Nato in una scuola di Cremona, in meno di 20 anni ha conquistato l’Italia con 103 squadre dilettantistiche e oltre 15 mila praticanti. “Stiamo lavorando per avere il riconoscimento di disciplina sportiva vera e propria”
Baskin: una sola parola per definire un’attività sportiva altrimenti difficile da incasellare in una categoria. Si ispira al basket ma ha caratteristiche proprie perché
viene giocato da normodotati e disabili nella stessa squadra (composta sia da ragazzi che da ragazze). Materiale e spazi sono di volta in volta scelti a seconda delle caratteristiche dei giocatori in campo. In effetti, come si legge nel sito ufficiale dell’associazione
Baskin onlus: “Il baskin permette la partecipazione attiva di giocatori con qualsiasi tipo di disabilità (fisica e/o mentale) che consenta il tiro in un canestro. Si mette così in discussione la rigida struttura degli sport ufficiali e questa proposta, effettuata nella scuola, diventa un laboratorio di società”.
Per spiegare il segreto del baskin Antonio Bodini, presidente dell’associazione Baskin onlus e uno dei “papà” di questa innovativa attività sportiva, riporta la confidenza di una giocatrice di basket di serie A: “Era satura dell’ambiente del professionismo e mi ha detto di aver ricominciato a divertirsi sul parquet praticando baskin. Perché prima dell’aspetto sportivo e di quello sociale, in campo vale il fatto che tutti possono divertirsi al massimo delle proprie possibilità”.
Il baskin nasce a Cremona in un contesto scolastico all’inizio degli anni 2000 grazie alla collaborazione di genitori, professori ed ex giocatori di basket, come Antonio Bodini. “Volevamo far giocare tutti sul serio e così abbiamo provato ad inventarci delle nuove regole di gioco” spiega. In campo ci sono più canestri (due normali e due laterali più bassi) e ogni giocatore ha un ruolo definito dalle sue competenze motorie e ha quindi un avversario diretto del suo stesso livello. Il mix di agonismo ed inclusione sociale del baskin arricchisce tutte le persone coinvolte.
“A ognuno è restituita la propria identità. I giocatori normodotati imparano a inserirsi in un gruppo che conta gradi di abilità differenti senza però essere relegati al ruolo di assistenti caritatevoli, perché si gioca sul serio con il dovuto agonismo. I ragazzi disabili accrescono le loro capacità e aumentano la fiducia in se stessi, perché si sentono davvero parte della squadra – spiega Bodini – Inoltre, è un’avventura molto stimolante pure per gli allenatori che devono assegnare i ruoli e sviluppare una tattica di gioco tenendo conto di tanti fattori”.
Nel tempo il baskin è diventato sempre più praticato e così è stata costituita l’associazione Baskin onlus che si occupa di promuovere la disciplina e fare formazione, anche al di fuori del contesto scolastico. “Oggi le associazioni sportive dilettantistiche che praticano il baskin in Italia sono 103 – riporta Bodini – Si tratta di polisportive, società di basket o associazioni nate esclusivamente per il baskin, che giocano regolarmente campionati e tornei in tutta Italia”.
La stagione 2017/2018 è stata da record per questo movimento sportivo: “Grazie ad una convenzione con il Ministero dell’Istruzione il baskin è entrato in moltissime scuole, facendo aumentare in maniera esponenziale i giocatori: stimiamo che ora siano quasi 15 mila”. Eppure il baskin non è ancora ufficialmente riconosciuto come disciplina sportiva: “Visto che è praticato sia da normodotati che da disabili non esiste una federazione di riferimento, ma stiamo lavorando su questo fronte per avere una certificazione ufficiale”. Nel frattempo stanno per ripartire i vari campionati sovra-regionali: “Ci sono partite quasi ogni domenica che, sempre di più, riescono a richiamare anche dei tifosi sugli spalti – conclude Bodini – Non c’è ipocrisia nel baskin e credo che questa base di verità sia percepita non solo dai giocatori, ma anche dal pubblico”.