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Oltre il legame biologico

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Allattamento naturale e famiglie omogenitoriali: i due argomenti possono convivere sulle pagine della stessa rivista e dei libri della medesima casa editrice? Quali sono le linee di pensiero che guidano una scelta editoriale di questo tipo? Alcuni lettori si sono rivolti alla redazione di Terra Nuova proponendo questo quesito. Ecco la risposta di Enrica Capussotti, curatrice editoriale della casa editrice.
Non ci sembra una contraddizione dare voce alla realtà in tutte le sue sfumature, sicuramente molto complesse e talvolta contraddittorie. L’allattamento al seno è auspicabile, ma chi non può praticarlo per i più svariati motivi dovrebbe essere interdetta/o dall’esperienza della genitorialità? Oppure il suo amore sarà comunque in grado di offrire un’esistenza serena alla creatura che ha desiderato? Noi rispondiamo sì a questa seconda domanda.
Si parla di «prestito dell’utero», o più frequentemente di «utero in affitto». Secondo noi è importante fare un po’ di chiarezza terminologica e ascoltare le storie delle persone coinvolte. L’utero in affitto descrive coppie sterili che si recano nei paesi poveri per chiedere a una donna economicamente in difficoltà di concedere il proprio utero in cambio di una somma di denaro; una volta partorito, il bambino viene prelevato dalla coppia e portato nel paese di provenienza come «proprio». L’80% delle coppie che ricorrono a questo espediente sono eterosessuali.
Sono numerose, anche in rete, le testimonianze anonime di donne e uomini che raccontano 9 mesi di sotterfugi per poi comparire con il bambino presentato al mondo come biologicamente «proprio».
Ci sono ovviamente dei rapporti di potere, soprattutto economico, che consentono alle coppie «ricche» di acquistare l’utero delle donne povere. Però sorge spontanea una domanda, quando si sente sbandierare, di solito con arroganza, che bisogna vietare «l’utero in affitto»: le nostre città, le nostre case sono abitate da centinaia di migliaia di donne peruviane, filippine, dell’est Europa, dell’Africa, che lasciano nei paesi d’origine i propri bambini di 2, 3, 4, 5 anni per venire a curare i nostri bambini, i nostri anziani, le nostre case. Talvolta questi bambini non vedono la loro mamma per anni; chi lavora nella scuola ha ben presente il trauma di ragazzi che ottengono il ricongiungimento famigliare ormai adolescenti, dopo anni che non hanno frequentato quotidianamente la propria famiglia. Ecco perché nessuno ne parla, perché nessuno vuole vietare «l’affitto delle baby sitter che abbandonano i loro figli in carne e ossa», figli che le hanno conosciute e amate?
Ci sembra che talvolta vi sia una grande ipocrisia intorno a queste questioni complesse; così come non condivido la tendenza a rendere vittime le donne più «povere», donne che con grande determinazione – che sia affittando il loro utero oppure lasciando i propri figli per curare i nostri anziani (e sinceramente non riesco a immaginare quale delle due sia più lacerante) – cercano delle strategie per sopravvivere in un mondo ricco di ingiustizie.
Altra questione è la gestazione per altri, a cui ricorrono soprattutto le coppie di papà gay (di cui parla il nostro libro Ho due papà). Si tratta di un rapporto alla luce del sole in paesi in cui questa pratica è permessa e regolamentata dallo stato (Canada e Usa). L’ovulo viene donato da una «donatrice» e impiantato nell’utero della «portatrice» (donatrice e gestante per legge non possono coincidere), che volontariamente decide di «portare» un figlio per chi non può farlo ma vorrebbe essere genitore. Solitamente è la gestante a scegliere i papà e comunque deve esserci molto feeling tra loro. I papà partecipano ai 9 mesi di gestazione, assistono al parto e la gestante entra a far parte della famiglia allargata: il bambino conosce il suo ruolo, le parla via Skype, la incontra durante le vacanze, insomma diventa una sorta di zia. La gestante riceve del denaro, sia per le spese che per il suo ruolo, ma alla base vi è la sua scelta di donare un figlio a chi non potrebbe averlo.
Per saperne di più, leggete la testimonianza dei nostri amici Tommaso e Franco: la loro storia racconta molto bene che amore e rispetto sono alla base di molte famiglie omogenitoriali, oltre il legame biologico.
www.unacitta.it/newsite/intervista.asp?id=2209
• www.unacitta.it/newsite/intervista.asp?id=2494

Articolo tratto dal mensile Terra Nuova Febbraio 2017

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Per approfondire:

È l’amore che crea una famiglia. Questa semplice considerazione spinge tante coppie lesbiche e gay ad avere dei figli. Non sono però poche le paure e le domande che i genitori omosessuali si pongono, dovendo crescere i propri bambini in un mondo in cui l’omofobia è ancora diffusa. Il libro affronta questi interrogativi presentando le esperienze di mamme lesbiche e single statunitensi. Sono prodigati consigli su come parlare con gli insegnanti, come discutere del proprio lesbismo e di sessualità con i figli, come affrontare eventuali episodi di discriminazione.
Il messaggio è rassicurante e positivo: le famiglie omogenitoriali sono per lo più ben accolte dagli altri genitori e dagli educatori, i figli di coppie omosessuali attraversano gli stessi stadi di sviluppo dei propri coetanei… La medaglia nera, soprattutto in Italia, è vinta dalla politica, incapace di intervenire per garantire a tanti bambini e ai loro genitori diritti e tutele che spettano invece alla maggioranza. Un volume utile per mamme lesbiche e single (o aspiranti tali), ma anche per i papà gay che condividono molte delle esperienze raccontate, e poi per insegnanti, educatori, medici, psicologi, insomma per tutti coloro che hanno a che fare con le famiglie e i bambini.
Nel libro seguiamo Margherita nel giorno del suo compleanno, felice del regalo, della sua famiglia e degli amici che la circondano.
Ho 2 papà fa parte della serie Somefamilies, libri scritti per raccontare i diversi tipi di famiglia oggi esistenti, tutte legittime quando sono frutto dell’amore e del rispetto. Ogni bambino merita un libro che rappresenti la sua storia.
Ho 2 papà è inoltre un utile strumento per gli adulti per narrare ai più piccoli il mondo che li circonda.
Milo ama ascoltare racconti avventurosi e la storia della sua nascita… Nel libro lo seguiamo nella routine della nanna serale, coccolato e accompagnato con amore. Ho 2 mamme fa parte della serie Somefamilies, libri scritti per raccontare i diversi tipi di famiglia oggi esistenti, tutte legittime quando sono frutto dell’amore e del rispetto.
Ogni bambino merita un libro che rappresenti la sua storia. Ho 2 mamme è inoltre un utile strumento per gli adulti per narrare ai più piccoli il mondo che li circonda.
• Fra biberon e manualetti ti senti una madre venuta da un altro pianeta?
• Vorresti coccolarti di più tuo figlio, ma ti hanno messo in guardia di non viziarlo?
• Hai una difficoltà di allattamento da superare?
• Vorresti crescere tuo figlio non solo nel rispetto dei suoi bisogni, ma anche compiendo una scelta etica, ecologica, nonviolenta?
Questo libro potrebbe contenere le risposte che stai cercando, e anche molto di più. Se ti riconosci in questa descrizione, leggendolo scoprirai di non essere «una sciroccata, una pazza furiosa o un’extraterrestre» e, soprattutto, di non essere sola.
«Quanto spesso abbiamo sentito dire che ci vorrebbe un manuale per diventare genitori? La natura ce lo ha dato! È in ogni cellula del nostro essere, e il nostro bambino ce lo presenta.»

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