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Fondare un ecovillaggio o un cohousing – parte 4

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Prosegue l’articolo a puntate “Fondare un ecovillaggio o un cohousing” in cui sono raccolte osservazioni utili per chi sta pensando di fondare una nuova comunità, che sia ecovillaggio o cohousing, o sperimentare per la prima volta questo stile di vita. A cura di Francesca Guidotti, autrice di Terra Nuova Edizioni ed ex presidente RIVE.
9 – CHI DECIDE E COME?
Fin dagli albori del vostro progetto di ecovillaggio o cohousing, vi troverete di fronte alla domanda: chi prende le decisioni?
O in parole povere, chi comanda?
Inutile cercare di evitare la risposta perché essa è il binario entro il quale passa la strada per la  realizzazione.
Quando il progetto viene presentato dalle Istituzioni o da un team di professionisti, la risposta è abbastanza facile: solitamente decide il capo, il coordinatore, chi ricopre il ruolo col rango più alto. I futuri abitanti sono coinvolti in decisioni riguardanti ambiti definiti, se il processo di realizzazione è partecipativo.
Ma quando il gruppo si crea “dal basso”, dall’incontro di singoli privati cittadini, come definire chi è che, legittimamente, detiene il potere?
A volte è il capo spirituale o sono i precetti di un credo spirituale che indicano il codice di comportamento e solitamente si tratta di sistemi di gestione del potere piramidali o tendenti ad esserlo.

In altri casi il fondatore ed ideatore del progetto è anche proprietario di terre e strutture dove è possibile insediare la comunità. Potremmo esplorare a lungo questo caso ma per brevità, lascio immaginare lo scenario in cui è il proprietario ad avere sempre l’ultima parola sulle decisioni: per quanto tempo pensate possa durare una comunità così? È naturale che i fondatori nei primi tempi abbiano una forte influenza sulle decisioni e sull’impostazione di base del progetto, poiché ne sono i legittimi “genitori”. Ma poi, quando anche gli altri iniziano ad impiegare energia, passione, tempo e denaro nel progetto e vorranno farne parte a tutti gli effetti… non si lasceranno comandare a bacchetta e finché non sarà mollata la presa, nessuno si fermerà nella comunità tanto a lungo.

Nella maggior parte dei progetti “dal basso” presenti in Italia e aderenti alla Rete italiana villaggi ecologici – RIVE, sono stati fondati da due / sei persone. “E tra questi, chi comanda?” viene da chiedersi. Per un primo momento è possibile affidarsi alla leadership naturale di ogni componente del gruppo ma poi attenzione!, dopo qualche tempo, inevitabilmente, verranno a crearsi stati emotivi di disagio e se il gruppo non si è dato dei riferimenti solidi a cui ancorarsi nei momenti di burrasca, è un baleno ritrovarsi a rotolare giù in bel gran conflitto.
In questi stessi gruppi, c’è spesso la tendenza a pensare che “tutti decidono”. Una testa un voto. Uguaglianza totale sul piano decisionale. Sarebbe ottimo, se non fosse per qualche “problemino”: personalità insistenti, invadenti, prepotenti, o al contrario timide, insicure, fragili, o anche logorroiche, eccentriche o semplicemente accondiscendenti, potrebbero popolare le nostre riunioni come gli esseri mostruosi e leggendari che, tutto ad un tratto, scopriamo di non saper gestire, equilibrare, coinvolgere, armonizzare. Alla fine, le decisioni più difficili vengono prese per sfinimento, spesso orientate nella direzione del più insistente o chi ha maggiori capacità dialettiche. Questo tipo di decisioni fanno muovere un gruppo in qualche direzione ma non aiutano a costruire comunità.
Non solo, c’è la necessità che il progetto si fondi su pochi ma chiari e sicuri valori, o concetti, quelli di cui normalmente è composta una Visione (documento ufficiale che descrive il “chi siamo” di un gruppo) verso i quali orientare la direzione del gruppo. E non dimentichiamo il fattore tempo/esperienza, poiché progetti di questo tipo hanno una loro età, diversa da quella anagrafica degli abitanti che li animano, e hanno, come gli esseri viventi, le proprie fasi, il proprio ciclo e processi di maturazione.

Per fondare un ecovillaggio o un cohousing non esiste un libretto di istruzioni e personalmente ritengo che sia meglio così. Ma esistono indicazioni, linee guida basate sulle esperienze di comunità “anziane”, utili nelle diverse situazioni.

