Al genere Apis appartengono quattro specie: Apis cerana, Apis florea, Apis dorsata e Apis mellifera.
L’ape cerana – o ape indica – è diffusa in Asia, Cina, Giappone, India, gran parte della Siberia e Afghanistan. Gli alveari sono poco popolosi, non propolizzano e sono oggetto di allevamento. L’ape dorsata, o ape gigante dell’India, si ritrova nel Sud-Est asiatico fino alle Filippine, è molto aggressiva e costruisce un solo favo all’aperto; non è un’ape propriamente domestica. L’ape florea ha la stessa distribuzione dell’ape dorsata, è un’ape di piccola taglia e costruisce un solo favo. L’ape mellifera, o ape occidentale, sembra si sia sviluppata nella regione dell’Himalaya e derivi dall’ape cerana. È la più diffusa e popola l’Europa, l’Africa, l’Asia Occidentale. Dopo l’esplorazione dei nuovi continenti è stata introdotta in America, Australia e Nuova Zelanda.
L’ape allevata per interesse apistico appartiene alla specie mellifera e conta numerose sottospecie che si distinguono per caratteri o attitudini morfologiche legate all’area di diffusione geografica.
Le principali sono:
• L’ape mellifera ligustica, o ape italiana, diffusa in quasi tutto il territorio italiano; in Sicilia si trova anche l’ape mellifera sicula di colore scuro. La sottospecie ligustica si differenzia dalle altre in quanto le operaie hanno i primi segmenti dell’addome di colore giallo chiaro, le regine sono giallo dorato con enorme capacità di ovodeposizione, la colonia è operosa, docile e poco portata alla sciamatura. Di negativo le colonie hanno la tendenza al saccheggio e alla deriva.
Le regine di razza ligustica vengono esportate in tutto il mondo, ma ceppi puri si trovano ormai solo in un’isola di fronte all’Australia.
• L’ape mellifera mellifera, o ape nera, popola l’Europa occidentale e settentrionale e ha sviluppo primaverile tardivo ma buone capacità di svernare a temperature molto basse.
Sottospecie sono la mellifera sylvarum diffusa in Scandinavia e la mellifera lehzei diffusa in Olanda.
• L’ape mellifera carnica vive nelle Alpi centro-orientali, in Austria, Slovenia e nella parte meridionale dell’ex-Urss. Di colore scuro, più grande di ligustica e mellifera, si sviluppa rapidamente in primavera, con forte propensione alla sciamatura.
L’intervento dell’essere umano ha contribuito allo sviluppo di queste sottospecie, o “razze”, creando degli ibridi selezionati negli anni per caratteristiche di pregio come buona produzione di miele, robustezza, docilità e bassa tendenza alla sciamatura. Al giorno d’oggi anche una presunta resistenza alla varroa.
Per ibrido si intende il risultato dell’accoppiamento tra maschi e regine di razze diverse, con caratteristiche diverse e spesso migliori dei genitori.
Tale fenomeno, conosciuto con il nome di eterosi, ha spinto molti apicoltori e allevatori di regine a fare incroci. Non sempre però si riscontrano effetti positivi sul prodotto dell’incrocio o del reincrocio, e a volte gli ibridi di prima o seconda generazione presentano caratteristiche di minor pregio rispetto ai progenitori.
Le caratteristiche delle api variano di generazione in generazione nell’arco di un tempo molto breve. Inoltre ormai nel mondo globalizzato di oggi gli ibridi hanno preso il sopravvento ovunque.
Il rischio di inquinare il patrimonio genetico delle razze autoctone, o comunque con buone caratteristiche, è molto alto.
Quando si parla di api allevate dobbiamo tener conto che siamo di fronte a un’unica specie, l’Apis mellifera, nelle varie forme di incrocio che, in un ipotetico parallelo con l’essere umano, potremmo definire etnie: così la specie umana è una sola, Homo sapiens, mentre le etnie sono le varie popolazioni distinguibili per esempio in africana, europea e asiatica o anche marocchina, italiana, giapponese, inglese, spagnola e
così via.
A questo proposito si legge nel libro La vita delle api dell’etologo e biologo Maeterlinck: “In fondo, tuttavia, che si parli di Apis dorsata, la più grande, o di Apis flores, la più piccola conosciuta, sempre dello stesso insetto si parla, più o meno modificato dal clima e dalle circostanze a cui è stato costretto ad adattarsi. Tutte queste specie non presentano tra loro maggior diversità di quanta ve ne sia tra un inglese e uno spagnolo, o tra un giapponese e un europeo”.
Quando si parla di razza di api, si parla di caratteristiche specifiche, come ad esempio una predisposizione più o meno elevata all’aggressività o alla produzione. Ma osservando attentamente, notiamo che ogni specie si adegua a climi o condizioni diversi da quelli di provenienza.
Per esempio, non c’è dubbio che il pastore tedesco viva bene in paesi freddi e sia incline all’aggressività e alla difesa del territorio, tuttavia oggi siamo abituati a pastori tedeschi che vivono al mare e sono tanto docili da giocare con i bambini.
Questo perché sono cresciuti adattandosi alle abitudini dell’essere umano che se ne prende cura, e non grazie a una selezione di cani più docili e con caratteristiche morfologiche differenti. Cosa succede se un pastore tedesco di questo tipo ha dei cuccioli? Il patrimonio genetico resta invariato, mentre il carattere dipende dal tipo di addestramento.
Se pensiamo all’essere umano, è un luogo comune ritenere che gli africani siano più atletici degli europei, e molto probabilmente è vero. Ma cosa succede se un bambino africano cresce in Europa davanti alla tv e uno europeo in un villaggio africano di raccoglitori-cacciatori? Sicuramente il bambino europeo cresciuto in Africa presenterà capacità atletiche superiori di quello africano cresciuto in Europa.
Probabilmente molti apicoltori scuoteranno la testa e obietteranno che non sia possibile paragonare le api ai cani o addirittura agli esseri umani, ma ovviamente si tratta solo di esempi da non prendere alla lettera. Con essi vogliamo solo affermare che sicuramente le varie sottospecie di api presentano le caratteristiche descritte, ma nel mondo globalizzato di oggi, di fronte a una generazione di ibridi da incroci multipli, non ha più senso fossilizzarsi sull’idea che una razza sia migliore di un’altra.
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Il libro che avete tra le mani non è l’ennesimo manuale di apicoltura, né tanto meno un trattato animalista. È più semplicemente la testimonianza di un grande amore per le api e la presentazione di un nuovo approccio all’apicoltura, un approccio profondamente ecologico e rispettoso dell’organismo alveare.
Negli ultimi anni, a causa delle continue morie di api, dei cambiamenti climatici in corso e dei numerosi trattamenti contro i parassiti vecchi e nuovi, il lavoro dell’apicoltore è diventato difficile e poco remunerativo. La proposta provocatoria e rivoluzionaria di Mauro Grasso parte da un principio semplicissimo: proviamo a mettere le mani nell’arnia il meno possibile e lasciamo fare alle api. Ispirandosi al metodo ideato da Oscar Perone, ideatore della permapicoltura, l’autore suggerisce una pratica apistica a basso impatto ambientale, basata su un nuovo modello di arnia in grado di soddisfare a pieno le esigenze etologiche dell’organismo alveare, in modo da offrire alle api le condizioni migliori per sviluppare strategie per sopravvivere ai nuovi parassiti e a un ambiente sempre più contaminato.
Questo libro è una sfida e insieme un invito, rivolto a tutti gli apicoltori, professionisti o alle prime armi, a mettersi in gioco per trovare insieme nuove strade.
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