Preparazioni erboristiche fai da te
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La scelta del tipo di solvente da utilizzare dipende in parte dall’uso cui il preparato è destinato, per uso interno o esterno, e anche dal tipo di sostanze medicamentose presenti nel “fitocomplesso” della pianta in questione, la cui estrazione si intende privilegiare.
Le mucillagini prediligono l’acqua; le vitamine l’acqua e l’olio; oli essenziali e resine prediligono alcol e olio. Sono predilezioni di massima che, comunque, non escludono totalmente anche i solventi meno indicati, tenuto conto dell’uso cui il preparato è destinato e del fatto che l’estrazione punta all’insieme delle sostanze medicamentose contenute nel fitocomplesso non al singolo principio attivo.
A decozione conclusa se durante il processo, a causa dell’evaporazione, il prescritto rapporto droga-solvente è venuto meno, lo si ripristina aggiungendo acqua. Si procede poi come indicato per l’infuso. Questo tipo di preparazione non è indicato per droghe ricche di oli essenziali che si disperderebbero a causa della loro volatilità.
Decotti e infusi si possono realizzare a partire da una singola pianta o da una mistura di piante, in tal caso vi sono dei criteri di massima da osservare in questo tipo di preparazione comunemente chiamata tisana: individuato il rimedio di base, ovvero la pianta che riteniamo più adatta a curare il malanno in questione, le assoceremo a due o più piante in grado di rinforzare e sinergizzare le azioni terapeutiche
della prima.
Per chiarire il procedimento poniamo il caso di dover preparare una tisana per intervenire su una bronchite.
Fra le piante trattate in questo libro una di quelle che per le sue proprietà medicamentose si presta a rivestire il ruolo di rimedio di base è certamente il pino silvestre. Potremo poi associare alle gemme del pino delle foglie di piantaggine, pianta per certi versi analoga alla prima in quanto anche essa in grado di svolgere azioni antimicrobiche, anticatarrali ed espettoranti, ma anche di sinergizzare queste oltre che con proprietà sfiammanti ed emollienti con attività depurative capaci di drenar via quelle tossine e sostanze dannose la cui presenza nell’organismo ne ostacola una rapida guarigione. Potremo, infine, rafforzare tutte queste azioni aggiungendo alla nostra mistura qualche fiore di viola odorata e un po’ di liquirizia. In questo modo renderemo più gradevole la nostra tisana e contemporaneamente favoriremo l’assorbimento di tutte le sostanze farmacologicamente attive della mistura. In ambedue le piante sono infatti presenti delle saponine responsabili di questa ultima importante azione.
Non a caso la liquirizia è utilizzata in moltissimi tipi di tisana, e, per quanto riguarda la nostra mistura per la bronchite, vanno anche sottolineate le sue proprietà antiflogistiche, antiallergiche e immunostimolanti che svolgeranno azione sinergica con tutte le altre.
Potremo comporre la nostra miscela in parti uguali oppure miscelare le piante con percentuali diverse volendo utilizzare maggiormente le proprietà di qualcuna rispetto alle altre.
Infusi, decotti e tisane possono costituire la base per altri tipi di preparati da utilizzare esternamente come bagni, lavaggi, cataplasmi, impacchi, compresse, colliri o colluttori. Oppure possono essere incorporati in uno sciroppo semplice ottenuto sciogliendo 180 g di zucchero integrale in 100 g di acqua.
Le tinture madri (T. M.) si ottengono ponendo a macerare in un contenitore di vetro una parte di pianta fresca opportunamente tagliata e frammentata in dieci parti di alcol etilico di gradazione variabile secondo il tipo di pianta trattata. Riportiamo nelle pagine seguenti la tabella delle gradazioni alcoliche prescritte per ognuna delle piante trattate in questo libro, e anche la tabella in grammi del rapporto acqua/alcol per ottenere le diverse gradazioni alcoliche Il calcolo per stabilire il rapporto droga-solvente è in questo caso leggermente più complicato poiché per stabilirlo non si parte dal peso della droga allo stato fresco in cui la utilizziamo, ma si parte dal suo peso secco. Facciamo un esempio per spiegarci meglio: durante la nostra passeggiata erboristica abbiamo raccolto 110 g di sommità fiorite di achillea, ne preleviamo 10 g e li essicchiamo rapidamente magari utilizzando un forno elettrico ventilato a bassa temperatura.
Ad essiccazione completata verificheremo che i nostri 10 g di achillea fresca pesano adesso circa 3 g. A questo punto sappiamo che il peso secco dei nostri restanti 100 g di achillea fresca equivale a 30 g. È a partire da questi 30 g che calcoleremo allora la quantità di solvente che dobbiamo aggiungere nel vaso di vetro dove abbiamo già posto i restanti 100 g di achillea fresca pulita e frammentata. Poiché per questo tipo di preparazione il rapporto droga-solvente è di 1 a 10, dovremmo teoricamente versare nel contenitore 300 g di soluzione idroalcolica ad una gradazione di 65°, come sappiamo dalla tabella. Dovremmo ma non dobbiamo poiché sappiamo anche che nei nostri 100 g di achillea fresca sono già presenti 70 g di acqua di cui dobbiamo tenere conto calcolando le quantità di alcol puro e di acqua necessarie per ottenere la gradazione alcolica (65°) da noi desiderata.
