L’approccio al lavoro e all’attività svolta ha un peso dominante nella scelta di vivere la propria esistenza in modo consapevole, onesto e autentico. Del resto il lavoro occupa una porzione importante della nostra vita, richiede tempo, spazio, dedizione, preparazione, comporta rinunce, scelte, è lo strumento attraverso cui possiamo realizzare noi stessi, nutrire il nostro talento, la nostra passione, accrescere le nostre competenze. Ci consente di vivere con dignità e benessere, appagati e soddisfatti di esprimere noi stessi e colmare bisogni. Così dovrebbe essere, il lavoro nasce per farci stare meglio, impegnando il nostro tempo in attività in cui siamo competenti, che facciamo bene e che ci consentono di dare il nostro contributo al funzionamento della società e alla sua organizzazione. Ogni singolo mestiere si incastra in un sistema che crea una rete di servizi utili e necessari all’altro. Questo il senso del Lavoro, il suo autentico e originario significato, dignità e utilità nel fare un’attività che piace, soddisfa, nutre, un’attività in cui si è capaci, bravi e attraverso la quale rendere un servizio utile, riconosciuto e apprezzato per il valore creato e dunque equamente pagato e garantito.
Il lavoro è talento, passione, competenze, riconoscimenti, soddisfazione, appagamento, benessere, dignità, utilità…
Così dovrebbe essere in una Società civile. E oggi? Quanti di noi fanno lavori massacranti, che non piacciono, lavori umilianti, che non si fanno bene, che si eseguono senza passione, lavori che ‘rubano’ il nostro tempo, la nostra energia gettandoci nella cupezza, nella frustrazione, nell’inquietudine di ‘dover’ fare qualcosa per sopravvivere. Tutto questo un po’ alla volta dilania, scalfisce la vitalità, abbassa l’autostima, indebolisce il nostro valore, non riconosciuto, offeso, umiliato a fronte di trattamenti economici e professionali spesso umilianti. Mortificazione, insoddisfazione, quindi si lavora di malavoglia, si offre un servizio non buono, si nutrono sentimenti di rabbia e frustrazione pur continuando ad accettare un trattamento pessimo sotto ogni punto di vista per mera necessità. Una catena malata, una catena di dolore.
Un circuito cui si può mettere fine come molte persone fanno, persone che ad un certo punto scelgono di fermarsi, ascoltarsi, tornare ad amarsi. Scelgono di cambiare, rivoluzionare, rischiare, osare, riconoscendosi il diritto di meritare di più, di essere felici, di stare bene con se stessi e con il mondo esterno, mettendo un punto ad un circolo viziato e pericoloso. Reagiscono, sforzandosi di tornare ad un concetto sano e produttivo di lavoro, un opus non un labor,un’attività fatta con passione, in cui si esprime il talento, che entusiasma, fa sognare, creare, realizzare e che al tempo stesso consente di fornire un servizio, soddisfare un bisogno, creare un valore, riconosciuto, apprezzato, appagato e pagato.
Certo ci vuole coraggio e tanto impegno. Perseveranza, determinazione, costanza, ma anche accoglienza, fluidità, accettazione dell’errore, della difficoltà immediata, dunque pazienza…i percorsi più belli richiedono sempre tanta forza ed energia, è come se l’Universo ci mettesse alla prova e come se incessantemente ci chiedesse se è davvero quello che vogliamo e quanto lo vogliamo.
Ma si può scegliere. E nel momento in cui si sceglie nel profondo di seguire la propria vocazione, la propria mission, qualcosa di forte inizia a muoversi dentro e fuori. Con fiducia e fede si inizia, si va, senza voltarsi indietro, guardando avanti, desiderosi di costruire un futuro migliore. Nutriti e guidati dalla propria voce interiore e da incontri, situazioni, segnali che man mano incrementano e sostengono l’intuizione, la fiducia, la passione, l’audacia, la determinazione, la gioia. Certo può essere necessario qualche compromesso, una momentanea rinuncia, un sacrificio, un rallentamento, lungo la via ci potrà essere qualche no, uno errore, una delusione, una caduta…tutto questo è lezione, apprendimento, esperienza, tutto questo è utile e prezioso per rialzarsi, calibrare meglio la mira e andare, tentare ancora, procedendo nella consapevolezza che lungo il cammino è ammesso cambiare, comprendere altro, vedere meglio…fluidamente. Anche il cambiamento richiede tempo, leggerezza, abbandono, fluidità…quello che pensiamo di volere non sempre è la cosa giusta, solo vivendo, osando, provando, sperimentando si ‘vede’ meglio e si giunge lì dove la vita ci vuole portare, senza paure, senza riserve…accoglienza di quel che viene, di quel che è, di quel che va…
Possono esserci necessità prioritarie, ‘bocche’ da sfamare, preoccupazioni dominanti…pazienza, fiducia, accoglienza e fede, l’autentico atto di Fede crea la differenza sostanziale e rende forti.
Fluidità e Libertà, dunque, questi gli ingredienti essenziali per cambiare, liberi di scegliere se stessi, di star bene con sè, benissimo con gli altri, meglio nel mondo. Chiedere, accogliere, nutrire, donare e ricevere ancora. Grati alla Vita e felicemente immersi nel circolo d’Amore che essa richiede dentro, nel corpo, nella mente, nello spirito e fuori nelle relazioni, in famiglia, nell’amore, nel lavoro, nell’arte, nella natura…essere pienamente integrati nel tanto ‘bello’ che c’è, per tutti!
E la luce cambia, la vitalità, l’energia, lo stato d’animo…tutto l’Essere delle persone che si liberano pulsa, brilla, fa scintille, questo è il primo dato visibile e tangibile del profondo cambiamento. Segni evidenti che donano luce incondizionata…
Annalisa Lullo si definisce “viaggiatrice luminosa”. È giornalista, autrice testi, scrittrice, blogge