È ricomparsa l’aviaria tra i volatili allevati in maniera intensiva anche in Italia e in queste ultime settimane gli abbattimenti si contano in migliaia e migliaia di capi. La Lav: «Le alte concentrazioni di animali negli allevamenti intensivi favoriscono il contagio».
Molti degli abbattimenti di volatili per aviaria da allevamento si sono verificati in Lombardia, soprattutto polli, tacchini e anatre. Si parla di oltre 29mila anatre abbattute solo nella bassa Pianura Padana. L’Istituto Zooprofilattico di Brescia, che si occupa delle analisi, ha confermato la presenza del virus H5N8, mortale per i volatili ma del tutto innocuo per l’uomo. Oltre alle anatre, sono stati abbattuti più di 96.000 tacchini e oltre 138.000 polli; e Regioni e associazioni di categoria hanno fatto pressioni perché gli allevatori ottenessero gli indennizzi.
A commentare la situazione è il vicepresidente della LAV (Lega Anti Vivisezione), Roberto Bennati, anche responsabile del settore allevamenti.
«L’abbattimento degli animali è la metodologia prevista dalla legge, ma il vero tema su cui soffermarsi è che i grandi allevamenti intensivi con alte concentrazioni di animali favoriscono ad un contagio diretto e immediato – spiega Bennati – quindi diventa impossibile tenere sotto controllo la diffusione della malattia. Invece, nei piccoli allevamenti con concentrazione di volatili minore non riesce a espandersi così velocemente».
«Il timore degli esperti è la forte presenza del virus in allevamenti ad alta intensità di capi crei le condizioni per un salto di specie, cioè si possa verificare una mutazione che trasforma il virus da innocuo a pericoloso per l’uomo. Ma non si fa nulla per determinare condizioni di allevamento che non consentano la diffusione del virus stesso. Bisogna ripensare questa forma di industrializzazione degli animali e il modo in cui vengono allevati, cercando di tornare alla normalità e superando questa metodologia di produzione. Si eviterebbero stermini ed emergenze sanitarie collegate a questi tipi di allevamenti». «Invece si sceglie la sola via dell’abbattimento. Eppure dovrebbe far pensare il fatto che gli animali selvatici non sono per lo più colpiti dal virus; ormai sono più di dieci anni che questa malattia uccide e crea emergenze sanitarie, siamo ben lungi dalla soluzione a questo tipo di problema».