In oltre undici Comuni della provincia di Padova, tra Saccisica e Conselvano, e in un due della provincia di Venezia, dal 16 giugno all’1 luglio decine di spettacoli dal vivo, progetti speciali, percorsi didattici, laboratori e mostre. Cason Ramei a Piove di Sacco è uno dei luoghi più dove si realizza il Festival delle scene di paglia e si celebrano gli antichi mestieri. Siamo andati a scoprire cos’ha da raccontarci, nella sua suggestione e lunga storia.
“Il Comune di Piove di Sacco svolge, fin dalla nascita del festival, la funzione di capofila di una serie variabile di anno in anno, di realtà istituzionali coinvolte nell’iniziativa, tra cui i Comuni di Arzergrande, Conselve, Codevigo, Brugine, Candiana, Legnaro, Campolongo Maggiore, Pontelongo, Sant’Angelo di Piove di Sacco” spiega
Stefano Pagin, presidente dell’associazione Gruppo del Cason. “Da tre anni, inoltre, si è instaurato un proficuo rapporto di collaborazione con il Consorzio di Bonifica Bacchiglione, che sostiene e ospita il festival negli spazi dell’Idrovora di Santa Margherita a Codevigo. Numerose associazioni di volontariato operanti sul territorio apportano poi un contributo essenziale alla riuscita della manifestazione, soprattutto per quanto riguarda la gestione dei momenti conviviali, la logistica, la sicurezza”.
Novantasei è il numero delle scene di paglia svolte finora nella Saccisica. Il valore aggiunto di queste iniziative è il dialogo che s’instaura tra le proposte artistiche e i luoghi del festival: casoni di campagna e di laguna, barchesse, parchi, idrovore, case coloniche, scuderie, parchi storici, piazze e angoli urbani che vengono riscoperti dai cittadini.
“Le scene di paglia sono un’occasione unica per far rinascere i piccoli paesi. In questi anni hanno permesso di ricucire tra loro elementi di bellezza e di storia di un territorio profondamente segnato da processi di sviluppo incontrollato e non sempre attento alle peculiarità e alla fragilità dell’ambiente” aggiunge Pagin.
Tra gli ospiti delle scene di paglia non sono mancati artisti come Marco Paolini, César Brie, Erri De Luca, Mandiaye N’Daye, Moni Ovadia e poi ancora Gianni Minà, Piki Theatre, Claudio Morganti, Elena Bucci, Tiziano Scarpa e Laura Marinoni. “Sono moltissimi gli spettacoli di qualità proposti dal festival con una scelta articolata di espressioni artistiche che spaziano dalla prosa al teatro-danza al teatro di narrazione al nuveau cirque al teatro musicale.”
Tra gli spazi pubblici dedicati agli spettacoli e alle iniziative di riscoperta dei vecchi mestieri, c’è anche Cason Ramei.
“Questo edificio fu costruito alla fine del XIX secolo dalla famiglia Zecchin che abitò qui fino al 1979” racconta Mario Rosso, volontario del Gruppo del Cason che si occupa delle visite guidate a Cason Ramei. “Il casone è costituito da due edifici: il principale è l’antica abitazione a due piani, il cui fulcro è la cucina, con il caratteristico focolare, “la cavarzerana”, a cui, durante la Seconda guerra mondiale, fu affiancato un secondo corpo per ospitare la famiglia allargata che poteva contare fino a dodici persone. Il secondo edificio veniva utilizzato tempo fa come deposito degli attrezzi mentre il sottotetto fungeva da fienile e da granaio”.
A Cason Ramei il tempo sembra essersi fermato: le vecchie fotografie appese alle pareti ripercorrono la storia della famiglia Zecchin che ha lasciato il Cason solo per un breve periodo in occasione della grande alluvione che colpì l’intera zona nel 1966 per poi ritornarci subito dopo che l’area era stata bonificata.
Muri d’argilla e tetto di canne palustri sono gli elementi che contraddistinguono queste case contadine che ospitavano anche più famiglie insieme.
“I primi casoni risalgono al 700” dice Rosso. “Nell’800 ne erano stati censiti oltre 3000 in questa zona. L’edilizia contadina, sebbene si servisse di materiali poveri, si è spesso contraddistinta per il grande ingegno e la vasta conoscenza dell’ambiente e della natura circostante; la canna fumaria, per esempio, è sempre stata posta verso sud perché il vento in queste zone arriva da nord-est. La stalla veniva posta nella parte nord del casone dove il sole picchiava di meno. C’è sempre stato grande rispetto per gli animali che fornivano alle famiglie i beni di prima necessità come il latte, il formaggio e il burro. I materassi del letto erano invece riempiti con le pannocchie e ogni autunno venivano sostituiti i chicchi”.
Dal 1° aprile al 30 settembre è possibile farsi guidare per il casone e scoprire l’atmosfera dell’epoca. Gli interni, come i mobili e gli oggetti originali, furono in parte acquistati dall’Amministrazione Comunale e in parte donati dalla popolazione. Adibito a Museo della cultura popolare e della civiltà contadina, Cason Ramei è circondato da un’importante area parco dove oltre alle feste estive si svolgono le scene di paglia e le giornate dedicate gli antichi mestieri.
“Oggi Cason Ramei è gestito dalla nostra associazione “Gruppo del Cason” di Piove di Sacco” dice il presidente Stefano Pagin. “Nata nel 1996 e formata da una decina di volontari, è grazie all’associazione che lo spazio ha ripreso vita ed è stato riaperto al pubblico dal 1997. Queste terre hanno tanto da raccontare, chi ha voglia di riscoprire la tradizione contadina e vivere un’esperienza in mezzo alla natura non deve fare altro che contattarci e partecipare ad uno dei tanti incontri e visite guidate che abbiamo in programma”.
Per informazioni Cason Ramei: via Ramei 16, 35028 – Piove di Sacco (Pd)
Associazione Amici del Cason Tel 049 5842394 – 328 2146168
In Italia è attivo anche un progetto che negli anni ha messo in piedi una vera e propria
rete di Teatri di Paglia. L’idea originaria è stata di Nicholas Bawtree, direttore del mensile Terra Nuova, ha coinvolto in poco tempo decine e decine di realtà nel nostro paese.
La
Rete dei Teatri di Paglia è una libera aggregazione di esperienze in Italia e all’estero, ciascuna delle quali porta avanti il proprio progetto in modo indipendente, dando credito alla Rete nel materiale promozionale e riconoscendo nel teatro di paglia tre semplici qualità fondamentali:
– la presenza della paglia, del fieno o di un altro materiale naturale per la costruzione del teatro, in un rapporto diretto con la terra e chi la coltiva;
–
la partecipazione collettiva, sia nella fase di costruzione che in quella della rappresentazione, nello spirito della
coincidenza scenica del teatro di paglia originario;
– l’impermanenza di un teatro che lascia traccia soltanto nei cuori, rapportandosi ai luoghi come un ospite rispettoso, per poi proseguire il proprio viaggio.