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8 marzo 2018: ri-scoprirsi donne

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Si celebra la giornata internazionale della donna: l’8 marzo arriva, ma poi resta ogni giorno dell’anno, nell’assoluta e sempre attuale necessità del riconoscimento e di un rispetto che persino le società moderne faticano ad assimilare nel proprio DNA. 
Terra Nuova, grazie all’energia e alla personalità di una donna, Chiara Costergi, ha pubblicato “Il Lunario della Dea”, di cui proprio l’autrice ci spiega l’importanza e il significato proprio ai fini di celebrare l’energia femminile, anche attraverso il “segno” del ciclo mestruale. 
«È un calendario mestruale, ossia uno strumento di consapevolezza femminile. È un alleato delle donne, che consente di entrare in sintonia con il ciclo mestruale, le energie e le emozioni femminili – spiega Chiara Chiostergi, che invita tutte le ragazze e donne a imparare a «conoscersi, ri-scoprirsi, saper gestire le emozioni che vivono durante il mese e imparare ad autogestire le proprie necessità fisiche ed emotive. Ciò permette anche di capire cosa una ragazza e donna sa e può gestire da sola e quando ha realmente bisogno di rivolgersi ad una specialista».

«L’idea del Lunario della Dea è nata grazie ad una serie di circostanze e sincronicità tra cui la mia presenza nel 2013 in Sud America dove mi vennero regalati un’agenda mestruale italiana (nella quale era presente una ruota simile a quella proposta da Miranda Gray in luna rossa) e un calendario mestruale molto diffuso in America latina. Durante quel periodo faticavo a decifrare ciò che apparteneva alla mia condizione di neo-mamma (senso di tristezza che il mio ex marito attribuiva a una depressione post-partum) e quanto alle quotidiane violenze psicologiche, verbali e fisiche che vivevo. Quando iniziai a usare il calendario ebbi la possibilità di vedere, nero su bianco, ciò che accadeva nel mio mondo interiore. In poco tempo mi fu chiaro il nesso tra la tristezza e la violenza e trovai la forza di allontanare me stessa e mia figlia da quella situazione. Una volta compreso l’enorme potenziale di questo strumento, pensai che sarebbe potuto esserlo per molte altre donne e immaginai che, molte come me, vivessero le diverse sfumature dell’inconsapevolezza (dalla semplice insicurezza passando per l’insofferenza, l’odio verso sé stesse, la vergogna, ecc)».
Dopo un’attenta ricerca Chiara scoprì che in Italia non esisteva questo strumento, così decise di crearlo lei. Inizialmente lo autoprodusse investendo tutto quello che possedeva, perché credeva profondamente nell’esigenza di creare coscienza con un mezzo semplice ed efficace, adatto tanto alle giovani ragazze che vogliono dare un senso a tutto ciò che vivono, quanto alle donne in età fertile nel pieno del bisogno di conoscersi e ri-conoscersi, fino alle donne in menopausa, le quali sentono manifestano la volontà di radicarsi con forza in una nuova fase di vita. Con l’edizione del 2018 è arrivata la casa editrice, Terra Nuova Edizioni, che ha creduto nell’enorme potenziale di questo strumento e ha iniziato a darne diffusione nazionale sfidando con audacia tutte le difficoltà culturali che ancora mettono il ciclo mestruale all’interno di uno spazio d’ombra.
Con il Lunario della Dea, il cui nome vuole sottolineare la connessione della donna con le fasi lunari ma anche ridefinirla all’interno di un concetto di rispetto sacro verso sé stessa (per l’appunto Dea che non ha un’accezione religiosa e nemmeno pagana), si vuole sovvertire il paradigma sociale che vuole la donna succube, vittima, portatrice di un ciclo mestruale oggetto di vergogna e indomabilità. Di contro tutto ciò che si allontana da questo stereotipo ne va formando un altro altrettanto disfunzionale che vede la donna virago, in carriera e definita come una versione malriuscita dell’uomo. In ogni caso la donna ne esce lesa nell’animo, nel suo spazio sociale e nella sua identità di genere, dividendo le donne tra le “brave” e le “ribelli”.
Inoltre ogni anno Chiara sceglie un tema che abbia una valenza culturale e antropologica capace di portare luce verso quegli aspetti del femminile che richiedono un nuovo sguardo. Non a caso l’edizione del 2018 vede in primo piano la figura della “Ribelle” riscattando il pensiero che le attribuisce l’inadeguata incapacità di sottostare alle regole. Ma se guardato da un diverso punto di vista la Ribelle acquista valore quando le si riconosce la capacità di restare fedele alla sua natura, rispettarsi e amarsi abbastanza da essere pronta a correre ogni rischio ciò comporti: solitudine, abbandoni, morte, ingiurie fino a definirla come un essere mostruoso e manipolante, pur di giustificare ai più il rifiuto di una persona capace di autodeterminarsi.
