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Fondare un ecovillaggio o un cohousing – parte 3

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Prosegue l’articolo a puntate “Fondare un ecovillaggio o un cohousing” in cui sono raccolte osservazioni utili per chi sta pensando di fondare una nuova comunità, che sia ecovillaggio o cohousing, o sperimentare per la prima volta questo stile di vita. A cura di Francesca Guidotti, autrice di Terra Nuova Edizioni ed ex presidente RIVE.
8 – EQUILIBRIO TRA MATERIA E VISIONE
Nella Parte 1 e Parte 2 di questo articolo a puntate, ho accennato ai primissimi passi per dar vita ad un gruppo e quindi ad un progetto comunitario. Suggerivo di osservare il contesto in cui il lettore è inserito per trarre collegamenti vantaggiosi e sinergici con il suo territorio. Ho avvisato il potenziale promotore di aspettarsi tanta gente sinceramente interessata, in una fase iniziale e nella fase della condivisione del “sogno”. Ma è fisiologico che al momento di mettersi totalmente in gioco il gruppo si ridimensiona drasticamente. Ho consigliato di mettere “nero su bianco” tutte le informazioni riguardanti il sogno e l’ipotesi di progettazione per ottenere una comunicazione chiara e trasparente di ciò che il promotore intenderebbe realizzare; allo stesso tempo ho consigliato non scendere troppo nei particolari perchè, se si desidera coinvolgere attivamente altri e farli sentire co-creatori, è necessaria una certa flessibilità per accogliere i loro bisogni. Una delle debolezze della fondazione di un gruppo è instaurare un buon ritmo e una continuità nella frequentazione: per questo è utile cominciare subito a condividere un calendario in cui si fissano con ampio preavviso i momenti di incontro affinchè il maggior numero di persone possa essere presente. Le decisioni prese in pochi su temi importanti, nella migliore delle ipotesi non verranno portate al termine, nella peggiore, potrebbero far sorgere grossi conflitti. Infatti, nella fase preliminare del progetto, è bene che “le fondamenta” siano condivise da tutti coloro che ne fanno parte, ovvero che sia condivisa una “visione” che descrive l’obiettivo e quali siano i valori condivisi nel gruppo.
Il tema della “visione”, si articola anche nella definizione della “missione” del gruppo – ovvero come si vuole realizzare la visione – e gli obiettivi: concreti, progressivi, definiti nel tempo. Questa fase richiede un articolato e profondo confronto tra i membri del gruppo. Sicuramente rappresenta il cuore degli accordi tra membri. 
E’ facile però lasciare che tuta l’energia del gruppo venga assorbita da questo processo. In questa fase si esplorano le motivazioni per cui ognuno ha scelto di vivere in comunità (cohousing o ecovillaggio) e si entra in condivisioni che riguardano la sfera emotivo-filosofico-valoriale. E’ anche un momento di confronto su aspetti materiali ma, di fondo, esprimono le diverse sensibilità rispetto al significato di benessere, qualità della vita e canoni di bellezza estetica. Questo processo è fondamentale ma deve mantenere un equilibrio con gli aspetti pratico-materiali perchè rischia di prolungarsi troppo e diventare un’enorme e noiosa zuppa di speculazioni mentali. Diventa facile perdersi nel brodo dell’emotività superficiale o cadere nella necessità di emergere a livello personale. Il prolungamento di questa fase del processo si verifica molto più spesso nelle comunità che non hanno ancora una sede fisica della comunità.
D’altra parte, chi ha la fortuna di avere già un luogo e di poter iniziare fin da subito a “sporcarsi le mani” nel ristrutturare camere, avviare orti o piantare alberi, rischia la deriva opposta, ovvero di far trascorrere anni prima di confrontarsi sui significati del “perchè stiamo facendo questa cosa insieme”. Ci sono state varie esperienze di fallimento in questo senso: dando energia unicamente nella direzione del mondo materiale e pratico, il gruppo si è “dimenticato” di condividere i valori e definirne il significato dando adito ad una serie infinita di fraintendimenti, generatori di conflitto e talvolta di “rottura” del gruppo. Parallelamente accade che il gruppo non si è dotato di metodi comunicativi o decisionali adeguati (ne parleremo nel prossimo articolo) e neanche ha mai pensato di affrontare collettivamente i conflitti tra membri. Ognuno ha dato tutto se stesso per trasformare il luogo e godere dei risultati ma ha dato per scontato che fosse chiaro a tutti dove si stesse andando, e come ci si dovesse andare, nonostante non fosse mai stato esplicitato.
Presentandovi volutamente in modo estremizzato queste due realistiche possibilità, vorrei invitarvi a considerare una via di mezzo tra i due atteggiamenti presentati. Riuscire ad equilibrare momenti di incontro emotivo, intellettuale e pratico è di straordinaria utilità. All’inizio vi sembrerà di non andare avanti in nessuno dei tre ambiti. I tempi si allungheranno inevitabilmente per racchiudere il tempo necessario per condivisioni profonde, acquisire un nuovo stile di pensiero (dall’individualista al collettivo), sperimentarsi con gli altri. Ma ciò comporta dei vantaggi. Prima di tutto, potrete conoscere più approfonditamente voi stessi e conoscere gli altri attraverso contesti e situazioni differenti, quindi avere una visione di voi e dell’altro molto più articolata e completa. Ci avrete fatto caso: quanta differenza c’è tra stare con un amico in relax, o in un momento di stanchezza, o nella quotidianità, o condividendo riflessioni sulla profondo senso delle scelte o delle parole? Pensare che l’altro non è solo ciò che si manifesta in questo momento, ma ricordarsi di come è in altri momenti, aiuta molto a limitare fraintendimenti o incomprensioni e a dare il giusto peso ad uno sfogo o ad una frase poco felice.
In seconda battuta, alternare riunioni di visione con un pic nic domenicale, la progettazione delle case con la condivisione di passioni, dal seminare all’esplorare i propri limiti, permette ad ognuno di far “depositare e digerire” la quantità di informazioni ricevute ed assimilate in quell’incontro. Quando siamo in gruppo, tutto è potenziato. Il campo delle informazioni si allarga, il sentire emotivo si amplifica, la concentrazione è alta. Permettetevi di prendere tempo. Vivete il tempo dell’essere comunità.
Un comunarda una volta disse ad un’altra: “Oggi c’è da finire l’orto?” l’altra rispose: “L’orto non si finisce, si fa”.
Ecco, provate a mettervi in questa prospettiva se volete creare un ecovillaggio o un cohousing da zero. La comunità non si finisce, si fa. E così sarà per sempre e sempre continuerà a cambiare. Quindi è inutile cercare di “arrivare” da una parte o dall’altra. E’ inutile spingere in un senso o in un altro. Lasciate che la “creatura” si sviluppi organicamente e con i “suoi” tempi. Così le darete maggiori probabilità di solidità, successo e continuazione nel tempo.
Il mio invito è semplice: cercate di sperimentarvi in diversi contesti, fateli “decantare” e se ritenete opportuno, portate le vostre osservazioni al gruppo. Così non rischiate di perdere tutta questa ricchezza di osservazioni per la strada. E forse, riuscite ad evitare di svegliarvi al punto in cui vi accorgete che le persone con cui state camminando, o il progetto in cui siete, non vi appartengono o che il gruppo è entrato in dinamiche distruttive irreversibili.
Nei prossimi articoli
9 – CHI DECIDE E COME?
10 – LA CASA DELLA COMUNITA’
11 – SCEGLIERE LA DEFINIZIONE GIURIDICA
12 – REALISMO FINANZIARIO
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