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Ogm ed effetti imprevedibili: perché non è possibile la valutazione del rischio

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Quali sono le conseguenze del consumo di alimenti geneticamente modificati? È possibile farne una valutazione? Lo chiediamo a Giuseppe Barbiero, biologo e ricercatore all’Università della Valle d’Aosta.
C’è un problema fondamentale che la modificazione genetica spesso dimentica: si chiama complessità. Il Dna è una sistema incredibilmente articolato, ancora oggi per larga parte sconosciuto agli scienziati. Ogni sua minima parte dialoga continuamente con gli altri elementi della cellula, in uno scambio continuo e ricchissimo di sorprese.
Giuseppe Barbiero, biologo e ricercatore all’Università della Valle d’Aosta, lo ha studiato per anni, tanto che oggi lo considera «una vecchia passione». Non dipinge un futuro roseo legato alle biotecnologie ed espone le sue perplessità nei confronti di questa controversa frontiera dell’agricoltura. «Il problema non è la tecnica usata per ottenere una modifica genetica, il problema è la modifica genetica in sé» spiega. «Il Dna non è un sistema a compartimenti stagni, dove si può intervenire su un punto senza conseguenze per tutto il resto. È una rete di relazioni che funziona a più livelli, da quello molecolare a quelli sopramolecolari (di organi, di apparati), fino all’intero fenotipo, impegnato a misurarsi con l’ambiente esterno».
Che impatto può avere l’ingegneria genetica in riferimento ai problemi che il cambiamento climatico sta causando all’agricoltura?
Il cambiamento climatico sta portando a un’alterazione globale del ciclo dell’acqua e su larga scala è impossibile che le modifiche genetiche possano permettere a cultivar specifiche di sopravvivere in ambienti diventati più ostili. L’acqua è imprescindibile per le coltivazioni agricole e l’agricoltura odierna assorbe oltre il 70% di acqua potabile ad uso umano. L’ingegneria genetica di certo non può fare granché con i problemi di siccità che si stanno profilando all’orizzonte.
Quanto possono risultare incontrollabili gli effetti indesiderati delle Nbt?
Gli errori sono per lo più evidenti già in laboratorio o nelle coltivazioni in campo chiuso. Ma problemi ancora maggiori potrebbero risultare da errori silenti, che superano il vaglio del laboratorio e della coltivazione in campo chiuso e che si manifestano solo in determinate occasioni e in maniera imprevedibile, non sempre facilmente riconducibili alla modificazione genetica.
I metodi di valutazione del rischio oggi in vigore permettono di escludere potenziali effetti negativi delle colture GM?
Qui bisogna essere chiari nell’uso delle parole. Per definizione si può valutare un «rischio» solo se si conoscono le variabili in gioco e vi si può associare una probabilità che esse avvengano. È esattamente ciò che fanno le compagnie di assicurazione quando stabiliscono un premio per coprire un determinato rischio. Per ciò che concerne le colture ingegnerizzate, nel migliore dei casi conosciamo solo le variabili in gioco (talvolta nemmeno tutte), ma siamo ben lontani dall’associare a ciascuna variabile una probabilità calcolata anche solo su dati empirici. Allo stato attuale, quindi, non esiste un metodo scientifico per valutare il rischio.

L’articolo completo è disponibile sul mensile Terra Nuova Novembre 2017

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