Può essere utile fin dal principio scegliere un metodo decisionale valido per il gruppo e indicare i passi e i tempi per l’ingresso graduale degli aspiranti membri nel processo decisionale che corrisponde a tutti gli effetti all’acquisizione piena dei diritti e dei doveri. Non coinvolgere un aspirante in alcune decisioni può sembrare escludente ma non lo è affatto: aiuta tutti a metabolizzare il cambiamento, rispetta i tempi del nuovo arrivato e la storia pregressa del gruppo e stimola un atteggiamento di ascolto e osservazione.
Quasi tutti gli ecovillaggi di mia conoscenza hanno un iter di ingresso lento ma progressivo; altre comunità in formazione si basano sul versamento di una quota di denaro che può anticipare i tempi di coinvolgimento del nuovo membro ma è una discriminante molto debole, che si rischia di pagare amaramente in futuro.
Prima di fornirvi un quadro dei metodi decisionali possibili, è importante che sia chiaro in che sede esse vengono prese. “In riunione!” penserà qualcuno, “in cerchio” direbbe un altro. “Giusto” risponderei io “ma di che tipo?”
Eccetto qualche rara occasione, nella comunicazione abbiamo la tendenza di saltare di palo in frasca e innestare nuovi discorsi su argomenti lasciati a metà. Un accavallamento continuo, distrazioni sul tema e domande fuori luogo da chi è arrivato tardi, o non ha letto le email, o perché uscito fuori a fumare la sigaretta. Questo tipo di riunioni sono un enorme minestrone, il brodo primordiale di tutti i nostri fraintendimenti.
Il caos è un sorprendente elemento creativo e con strumenti adatti è un vortice di potenzialità. Ma può anche confondere, innervosire, svilire. Siete mai usciti da una riunione pensando: “Sono passate tre ore e alla fine….che cosa abbiamo deciso?”. In questo contesto, l’ordine è certamente il vostro alleato migliore. Sopratutto se camminate a braccetto con la totale trasparenza sulle finalità della riunione. Prima di entrare nei contenuti, esplicitare “perché siamo qui”, “dove vogliamo andare” e “in che modo ci arriveremo” è già un ottimo inizio.
Ci sono riunioni o “cerchi” – d’ora in poi utilizzerò entrambi i termini indifferentemente – di vario tipo: i fondativi, dove si esplora e poi esplicita il “chi siamo”, “perché stiamo insieme”, “che cosa ci unisce” – ideali, valori; strutturali, per definire la struttura sociale che sostiene/agevola il nostro lavoro e i nostri rapporti, il “come stiamo insieme”; strategici, per descrivere come raggiungere obiettivo a breve, medio, lungo termine; progettuali / organizzativi, per dare le linee guida politiche e operative rispetto a ciò che c’è da fare; operativi, per decidere come compiere una determinata azione; creativi, per avviare nuovi progetti del gruppo; emotivo-relazionali, di condivisione e conoscenza reciproca; di trasformazione del conflitto.
Ogni cosa a suo tempo e nello spazio giusto. Questo atteggiamento terrà alta la concentrazione e vi permetterà di partire tutti allineati.
Vista la vastità e la complessità del tema, questo articolo finisce qui. Non perdetevi la seconda parte…alla prossima puntata!
Se vuoi leggere le puntate precedenti:

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Sono sempre più numerosi giovani e meno giovani che decidono di andare a vivere in un cohousing o in un ecovillaggio, una scelta dettata non solo da motivi economici (vivere insieme costa decisamente meno), ma anche dal crescente bisogno di uno stile di vita sobrio e a basso impatto ambientale, basato su relazioni autentiche e di solidarietà. Il panorama delle esperienze comunitarie, in Italia e all’estero, è assai ricco e variegato. Sempre più spesso si riconosce il valore sociale oltre che ambientale del vivere insieme, tanto che anche in Italia sono in crescita le amministrazioni locali che promuovono bandi per l’assegnazione di terreni o edifici destinati al cosiddetto housing sociale; è successo in Lombardia, Toscana, Emilia-Romagna e altrove. L’autrice racconta la storia e soprattutto il presente di ecovillaggi e cohousing già attivi in Italia, dei numerosi progetti in via di realizzazione e aperti a nuove adesioni, e delle esperienze internazionali più significative. Quella che emerge è una mappa completa e variegata, utile per chi vuole approfondire una tematica ancora poco conosciuta oppure per chi ha già avviato una riflessione e un percorso, e che nel libro può trovare suggestioni, stimoli e contatti per proseguire il proprio cammino. Scopri di piu!
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Cohousing e condomini solidali è un testo dedicato all’abitare in condivisione. Partecipazione, progettazione intenzionale, servizi in comune e gestione diretta da parte dei residenti sono alla base di questa forma di vicinato dove, famiglie, singoli, coppie decidono di condividere alcuni spazi e servizi comuni, mantenendo però la propria casa. Oltre a una vasta panoramica del cohousing in Europa e negli Stati Uniti, in cui vengono riportate le testimonianze dirette di chi ci vive, nel testo si trovano preziosi suggerimenti su come avviare il proprio progetto, dalla gestione dei conflitti alla scelta dei materiali, dalla cura dei bambini alla gestione dello spazio esterno. A chiudere il libro un’analisi delle esperienze europee fino al promettente panorama italiano. Scopri di più!

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