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Basta un solo “pasto” di nettare ai pesticidi per accorciare la vita delle api

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Un singolo pasto di nettare prelevato da fiori contaminati è in grado di ridurre la longevità delle api e di ritardare lo sviluppo degli ovari, diminuendone così la capacità riproduttiva. I risultati di uno studio di ricercatori bolognesi.
Basta un solo pasto prelevato da fiori contaminati con un mix di pesticidi per alterare in negativo l’intero ciclo di vita di un’ape solitaria. Questa singola esposizione, effettuata al termine della diapausa invernale (uno stato di arresto della crescita simile al letargo), è infatti in grado sia di ridurre la longevità dell’insetto che di ritardare lo sviluppo degli ovari, diminuendo così la sua capacità riproduttiva. A rivelarlo è uno studio pubblicato su Proceedings of the Royal Society B.
Secondo il gruppo di ricerca internazionale che ha condotto lo studio, questi effetti dimostrano come l’esposizione combinata a più pesticidi sia una delle cause principali della moria delle api. Un risultato che – suggeriscono gli studiosi – dovrebbe portare a ripensare il sistema di valutazione del rischio dei pesticidi: oggi, infatti, si considerano solo gli effetti prodotti da singole molecole, ma raramente sappiamo cosa succede quando ad agire sono due o più sostanze contemporaneamente.
API CHE SCOMPAIONO
Il problema della moria delle api – la significativa diminuzione della presenza di questi insetti in vaste aree del pianeta – sta allarmando da anni gli studiosi di tutto il mondo. Le api svolgono un ruolo fondamentale per il mantenimento della biodiversità vegetale: muovendosi di fiore in fiore per cercare nutrimento, favoriscono l’impollinazione, contribuendo così alla sopravvivenza e allo sviluppo delle piante, tanto quelle selvatiche che quelle coltivate. La loro scomparsa, quindi, potrebbe avere gravi conseguenze sull’equilibrio dell’ecosistema, mettendo tra l’altro a rischio la produzione di buona parte della frutta e della verdura che consumiamo.
Tra le vittime principali di questo fenomeno c’è sicuramente la più nota tra le api, l’ape da miele (Apis mellifera), il cui tasso di mortalità annuale è aumentato in modo notevole nell’ultimo decennio. Esistono però anche migliaia di altre specie a rischio appartenenti alla stessa superfamiglia (quella degli Apoidei), molte delle quali sono solitarie: invece di vivere in colonie organizzate in alveari, ogni singola femmina costruisce un proprio nido indipendente. Ed è proprio su una di queste specie di api solitarie – la Osmia bicornis (conosciuta anche come Osmia rufa) – che i ricercatori si sono concentrati per testare gli effetti del mix di pesticidi.
“Così come l’ape da miele, anche le api solitarie sono fondamentali per l’impollinazione, e anche loro stanno scomparendo”, spiega Fabio Sgolastra, ricercatore dell’Università di Bologna che ha coordinato lo studio. “Si tratta di specie particolarmente a rischio perché, non essendo organizzate in società numerose, la scomparsa di un singolo individuo comporta automaticamente la fine di un’intera linea di successione”.
UN MIX PERICOLOSO
Obiettivo del gruppo di ricerca era analizzare i possibili effetti prodotti su Osmia bicornis da due tipologie di pesticidi: un insetticida neonicotinoide e un fungicida. I ricercatori hanno così realizzato un mix contente le due sostanze in dosi paragonabili a quelle che si possono trovare sul campo nelle coltivazioni che utilizzano questi pesticidi. Dopodiché hanno somministrato il composto alle api solitarie.
Il risultato? Una singola esposizione orale al mix di pesticidi – un singolo pasto – si è rivelata sufficiente sia per diminuire in modo significativo la longevità degli insetti che per ritardare lo sviluppo dei loro ovari.
“Quello che abbiamo osservato è un doppio effetto negativo”, dice Fabio Sgolastra. “Da un lato la vita dell’ape diventa più breve e dall’altro si allungano i tempi per l’inizio della deposizione delle uova: un fenomeno pericoloso, che riduce la capacità riproduttiva di questi insetti e può finire per mettere a rischio la sopravvivenza delle popolazioni di osmie negli ambienti agrari”.
PESTICIDI E VALUTAZIONE DEL RISCHIO
Oltre a testare il mix di insetticida neonicotinoide e fungicida, i ricercatori hanno sottoposto alle api solitarie anche soluzioni contenenti i due pesticidi separatati tra loro (sempre in dosi paragonabili a quelle diffuse nelle aree coltivate): da un lato solo l’insetticida neonicotinoide, da un altro solo il fungicida. In entrambi i casi, però, non sono stati riscontrati effetti negativi sugli insetti. “I due pesticidi, in quelle quantità e in una singola dose, non risultano dannosi”, spiega Sgolastra. “Quando però si trovano insieme, è sufficiente un solo pasto al termine dello svernamento per produrre conseguenze pericolose”.
Un dato, questo, che secondo i ricercatori dovrebbe far riflettere sulle procedure utilizzate per la valutazione del rischio nei pesticidi. “Non basta considerare gli effetti di una singola molecola di una sostanza”, suggerisce Sgolastra. “Dobbiamo pensare anche a come valutare i possibili effetti sinergici che derivano dalla combinazione di due o più sostanze utilizzate contemporaneamente”.
I PROTAGONISTI DELLO STUDIO
Lo studio – coordinato da Fabio Sgolastra – è stato svolto prevalentemente presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università di Bologna, in collaborazione con Gloria Isani e Riccardo Cabbri del Dipartimento di Medicina Veterinaria. Hanno partecipato inoltre Piotr Medrzycki del CREA (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria) di Bologna, Dariusz Teper del Research Institute of Horticulture di PuÅ‚awy (Polonia), Xavier Arnan e Jordi Bosch del CREAF (Centre for Research on Ecology and Forestry Applications) presso la Universitat Autònoma de Barcelona (Spagna).

 Letture utili

Il libro “La rivoluzione dell’alveare” (Terra Nuova Edizioni) è la testimonianza di un grande amore per le api e la presentazione di un nuovo approccio all’apicoltura, un approccio profondamente ecologico e rispettoso dell’organismo alveare.
Negli ultimi anni, a causa delle continue morie di api, dei cambiamenti climatici in corso e dei numerosi trattamenti contro i parassiti vecchi e nuovi, il lavoro dell’apicoltore è diventato difficile e poco remunerativo.

La proposta provocatoria e rivoluzionaria di Mauro Grasso parte da un principio semplicissimo: proviamo a mettere le mani nell’arnia il meno possibile e lasciamo fare alle api.
Ispirandosi al metodo ideato da Oscar Perone, ideatore della permapicoltura, l’autore suggerisce una pratica apistica a basso impatto ambientale, basata su un nuovo modello di arnia in grado di soddisfare a pieno le esigenze etologiche dell’organismo alveare, in modo da offrire alle api le condizioni migliori per sviluppare strategie per sopravvivere ai nuovi parassiti e a un ambiente sempre più contaminato.
Questo libro è una sfida e insieme un invito, rivolto a tutti gli apicoltori, professionisti o alle prime armi, a mettersi in gioco per trovare insieme nuove strade.

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