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Se questo è un parco

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«No alla riapertura dello zoo»! Dietro alla definizione di “bioparco” si cela la proposta di una nuova prigione per animali.
Forse il ritorno dello zoo nel Parco Michelotti di Torino, sia pure sotto mentite spoglie, non è un destino ineluttabile. Lo scorso 6 giugno, infatti, nella sede della VI commissione consiliare è stata discussa la petizione «No alla riapertura dello zoo», con la proposta di fissare al più presto una riunione congiunta delle commissioni interessate. Queste ultime dovranno analizzare un’eventuale rivalutazione della delibera sull’aggiudicazione del Parco Michelotti a Zoom, la società privata cui è stata data in concessione una porzione del parco da destinare alla realizzazione di una fattoria didattica e una biosfera di circa tre ettari sulle rive del Po.
Una struttura che sarebbe di fatto uno zoo, con ambientazioni esotiche, una «children farm» con animali «da fattoria» e la ricostruzione di un ecosistema del Rio delle Amazzoni con uccelli, rettili, anfibi e invertebrati. Dietro a ridondanti sigle, come «bioparco», si celerebbe dunque la proposta di una nuova prigione per animali che riporterebbe indietro la città di trent’anni; proprio nella stessa zona infatti, nel 1987, grazie alle proteste della cittadinanza, fu chiuso un vero e proprio zoo.
La nuova giunta comunale guidata da Chiara Appendino del M5S, facendo proprie le decisioni della giunta precedente di Piero Fassino e smentendo le promesse fatte in campagna elettorale, sembrava intenzionata a portare avanti il progetto di assegnazione del parco a Zoom per un periodo di ben trent’anni (rinnovabili poi per altri venti). In tal modo un’area che da molto attende di essere riaperta ai cittadini, rischierebbe, invece, di essere privatizzata sottraendo così, per sempre, un bene pubblico alla comunità.
Da tempo si è aperta una campagna promossa non solo da realtà locali ma anche da numerose sigle animaliste e ambientaliste: non si tratta, infatti, di una battaglia limitata ai confini della città, ma di un precedente pericoloso di cementificazione di spazi pubblici che, privatizzando il parco, ripropone al suo interno lo sfruttamento di animali.
Proprio in nome di queste ragioni etiche e ambientali, il 27 maggio scorso migliaia di persone sono scese in piazza a Torino in un corteo da Porta Susa fino all’ingresso del Parco Michelotti. Contro il progetto di Zoom le associazioni avevano già presentato un ricorso al Tar nel 2016, che era stato respinto.
Al momento il progetto di Zoom si trova in una situazione di stallo perché, oltre ai nove mesi “persi” per il ricorso al Tar delle associazioni animaliste, la burocrazia sta allungando notevolmente i tempi e ci sono molte incertezze in merito alle autorizzazioni ambientali che il nuovo parco dovrà richiedere e ottenere.
La lotta non è affatto chiusa e la mobilitazione continua per il superamento di ogni sfruttamento degli animali e della Terra.
Per informazioni: www.nozootorino.org

Articolo tratto dal mensile Terra Nuova Ottobre 2017

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