In Italia è entrata in vigore la norma che ha introdotto nei supermercati i sacchetti biodegradabili “usa e getta” per frutta e verdura sfuse e in Svizzera Coop introduce i sacchetti multiuso in cellulosa certificata.
Con l’emendamento al DL Mezzogiorno della scorsa estate,
il governo Gentiloni ha inserito la norma che dal 2018 ha introdotto i sacchetti biodegradabili “usa e getta” per l’acquisto di frutta e verdure sfuse nei supermercati; sacchetti il cui costo sarà a carico dei clienti. La cosa ha scatenato non poche polemiche. Intanto in Svizzera, Coop ha preferito dal novembre scorso puntare sui sacchetti riutilizzabili in cellulosa certificata.
«Coop offre sacchetti per frutta e verdura riutilizzabili – si legge
sul sito di Coop Svizzera – Le cosiddette Multi-Bag sono realizzate in cellulosa certificata FSC e possono essere utilizzate più volte. Questi sacchetti rappresentano l’alternativa ecologica per tutti i consumatori che, quando acquistano frutta e verdura, vogliono rinunciare al sacchetto di plastica monouso». Anche la multi-bag svizzera è a carico del cliente, la confezione tripla costa 4,95 franchi. «Per evitare che il consumatore debba pagare il peso della Multi Bag (27 grammi) – si legge ancora sul sito di Coop Svizzera – la frutta e la verdura devono essere pesate senza il sacchetto e imbustate solo in seguito. Naturalmente è possibile anche riporre diverse varietà di frutta e verdura nella stessa Multi-Bag e incollare tutte le etichette dei prezzi sul sacchetto.Già da tempo i clienti possono portare il proprio sacchetto o contenitore. L’unico presupposto è che esso sia trasparente, in modo da permettere al personale di cassa di vederne il contenuto. Il cliente potrà anche in futuro continuare a utilizzare i propri sacchetti o contenitori».
In Italia, invece in ministero dell’ambiente ha escluso questa possibilità.
La lettera del ministero, inviata ai responsabili degli uffici legali di
Coop,
Conad e dell’associazione di categoria
Federdistribuzione, afferma: “Non viene contemplata la possibilità di sostituire con borse riutilizzabili le borse fornite a fini di igiene come imballaggio primario per
alimenti sfusi”.
Attenzione, però: non serve pesare il singolo frutto e mettervi sopra lo scontrino adesivo, il sacchetto biodegradabile si paga lo stesso, è compreso. Anche la precedente bustina di plastica era compresa nel prezzo della frutta e verdura, ma non veniva scritto sullo scontrino. Alcuni supermercati stanno comunque offrendo anche sacchetti in carta gratuitamente.
Zero Waste Italia è intervenuta sulla questione commentando come l’intenzione «di superare l’uso della plastica tradizionale nei sacchetti ultraleggeri per asporto dei generi alimentari» sia da condividere, ma come sia altrettanto evidente che «una strategia di disincentivazione deve mettere a disposizione l’alternativa, che sia ambientalmente preferibile e dunque economicamente incentivata». Anche in questo caso, «l’alternativa è la borsa (“sporta”) riutilizzabile – prosegue Zero Waste – Una alternativa pratica, conveniente, ambientalmente sostenibile, che rispetta la gerarchia del riuso come opzione preferibile ed immediatamente adottabile, almeno nel caso di generi alimentari (come è il caso in genere per l’ortofrutta) che non creano, a differenza di carni, pesci, e prodotti caseari molli, problemi di imbrattamento e sgocciolamento. È qui che è intervenuto l’errore (fondamentale, a nostro avviso) commesso dal Ministero, ossia la lettera alla Grande Distribuzione (GDO) in cui si dichiara che le borse riutilizzabili non possono essere impiegate; rileviamo per inciso che nella Legge, di questo divieto non vi è traccia. Purtroppo, ed inevitabilmente, questo errore, oltre a determinare un allontanamento dalle finalità stesse della Legge, ha fatto avvertire l’uso del sacchetto biodegradabile come imposizione e balzello, distorcendo il dibattito e deviandolo dal merito ambientale della strategia (superamento della plastica tradizionale) a quello economico: l’imposizione del prezzo esplicito del sacchetto, che doveva funzionare da incentivo all’adozione della alternativa ambientalmente preferibile, nel momento in cui viene impedita tale alternativa, è stato percepito come una vessazione».
«Sono a nostro avviso irricevibili le motivazioni di carattere sanitario addotte nella comunicazione del Ministero alla GDO – prosegue Zero Waste – e nella più recente nota del Ministero della Sanità, se solo si pensa a tutta la filiera di produzione, raccolta, trasporto, distribuzione della ortofrutta: una filiera in cui non è certo il prelievo finale dallo scaffale il momento più delicato. Né possono essere additati come irresponsabili tutti gli altri Paesi dell’Unione Europea (Paesi certo non meno attenti del nostro ai temi della sicurezza alimentare) in cui le borse riutilizzabili sono consentite, ed addirittura promosse, senza incorrere in procedure di infrazione. Chiediamo dunque al Ministro di tornare, in forma coordinata con gli altri Ministeri, alle previsioni della Legge, revocando la lettera alla GDO. Se, si procederà in questo modo sarà possibile garantire un vantaggio ambientale, economico e sociale per tutti, consumatori ed esercenti. Chiediamo contestualmente al Ministero e agli altri soggetti interessati di sviluppare una campagna di informazione sul destino preferenziale dei sacchetti ultraleggeri, laddove acquistati dal consumatore al posto della borsa riutilizzabile. Tale campagna dovrebbe superare molta della confusione che avvertiamo nel dibattito in corso ed andrebbe focalizzata sui comportamenti virtuosi (es. apposizione delle etichette adesive sui manici, onde poterle asportare senza danno al resto del sacchetto) finalizzati a fare reimpiegare successivamente i sacchetti per la raccolta differenziata dell’organico».