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Gli effetti del glifosato su adulti e bambini

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Quali sono i possibili effetti del glifosato per la salute di adulti e bambini? Lo abbiamo chiesto a Fiorella Belpoggi, direttore del Centro di ricerca sul cancro “Cesare Maltoni”, polo per la ricerca indipendente e la prevenzione del cancro e delle malattie di origine ambientale.
Abbiamo intervistato Fiorella Belpoggi, direttore del Centro di ricerca sul cancro “Cesare Maltoni” dell’Istituto Ramazzini, polo per la ricerca indipendente e la prevenzione del cancro e delle malattie di origine ambientale. Con oltre 200 composti studiati per la loro cancerogenicità, è il secondo istituto nel mondo per numero di sostanze studiate.
Quali sono i risultati dei vostri studi per quanto riguarda gli effetti del glifosato sull’uomo? Sono stati rilevati effetti potenzialmente cancerogeni o interferenze sull’equilibrio endocrino-ormonale?
Alla luce dei risultati ottenuti, possiamo anticipare che il glifosato e il Roundup®, anche a dosi ritenute sicure (1.75 mg/Kg/die) e per un periodo espositivo relativamente breve, sono in grado di alterare alcuni parametri biologici di rilievo che riguardano soprattutto marker correlati allo sviluppo sessuale, alla genotossicità e all’alterazione della microflora intestinale.
Lo studio pilota effettuato non consente di verificare eventuali effetti cancerogeni dovuti al trattamento, in quanto l’esposizione degli animali è troppo breve. Tuttavia, mediante le analisi molecolari e i test di genotossicità (test micronuclei, aneuploidia spermatica) attualmente in corso, potremo correlare i diversi risultati e avere informazioni relative ad alterazioni genotipiche e/o molecolari riconducibili a meccanismi pre-cancerosi.
Il glifosato si accumula nei tessuti o negli organi?
I dati attualmente disponibili relativi alla farmacocinetica del glifosato nei vertebrati non sono sufficienti per quantificare la percentuale di sostanza che si distribuisce nei diversi tessuti e organi. Studi sperimentali in vivo mostrano che il glifosato viene principalmente escreto mediante feci (70-80%) e urine (20-30%), reni e fegato risultano dunque i principali organi target a livello di bioaccumulo.
Quali sono i rischi associati ai residui presenti nei cibi? Possiamo sentirci garantiti dalle dosi giornaliere massime ammesse dalle istituzioni europee o statunitensi? Se no, perché?
Il rischio generato dall’esposizione a pesticidi resta un nodo irrisolto, non solo per l’oggettiva difficoltà a integrare concretamente i parametri di sicurezza, ma anche per gli ostacoli metodologici nella comprensione degli effetti sulla salute generati dalle miscele di pesticidi presenti negli alimenti e dalle molecole attive a basso dosaggio.
Va sottolineato che i pesticidi autorizzati al commercio non sono riducibili al loro principio attivo, ma contengono una serie di altre sostanze, come ad esempio gli adiuvanti, normalmente esclusi dalle valutazioni di sicurezza istituzionalmente previste. Tale aspetto configura importanti criticità oggetto di dibattito da parte di ricercatori, operatori di salute pubblica e agenzie regolatorie.

In che modo veniamo principalmente a contatto con i pesticidi? Esistono altre forme di possibile contaminazione oltre all’ingestione del cibo?

I pesticidi, al pari di altre sostanze pericolose, possono entrare negli organismi animali per via respiratoria, cutanea, attraverso le mucose e per ingestione. Dal punto di vista delle esposizioni mediate dall’ambiente, la catena alimentare e l’acqua potabile costituiscono probabilmente le fonti di rischio più diffuse per gli esseri umani. Poiché l’uomo si trova al vertice della catena alimentare che egli stesso controlla, attraverso l’agricoltura e l’allevamento, l’esposizione alimentare ai pesticidi da parte della popolazione umana rappresenta una potenziale minaccia per la salute pubblica.
C’è un rischio più accentuato per i bambini?
I bambini sono i soggetti più esposti alla contaminazione alimentare da pesticidi, soprattutto durante la gravidanza e l’allattamento, per la biomagnificazione, un processo di bioaccumulo che accresce la contaminazione da pesticidi che dai livelli più bassi della catena alimentare sale via via a quelli più alti.
Durante lo sviluppo, il bambino risulta particolarmente suscettibile e vulnerabile all’azione di sostanze xenobiotiche come i pesticidi presenti negli alimenti e nell’ambiente a causa di una serie di fattori sia intrinseci sia estrinseci al bambino. Il fattore intrinseco più importante è riconducibile all’immaturità dei sistemi, quali il sistema nervoso, immunitario, endocrino, riproduttivo.
Tra i fattori estrinseci, prendendo il peso corporeo come riferimento, i bambini mangiano, bevono, respirano più di noi, cioè più di noi «scambiano con l’ambiente». Assumono infatti più cibo e più acqua rispetto all’adulto, il volume di aria inalata è maggiore e il derma risulta più permeabile. Dunque, l’esposizione attraverso le principali sorgenti, orale, inalatoria e dermica risulta quantitativamente maggiore.
Un’altra finestra di suscettibilità è naturalmente la fase embrionale, un periodo nel quale la moltiplicazione cellulare e la crescita dei tessuti sono generalizzate e davvero molto elevate.
Un’interferenza esterna durante la vita intrauterina può aumentare di molto il rischio di alterazione. Infine bisogna considerare la finestra della pubertà, durante la quale, sotto la spinta degli ormoni, ad essere in fase di sviluppo rapido è il sistema riproduttivo. In questo periodo molecole in grado di imitare l’attività degli ormoni sono potenzialmente in grado di produrre il massimo danno.
Brano tratto dall’articolo Liberiamoci dal glifosato

Leggi l’articolo completo sul mensile   Terra Nuova Gennaio 2018

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