 1° gennaio.
Dalle urne esce un paese profondamente spaccato. Nel Sud bianco e ricco, il voto a Bolsonaro è stato una valanga, mentre a Nord e Nordest, le regioni più povere del Paese, Haddad ha prevalso. Bolsonaro ha promesso tagli alla macchina statale e ai ministeri, ma per avere la maggioranza al Congresso dovrà concedere molto a decine di partiti e lobby di interesse.
E se manterrà le promesse elettorali, potrebbero essere
anni bui per l’ambiente e i diritti. Bolsonaro è per
dire basta con la protezione degli indios, per eliminare gli ostacoli all’agricoltura in Amazzonia ed era per tirar fuori il Brasile dagli accordi internazionali sul clima,
anche se sembrerebbe aver fatto marcia indietro su questo.
Stando a quanto riferito a Reuters da
Nabhan Garcia, leader conservatore che potrebbe essere nominato ministro dell’agricoltura, l’idea è quella di
tagliare le multe ambientali. Ciò significa che gli agricoltori brasiliani che violeranno le leggi ambientali in aree sensibili come la Foresta Amazzonica, dovranno affrontare meno multe per le loro infrazioni.
Il Brasile ospita circa il 60% della Foresta Amazzonica, probabilmente la migliore difesa della natura contro il riscaldamento globale, con gli alberi che assorbono anidride carbonica. La sua distruzione è causata principalmente da allevamenti illegali, disboscamento e agricoltura. Al momento l’Agenzia di protezione ambientale brasiliana, la Ibama, può multare coloro che infrangono le leggi ambientali (benché sia assai difficile controllare territorio così vasti!), ma ora si tema che aumenti vertiginosamente la deforestazione.
Bolsonaro si è anche espresso contro tutte le forme di «attivismo» in Brasile, alle quali vorrebbe porre fine; volendo dire cioè ambiente, minoranze, orientamenti sessuali, lotte per la terra.
Chissà che destino attenderà gli storici movimenti brasiliani che si battono per aprirei grandi latifondi incolti ai contadini «sem terra» e per la protezione alle comunità indigene; le parole di Bolsonaro suonano bellicose («Finirla con tutta quella roba lì»). Sono forti i timori di regolamenti privati di conti nei campi e nelle foreste, dove gli squadroni della morte già esistono e l’impunità per chi fa fuori attivisti è già altissima. I movimenti dei senza terra sono considerati da Bolsonaro “eserciti clandestini comunisti, al servizio del Pt di Lula”.
E «nemmeno un centimetro quadrato in più agli indios», è un’altra delle promesse di Bolsonaro, il quale sostiene che le riserve siano già troppo ampie in Brasile.