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Glifosato, ancora un rinvio. L’Europa prende tempo

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Non è stato raggiunto alcun accordo sul glifosato. La decisione sul rinnovo dell’autorizzazione del glifosato è stata rinviata al prossimo comitato Ue per gli alimenti del 9 novembre 2017 dopo che si è constatato che non c’è il sostegno sufficiente per approvare la proposta della Commissione Europea.
L’Italia ha comunque manifestato il suo diniego al rinnovo e questo è stato ritenuto un gesto importante dalle tante associazioni che chiedono il no al rinnovo.
L’unico cambiamento, riguardo la Commissione, è stato che ha annunciato che chiederà il rinnovo per 5 anni anzichè per 10.
«Dieci, sette o cinque anni non cambia nulla – dice Greenpeace – non si può dare il via libera a una sostanza che sta inquinando l’ambiente e che è probabilmente cancerogena per gli esseri umani».
Dieci i Paesi contrari (Italia, Belgio, Francia, Grecia, Croazia, Lussemburgo, Malta, Austria, Slovenia e Svezia), sedici invece favorevoli al rinnovo dell’ok al glifosato (Bulgaria, Danimarca, Repubblica Ceca, Estonia, Irlanda, Spagna, Cipro, Lettonia, Lituania, Ungheria, Olanda, Polonia, Romania, Slovacchia, Finlandia e Regno Unito).
Dall’inizio del 2016, la Commissione sta cercando di ottenere un’autorizzazione a lungo termine per il glifosato. Già in cinque occasioni non è riuscita a ottenere il sostegno sufficiente da parte dei governi europei (8 marzo 2016, 19 maggio 2016, 6 giugno 2016 e 24 giugno 2016).
Oltre un milione di persone ha firmato nel 2017 un’iniziativa dei cittadini europei che chiede alla Ue di vietare il glifosato in Europa.
«La voce di oltre un milione di cittadini europei e della società civile è rimasta inascoltata e la loro volontà non rispettata. Ed è preoccupante che chi prende decisioni sulla nostra salute non si attivi in maniera forte per l’eliminazione totale di questo erbicida, classificato da importanti istituti di ricerca, tra cui quello dell’Oms, “probabilmente cancerogeno”», afferma Carlo Petrini, presidente e fondatore di Slow Food.
Le ricerche scientifiche dicono che nel 45% dei terreni europei ci sono tracce di glifosato e che le particelle vengono disperse nell’ambiente con il vento e la pioggia, inquinando le falde acquifere e danneggiando le difese naturali delle piante, dei funghi e degli organismi viventi del suolo. Questa è la prova di come i residui della sostanza incidano sul suolo e, di conseguenza, sulla nostra salute.
«Produrre senza l’uso di glifosato è una pratica giù in uso e si chiama agroecologia. Siamo fermamente convinti che eliminare questa sostanza dalla nostra dieta quotidiana sia un passo importante verso la salvaguardia della nostra salute e dell’ambiente. Ed è possibile solo cambiando modello produttivo e adottando pratiche agroecologiche», conclude Petrini.

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