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In difesa del fiume Nera

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Con un presidio sul territorio iniziato due anni fa, il comitato Neraviglioso ha riunito gli abitanti di alcuni paesi della Valnerina per difendere la splendida zona del centro Italia dagli abusi e dalle speculazioni.
Il fiume Nera, da cui la valle prende il nome, è da sempre una presenza fondamentale per la vita di questi luoghi e di chi li abita. Ancora oggi lungo le sue sponde fertili sorgono i numerosi orti segno di una connessione costante tra il fiume e la presenza umana. Un patto col territorio che continua anche nell’accoglienza di un turismo sempre più numeroso legato all’ambiente, come quello che ha visto evolversi qui gli sport del canottaggio e del rafting, sfruttando la potenza delle acque in discesa dal salto più alto d’Europa: la Cascata delle Marmore.
Nel corso degli anni purtroppo però il Nera ha subito numerosi attacchi e perdite, sia a causa dell’inquinamento che il fiume acquisiva a valle, nell’incontro con la città industriale di Terni, sia per i numerosi invasi posizionati lungo il suo percorso per accogliere gli allevamenti ittici. La conseguenza diretta è l’impoverimento della biodiversità e la scomparsa delle specie endemiche, come per esempio i gamberi neri che un tempo popolavano le sue acque.
Ed ecco oggi quello che secondo il Comitato in difesa del Fiume Nera è davvero il colpo finale: la costruzione, purtroppo già iniziata, di un acquedotto attraverso la Valnerina che attingerebbe dal bacino acquifero profondo, danneggiando il sistema idrogeologico della zona.
Quello che il coordinamento contesta, oltre alla poca trasparenza dei lavori (con una compartecipazione di Acea e in parte assegnati senza gara d’appalto e senza Via valutazione di impatto ambientale), sono le numerose criticità dovute alla scelta del sito interessato dalle escavazioni, collocato in ambiente sismico. Secondo il collettivo l’impatto sul territorio poi non sarebbe compensato dagli scarsi benefici dell’opera, che convoglierebbe nel vecchio acquedotto, il quale perde più del 46% dell’acqua trasportata.
“L’acqua attinta in profondità è una pratica decisamente sconsigliata dalla normativa europea, soprattutto in un ecosistema come quello fluviale”. Spiega Benedetta Calderigi, del collettivo Neraviglioso. “Qui questa pratica porterebbe ad un abbassamento drastico del livello delle acque e al prosciugamento dei torrenti più piccoli che si dipanano dal letto principale, con un impatto devastante per l’ecosistema della zona”.
L’intera operazione sembra quindi una manovra azzardata, specialmente se pensiamo che l’acqua sta diventando a livello globale un bene sempre più a rischio: l’ultimo rapporto dell’Ocse stima infatti che se non si intraprenderanno le misure adeguate, entro il 2050 saranno più di 4 miliardi le persone che non avranno accesso all’acqua e il 70% per cento dei fiumi del mondo si essiccheranno.
“Da due anni circa abbiamo fatto un orto collettivo su uno dei terreni interessati dalle escavazioni come modo simbolico per bloccare i lavori e anche per inaugurare nuove pratiche sociali e modi si stare inseme. Purtroppo i lavori vanno avanti e noi dovremo spostarci, ma continueremo a cercare di fare pressione affinché il buonsenso prevalga sugli interessi di pochi”. Conclude Benedetta.
Un buonsenso che ormai non dovrebbe più prescindere dal costo ambientale delle nuove grandi opere che si intraprendono e da un ascolto non interessato verso chi quei territori li vive e li ama, conoscendone debolezze e reali necessità.

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