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Il felice ritorno della canapa

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Dal settore agricolo alla bioedizia, dal tessile al settore alimentare, fino all’uso terapeutico. La canapa si impone come pianta del futuro, con l’esempio di start up e realtà imprenditoriali che creano nuovi posti di lavoro. Un viaggio nei numeri, nel quadro normativo e nelle esperienze di filiera.
Abbiamo il sole e la terra. Abbiamo i coltivatori, la tradizione e la voglia di tornare a essere il paese che produceva la miglior canapa del mondo e che per quantità era secondo solo alla Russia.
L’utilizzo di prodotti agricoli rinnovabili per creare prodotti industriali non è una nuova tendenza: era il lontano 1934 quando il dottor William J. Hale, chimico, coniò il termine «chemurgy» per riferirsi a questa pratica. George Washington Carver, venerato come il padre della chemiurgia, credeva che ogni bisogno umano potesse essere soddisfatto sintetizzando materiali naturali e che centinaia di prodotti potessero essere ricavati da colture comuni che crescono a quasi tutte le latitudini. Solo qualche anno più tardi, nel 1938, la rivista Popular Mechanics Magazine pubblicò un articolo1 in cui si elencavano oltre 25 mila possibili utilizzi industriali della canapa: dall’intonaco al biomattone, passando per carta, bioplastica, tessuti, carburanti, prodotti alimentari e cosmetici.

Una spinta dalla nuova legge

Il 2016 sarà ricordato come l’anno in cui è stata finalmente approvata una legge che regola il settore della canapa industriale italiana. Un passo importante per dare maggiore fiducia alle aziende e ai possibili investitori, nell’ottica di tornare a dire la nostra in un ambito in cui in passato abbiamo sempre primeggiato; senza dimenticare il marchio «made in Italy», che potrebbe rappresentare un valore aggiunto nella rinascita della filiera, in tutti i settori di produzione e in particolare in quello alimentare.
Verso la fine del 1800, in Italia erano coltivati a canapa oltre 120 mila ettari di campi, con un rendimento annuo che sfiorava gli 800 mila quintali. Oggi anche la Coldiretti, la principale organizzazione di rappresentanza del mondo agricolo, promuove la canapa come «nuova» risorsa per l’agricoltura italiana, in uno studio che affronta gli effetti della nuova legge entrata in vigore il 14 gennaio 2017. «L’attuale quadro legislativo può valorizzare le caratteristiche distintive della canapa in Italia, dove si sta verificando una rapida diffusione della coltivazione dalla Puglia al Piemonte, dal Veneto alla Basilicata, ma anche in Lombardia, Friuli, Sicilia e Sardegna» sottolineava Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti, a cui faceva eco l’allora ministro delle politiche agricole Maurizio Martina, secondo il quale «per il nostro paese si apre la strada per recuperare la leadership del passato».

I numeri in Europa e nel mondo

Negli ultimi dieci anni, su scala mondiale la produzione di canapa industriale è aumentata del 50% e la Cina, con una superficie coltivata di oltre 60 mila ettari, è il primo produttore insieme al Canada2. Nel nostro paese le coltivazioni non hanno superato i 3 mila ettari nel 2015 e sono cresciute nel 2016, rimanendo comunque sotto i 4 mila. A livello europeo, da circa 8 mila ettari totali nel 2011, si è arrivati pian piano ai 25 mila del 2015, fino a superare i 30 mila nel 2016: a farla da padrone è la Francia, con oltre 10 mila ettari coltivati. (…)

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