Con il Lunario della Dea, Chiara invita le ragazze e le donne a percorrere la via dell’autodeterminazione, della conoscenza di sé stesse liberandosi da quel senso, sottile e costantemente presente, di sentire di “dover essere” dentro una categoria: quella col ciclo regolare, l’irregolare, l’isterica, la ribelle, l’irriverente, la strega, l’equilibrata, quella funzionale e quella disfunzionale, la moglie ideale, la brava madre; in ogni caso difficilmente si accetta che la donna possa rientrare unicamente dentro la propria unicità valida, funzionale e giusta.
All’interno di una dimensione di fiducia costruita dentro sé stesse e a partire da noi stesse, è possibile poi definire i propri confini e stabilire nuove regole, giuste per ognuna di noi. Il cambiamento è una scelta personale e può venire solo dalla volontà instancabile di ogni donna per sé stessa.
Ad oggi Chiara si muove per l’Italia invitata da cerchi di donne, circuiti femminili, spazi di cultura olistica e spirituale, tende rosse, spazi di ostetriche libero professioniste, librerie, spazi culturali, centri sociali e circoli, ovunque ci siano donne che mostrino il desiderio di mettersi in gioco e di non vivere inconsapevolmente il retaggio culturale che portiamo dentro tutte e incontrando anche uomini che sono stanchi di subire passivamente un patriarcato che va stretto anche a loro.
«Liberarci dalle catene del passato, che ancora ci vede come streghe da mettere al rogo, isteriche da manicomio femminile a cui asportare l’utero o più semplicemente oggetti e prodotti dell’industrializzazione avvenuta anche nel corpo della donna (come suggerisce Verena Schmidt), consente una nuova presa di coscienza che ricolloca la donna al centro di sé stessa spostando all’esterno i professionisti sanitari, le psicologhe e tutte quelle figure che invadono senza informare e senza restituire soggettività alla donna stessa» spiega l’autrice.
«Non a caso sono nati numerosissimi movimenti femminili – prosegue – che si fanno sempre meno segreti e segregati e che accolgono le diverse sfumature dell’essere donna non più accolta unicamente all’interno di realtà che la “curano” (consultori) o “proteggono e salvano” (centri antiviolenza e case delle donne) spazi sudati e voluti dalle stesse donne e di importante riferimento, ma anche spazi di condivisione dove non necessariamente bisogna avere un “problema o una difficoltà” per accedervi, come i cerchi di donne, le tende rosse, i collettivi femminili o il più grande movimento nazionale “nounadimeno” che accoglie le voci di tutte».
Il progetto e sogno futuro di Chiara è che presto in tutte le scuole medie e superiori vengano regalati calendari mestruali a tutte le ragazze, che venga riconosciuto come uno strumento essenziale attraverso il quale ognuna riesca a riconoscere, definire, rispettare, vedere e gestire il proprio essere nata femmina, liberandosi da stereotipi di genere e offrendo uno spazio riconoscibile anche dalla controparte maschile, come una realtà presente e reale e pertanto non più eludibile. Crede fermamente che nell’educazione delle nuove generazioni e nella rieducazione personale di ogni donna, ci sia la spinta al cambiamento possibile verso una realtà sostenibile e non più di dominanza di un genere sull’altro, tantomeno di competizione che generano in entrambi i sessi disamore e rabbia con tutto ciò che ne consegue.
«Sogno anche un futuro nel quale parlare del proprio calendario mestruale sia “normale” e non già oggetto di vergogna accompagnate da quel sentimento di Artemide, ossia la capacità di liberarsi dalle catene della dipendenza, del bisogno di riconoscimento e accettazione, piuttosto iniziare a sentirsi piene e serene nella proprie singolari e uniche capacità, libere dai confronti e dagli stereotipi, libere di affermare il proprio essere, libere dal patriarcato così come canta Ana Tijoux, rapper cilena, nella sua canzone “Anripatriarca”».
“Donna bella si alza in piedi,per rompere le catene della pelle. Io non cammino dietro di te, io ti cammino accanto” – Ana Tijoux
“Sia di me ciò che io sola saprò farne. Sarò il risultato di me stessa e delle mie azioni!” – Artemide

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