Ecovillaggi, architettura e sostenibilità
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Le autrici, supportate dal professor Sergio Sabbadini, hanno effettuato la ricerca sul campo presso l’ ecovillaggio Granara (Emilia Romagna) e l’ Eco Villaggio Autocostruito – EVA (Abruzzo), oltre ad aver intervistato, durante il raduno della Rete italiana villaggi ecologici – RIVE, una ventina di ecovillaggi e progetti facenti parte della rete.
La ricerca fa emergere quanto sia forte la sensibilità ecologica sviluppata dagli abitanti degli ecovillaggi e di come siano applicati agli insediamenti i criteri di sostenibilità, per quanto possibile: “è emerso un dato molto interessante dal punto di vista della progettazione architettonica: quasi nella totalità degli ecovillaggi e cohousing analizzati vi è l’applicazione di tecniche di bioedilizia, con dunque una frequenza molto maggiore rispetto alle comuni realtà di aree urbanizzate di medie-piccole dimensioni. Ciò riflette l’impegno alla sostenibilità dei villaggi ecologici e la maggiore consapevolezza che al loro interno si ha riguardo a possibilità architettoniche sostenibili. Abbiamo inoltre verificato la diffusione delle principali tecniche bioedili, riscontrando un ampio uso di legno, paglia e terra” si legge nel capitolo V, dove dei grafici intuitivi mostrano un quadro inedito e particolareggiato, in cui Gianfranceschi e Mazzucchi non sono avare di approfondimenti, come ad esempio sui materiali utilizzati negli ecovillaggi: “è indubbiamente preferibile e positivo l’uso di materiali autoctoni e prelevati in sito, a cui è collegata la scelta di adottare determinate tecniche costruttive. Materiali e tecniche spesso in tal modo riflettono quelle che sono le tradizioni e la saggezza dell’architettura spontanea locale”.
“Un dato che ci ha positivamente stupito” raccontano le autrici “è che in oltre il 50% dei casi, la totalità dei lavori è stata eseguita in totale autocostruzione. Inoltre una buona percentuale ha realizzato i lavori con un metodo di costruzione assistita e partecipata, dunque con una parte di contributo esterno”. Un’altra scoperta positiva è stata la consapevolezza relativa all’uso dell’acqua (72,73% degli ecovillaggi), a partire dalla distinzione tra usi potabili e non potabili: “questo tipo di distinzione difficilmente si ritrova nelle case delle famiglie italiane, ed è un dato importante da sottolineare, così come la presenza negli ecovillaggi in larga misura di sistemi di recupero, depurazione, risparmio e accumulo delle acque, non così frequenti in altri contesti”. L’acqua, come tutti gli altri elementi del territorio vengono considerati come parte di un unico sistema, quasi sempre ispirato alla Permacultura, i cui principi sono capaci di assorbire nel sistema “insediamento” diversi approcci: “per quanto concerne la gestione del territorio, abbiamo constatato come l’attività più comune sia l’orticoltura.[…] Gli orti più comuni sono quelli biologici tradizionali, tuttavia vi sono nuove modalità di orticoltura che si stanno sviluppando e si ritrovano a livello più o meno pionieristico negli ecovillaggi: gli orti sinergici, gli orti biodinamici, e le food forests“.
Anche gli ecovillaggi presentano dei limiti e delle difficoltà nell’attuare tutti i principi di cui sono portatori: “Una minore conoscenza e applicazione si è invece riscontrata per quanto concerne i principi e le tecniche bioclimatiche, applicati e seguiti all’incirca dalla metà dei soggetti intervistati. Spesso tuttavia ciò è dovuto, come ci è stato spiegato, al fatto che, recuperando strutture preesistenti, non sempre è stato possibile agire con interventi bioclimatici al di là della corretta disposizione interna degli ambienti rispetto agli orientamenti”. L’efficienza energetica e bioclimatica è invece spesso alla base della scelta di chi decide di costruire ex novo: se da un lato è critico il fattore relativo al consumo di suolo, dall’altro vengono costruite strutture leggere, in paglia/legno, spesso a palafitta e con ottime caratteristiche di prestazioni energetiche. “Abbiamo infine domandato quale fosse il livello di autosufficienza alimentare, rendendoci conto di quanto sia difficile raggiungere un’autonomia pressoché totale, affermata non a caso da una minoranza esigua di ecovillaggi (9% totalmente autosufficiente, 50% parziale, 13% scarsa, 27% nulla)”.
