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Latti di crescita: un grande bluff

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Sono consigliati persino da alcuni pediatri, ma sia l’Unione europea che l’Autorità europea per la sicurezza alimentare li giudicano non necessari e talvolta non idonei a causa dell’alta percentuale di zuccheri e aromi.
“I latti di crescita? Non sono nè latti nè essenziali per la crescita”: parola di Adriano Cattaneo, epidemiologo, da anni impegnato nell’associazione Ibfan Italia il cui obiettivo è di tutelare l’allattamento materno e di regolamentare secondo un codice di correttezza la commercializzazione degli alimenti sostitutivi e complementari per bambini.
E di chiarimenti sull’argomento c’è senza dubbio bisogno, visto quanto accaduto di recente. La Società italiana di pediatria (Sip) e la Federazione italiana medici pediatri (Fimp) hanno dato il loro appoggio a una campagna pubblicitaria dell’Associazione italiana industrie prodotti alimentari (Aiipa) che promuoveva alimenti complementari per bambini piccolissimi e i cosiddetti latti di crescita. Addirittura, le due realtà hanno inviato una lettera a tutti i pediatri loro iscritti invitandoli a esporre nelle sale d’attesa degli ambulatori i manifesti pubblicitari di Aiipa.
A criticare duramente tale scelta è stata l’Associazione culturale pediatri (Acp)1: “I medici non devono diventare portavoce dell’industria creando confusione nei genitori” hanno scritto in una lettera aperta Federica Zanetto, presidente di Acp, e Sergio Conti Nibali, responsabile del gruppo nutrizione. Così, l’Acp si è dissociata e ha giudicato altamente discutibili le affermazioni contenute nei manifesti pubblicitari, come per esempio questa: “Gli alimenti per la prima infanzia sono prodotti specifici per lo svezzamento, pensati per le esigenze nutrizionali del bambino in crescita fino ai tre anni e che per legge assicurano il rispetto di rigorosi standard di sicurezza alimentare e di tracciabilità, senza ogm, coloranti e conservanti”. O questa: “Dopo l’anno, il latte di crescita contribuisce a fornire un apporto equilibrato di nutrienti, come ferro, calcio, vitamine, adeguato alle loro esigenze”.
Non necessari e inadatti ai bambini
“La verità è che la Commissione europea ha pubblicato un rapporto da cui emerge che, dal punto di vista nutrizionale, le formule per bambini nella prima infanzia non sono necessarie” prosegue l’Acp. “Alcuni prodotti possono inoltre contenere un tenore di alcune sostanze, ad esempio zuccheri e aromi, non adatto ai bambini. La commercializzazione di formule per bambini nella prima infanzia può in taluni casi essere considerata ingannevole, poichè solleva dubbi ingiustificati sull’adeguatezza nutrizionale degli alimenti freschi in commercio”. Anche secondo l’Efsa, Autorità europea per la sicurezza alimentare tali prodotti non hanno un “ruolo cruciale” e non “possono essere considerati necessari per rispondere alle esigenze nutrizionali dei bambini”.
“I latti di crescita sono alimenti industriali che contengono decine di ingredienti” spiega Cattaneo. “La legge europea e quella italiana non permettono di chiamare latti le formule infantili in polvere, quelle adatte ai primi sei mesi e quelle dai sei mesi in poi. In maniera simile, non lo si dovrebbe fare per i cosiddetti latti di crescita. Non esiste alcuna dimostrazione scientifica a sostegno delle affermazioni dei produttori sui loro benefici. Com’è possibile che prodotti con queste pessime caratteristiche siano dei “best seller”, contribuendo più di qualsiasi altro alimento industriale per l’infanzia a sostenere i tassi di crescita e di profitto del settore? E’ il marketing. Creativi geniali da un lato, consumatori incapaci di senso critico dall’altro”.
Le raccomandazioni ai genitori
L’Associazione culturale pediatri (Acp) ha stilato una serie di punti per aiutare i genitori a non farsi fuorviare dalle pubblicità degli alimenti complementari per l’infanzia e dei latti di crescita. Eccole.
1. E’ da incoraggiare una dieta ricca di frutta, verdura e ortaggi freschi per tutta la famiglia, ricorrendo quando possibile ai prodotti a filiera corta e spesso anche biologici (anche partecipando a gruppi di acquisto solidale).
2. L’assunzione di cibi industriali penalizza la ricchezza della cultura del cibo di popolazioni e famiglie, perchè delega ingiustificatamente a terzi le scelte di nutrizione dei figli.
3. Le azioni di sensibilizzazione per mettere a tavola cibi sicuri rientrano nella salvaguardia dell’ambiente, obiettivo prioritario di salute pubblica.
4. La promozione dei cibi industriali peggiora la qualità dell’ambiente, perchè moltiplica i rifiuti da imballaggio, il loro smaltimento e il trasporto.
5. Il contrasto all’obesità infantile richiede il coinvolgimento di tutta la famiglia in un miglioramento condiviso delle abitudini alimentari, preferendo cibi preparati in casa, con ingredienti di buona qualità e minor costo rispetto agli alimenti industriali.
6. Iniziative come quelle della Società italiana di pediatria (Sip) e della Federazione italiana medici pediatri (Fimp) evidenziano la necessià di dichiarare la fonte di finanziamento alla base della campagna di informazione.

Articolo tratto dal mensile Terra Nuova Marzo 2017

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