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Cos’è il «terzo paesaggio»?

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Non solo le grandi aree disabitate del pianeta, ma anche piccoli spazi diffusi. Ecco a cosa fa riferimento l’espressione «terzo paesaggio».
Con l’espressione «terzo paesaggio», introdotta dal paesaggista Gilles Clément, si indicano i luoghi abbandonati dall’uomo: i parchi e le riserve naturali, le grandi aree disabitate del pianeta, ma anche spazi più piccoli e diffusi, quasi invisibili.
Sono compresi perfino i ciuffi di «erbacce» al bordo strada o i rovi e le sterpaglie che crescono nelle aree industriali dismesse.
Nel terzo paesaggio troviamo luoghi in cui l’assenza dell’attività umana ha generato un rifugio per la conservazione della diversità biologica. Ciò che è «incolto» o ciò che definiamo «erbaccia» diventa qui luogo ed elemento privilegiato del cambiamento ecologico.
Per i giardinieri planetari, cioè per coloro che intendono lavorare la terra rispettandone la biodiversità, basterà allora seguire il flusso naturale dei vegetali, talvolta assoggettarsi a loro, inscriversi nella corrente biologica che anima il luogo, per orientarla.
Nel terzo paesaggio è centrale l’approccio ecologico che contraddistingue il rapporto uomo/natura, che ci invita a percepire la terra come entità viva, come un grande giardino in cui tutti i frammenti di paesaggio ignorati ci offrono opportunità di rigenerazione.

Brano tratto dall’articolo L’era dei giardinieri planetari
Leggi l’articolo completo sul mensile Terra Nuova Luglio-Agosto 2018
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