Se Berta Caceres avesse potuto assistere a quetso momento avrebbe capito che la sua battaglia non è stata vana: FMO e Finnfund, due dei maggiori finanziatori de prgetto della criticatissima diga Agua Zarca in Honduras, hanno ritirato il loro sostegno.
Ad annunciarlo è l’
Indian Country Today: FMO e FinnFund, due dei principali finanziatori della diga
Agua Zarca in Honduras, hanno confermato il loro ritiro, che era stato precedentemente annunciato.
L’annuncio arriva a più di un anno dall’assassinio di
Berta Cáceres, vincitrice del premio Goldman per l’Ambiente, che aveva lottato per i diritti delle popolazioni indigene tutelando le risorse naturali da cui quelle popolazioni dipendono, opponendosi quindi alla costruzione della diga che mette in pericolo la comunità indigena Lenca.
Restano comunque altre, importanti aziende legate al progetto, alle quali le tante associazioni che si sono mobilitate continuano a chiedere di abbandonare la realizzazione.
Berta Cáceres, leader del Consiglio delle organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras (Copinh) che da anni si battevava per difendere i diritti della sua comunità e per proteggere le terre ancestrali del suo Paese dalla deforestazione e dallo sfruttamento, era stata assassinata nella notte tra il 2 e il 3 marzo 2016 a colpi di arma da fuoco, nella sua abitazione di La Esperanza, a circa 200 chilometri dalla capitale Tegucicalpa; gli aggressori avrebbero atteso che la Cáceres andasse a dormire per penetrare nell’appartamento e ucciderla.
La Caceres, impegnata strenuamente nell’opposizione allo sfruttamento delle risorse e delle popolazioni locali, aveva già subìto numerose minacce di morte. Era considerata una figura scomoda anche dal governo dell’Honduras che l’aveva arrestata e perseguitata giuridicamente.
Grazie alla sua determinazione, la Cáceres si era opposta alla realizzazione del complesso idroelettrico Agua Zarca, previsto sul Rio Gualcarque, nell’Honduras Nord-occidentale. La diga porterebbe la devastazione dell’ecosistema e comprometterebbe l’esistenza della comunità di Rio Blanco, circa seicento famiglie che vivono nella foresta pluviale d’alta quota compresa fra i dipartimenti di Santa Barbara e Intibucà, dipendono infatti dal Rio Gualcarque per l’approvvigionamento di acqua. Lo sfruttamento del fiume, considerato sacro dalla cosmogonia Lenca, era stato autorizzato contravvenendo alla Convenzione del 1989 sul diritto all’autodeterminazione dei popoli indigeni.
L’organizzazione per la quale militava la Cacerese, comunque, si è diciarata insoddisfatta e ha chiesto che il progetto venga definitivamente e completamente abbandonato.