“Uno degli elementi che ci ha da subito incuriosito e indotto a pensare, è il fatto che, la grande maggioranza degli ecovillaggi italiani, si è insediata in luoghi ove erano già presenti edifici quasi sempre in stato di abbandono e degrado, andando a recuperarli e ristrutturandoli in chiave bioedile e bioclimatica, donando a questi luoghi una seconda opportunità di vita, contribuendo dunque al recupero del patrimonio architettonico italiano e contemporaneamente alla rivitalizzazione delle campagne e delle aree rurali dismesse. Riteniamo che questa caratteristica sia una positiva peculiarità degli ecovillaggi del nostro paese, […] il rapporto con l’edilizia storica è in Italia caratteristica molto forte del movimento degli ecovillaggi, e per questo, oltre che per la particolare attualità della tematica del recupero del costruito, assume importanza andare a sviscerarla al meglio.
Abbiamo potuto rilevare come una consistente percentuale di ecovillaggisti (83% circa) si sia insediata in luoghi ove erano già presenti edifici, e tra questi la percentuale maggiore (56%) è andata a recuperare edifici in rovina e in stato di abbandono […] Un’altra piccola-grande attenzione è posta nei confronti dei materiali usati: non solo gli ecovillaggi per il recupero delle strutture puntano alla bioedilizia, ma, si mira in primis all’uso di materiali locali, a km zero, o di recupero, per ridurre ulteriormente l’impronta ecologica dell’insediamento. […]
Il nostro studio è stato volto a ricercare, indagare e studiare le diverse tecniche e tecnologie che, all’interno degli ecovillaggi, hanno portato a sviluppare sistemi per un approccio sostenibile nei confronti dell’ambiente e del luogo in cui si insediano.
Tra ecovillaggi e nuove tecnologie esiste, quindi, un rapporto di mutuo scambio. Da un lato l’autonomia a cui essi aspirano e l’approccio sostenibile che perseguono non può prescindere dall’utilizzo di tecniche all’avanguardia e sistemi legati alle fonti rinnovabili. Dall’altro lo sviluppo delle tecniche e dei sistemi innovativi è inevitabilmente favorito da queste realtà. Molto spesso per la loro collocazione sul territorio, per lo spazio che hanno a disposizione, e soprattutto per il non essere, in molti casi, una realtà dalla morfologia prestabilita, permettono sperimentazioni che a livello urbano nelle attuali città sarebbero impossibili.
Sperimentazioni che possono spaziare da quelle architettoniche con tecniche e materiali alternativi, a quelle riguardanti nuovi sistemi di ricavo e accumulo di energia, nonché di accumulo, riciclo e risparmio di acqua, […] Deve essere visto, quindi, come un rapporto di scambio, come un aiuto al progresso da entrambe le parti. Di conseguenza occorre superare il pregiudizio nei confronti degli ecovillaggi intesi come realtà arretrate, in quanto essi rappresentano, al contrario, realtà moderne e all’avanguardia. La modernità, dunque, non esclude il lavoro della terra o una vita legata ad essa, fondamentale allo sviluppo degli ecovillaggi, ma anzi essa si fonda sul perseguimento di uno stile di vita più attento alla tutela dell’ambiente.
mette a disposizione la sua attività di ricerca, accompagnandoci in maniera dettagliata all’interno delle varie realtà italiane, da nord a sud, fornendo una scheda dettagliata per ogni progetto, dalla personalità giuridica all’eventuale ispirazione spirituale, dall’organizzazione economica alla dieta scelta. Una guida per farsi un viaggio nelle esperienze comunitarie all’insegna non solo del risparmio economico ma soprattutto di uno stile di vita sobrio e a basso impatto ambientale, basato su relazioni autentiche e di solidarietà. Continua a leggere!