Per ottenere 100 g di soluzione idroalcolica di 65° dobbiamo aggiungere a 62 g di alcool 38 g di acqua, vale a dire che per avere 300 g dello nostro solvente dovremmo aggiungere a 186 g di alcol 114 g di acqua; ma poiché sappiamo che nei 100 g di achillea fresca sono già presenti 70 g di acqua (100 g meno i 30 g del suo peso secco) il nostro solvente sarà costituito da 186 g di alcol + 44 g di acqua (114 g di acqua – i 70 g già contenuti nella pianta fresca = 44 g); quindi verseremo nel vaso in tutto 230 g di soluzione idroalcolica.
Preparata in tal modo la nostra tintura madre (T. M.) di achillea riporremo il vaso ermeticamente chiuso in un luogo oscuro per 21 giorni avendo cura di scuoterlo con frequenza per migliorare l’estrazione. Terminato il periodo di macerazione filtreremo e spremeremo il macerato riunendo i liquidi così ottenuti. Anche in questo caso potremo filtrare nuovamente il tutto servendoci di un filtro di carta. Imbottiglieremo il tutto in contenitori di vetro scuro che, conservati in luoghi bui e freschi ci consentiranno di utilizzare il preparato per una durata di 3-4 anni.
La possibilità di utilizzare più a lungo il prodotto così come quella di dosarlo meglio, dato che generalmente si assume a gocce, fa spesso preferire questo tipo di preparazioni.
La macerazione si prolunga in genere per una decina di giorni agitando ogni tanto il contenitore.
A macerazione conclusa si procede come indicato per le tinture. I vini medicinali si assumano utilizzando un bicchierino da liquore (30 ml) 2-3 volte al dì.
La macerazione può essere fatta a freddo o a caldo. Nel primo caso si prolunga la macerazione da due a tre mesi tenendo il contenitore al buio.
Per evitare la formazione di muffe si può aggiungere alla droga, posta ben sotto il livello dell’olio, del sale grosso.
La macerazione a caldo va fatta riscaldando il contenitore a bagnomaria, verificando che l’olio raggiunga una temperatura intorno ai 60° e non superiore ai 70°, prolungando questa decozione per circa 3 ore e lasciando poi raffreddare lentamente il tutto. Questa macerazione a caldo si può anche fare utilizzando il calore del sole, si fa così ad esempio, tradizionalmente, per ottenere l’oleolito di iperico. In questo caso il contenitore di vetro va esposto al sole estivo lasciandolo aperto per favorire l’evaporazione dell’acqua eventualmente contenuta nella droga, ma avendo cura di coprire la sua apertura con una garza che impedisca la penetrazione nel contenitore di impurità e insetti. A sera e, ovviamente, in caso di pioggia, il contenitore va riposto al chiuso.
In tutti questi casi, a macerazione conclusa, si filtra e si spreme il residuo, si lascia riposare l’oleolito ottenuto in un contenitore di vetro trasparente per uno o due giorni per poi verificare se sul fondo si è accumulato uno strato di acqua che va subito prelevato ed eliminato con una pipetta. Si conserva il prodotto al buio in contenitori di vetro scuro e lo si può utilizzare per uno o due anni fino a quando non se ne verifica l’irrancidimento.
Gli oli medicati si utilizzano per applicazioni esterne come massaggi o frizioni, per favorire la penetrazione delle loro sostanze medicamentose attraverso la cute e per renderli più gradevoli all’olfatto, si può aggiungere qualche goccia di un olio essenziale che sia compatibile e sinergico con l’olio medicato prescelto.
Nel caso si voglia prolungare nel tempo sulla cute l’azione medicamentosa delle sostanze contenute nell’oleolito, si può facilmente incorporarlo in un unguento.
Si riscalda a bagnomaria l’oleolito prescelto fino a portarlo a 60-70°; nel frattempo in un pentolino si scioglie, sempre a bagnomaria, la cera d’api. Quando l’oleolito ha raggiunto la temperatura richiesta e la cera è sciolta la si versa nell’oleolito e si mescola, poi si preleva una piccolissima quantità e la si fa raffreddare per provare la consistenza dell’unguento e, a seconda dei casi, si aggiunge oleolito per avere un unguento più morbido o si aggiunge cera per averne uno più solido. Immediatamente prima di imbarattolare l’unguento lo si può profumare con un po’ di olio essenziale. Poi si invasa a caldo. Anche l’unguento va conservato in contenitori chiusi, al fresco e al buio.
L’autore, con una lunga pratica in erboristeria, conduce per mano il lettore alla scoperta delle qualità curative ed energetiche di queste nostre preziose “alleate”, illustrandone non solo l’impiego terapeutico, ma anche l’utilizzo nella difesa delle piante da appartamento e da orto, e nella cura degli animali domestici.
Per ogni singola pianta, il libro riporta una scheda dettagliata, corredata di foto e disegni, dove oltre alle indicazioni utili per facilitare il ricoonoscimento delle singole specie, sono illustrate le modalità e i tempi di raccolta, l’impiego e le forme di preparazione (infusi, decotti, tinture madri e oleoliti).