Vai al contenuto della pagina

La via della gentilezza

homepage h2

Ascolto profondo, benevolenza, cura della relazione: la via della gentilezza suggerisce un nuovo modo di prendersi cura di noi stessi e di ciò che ci circonda.
La gentilezza non è certo una questione di stile. La formalità in questo caso c’entra assai poco, perché parliamo di una qualità ormai rara che ci connette alla sostanza, alla reciprocità, ci connette con il processo di benessere, cura, guarigione. Abbiamo intervistato Franco Cracolici, direttore della Scuola di agopuntura tradizionale cinese di Firenze, docente universitario di medicina tradizionale cinese. «Certi concetti, come etica, gentilezza e benevolenza, possono sembrare unicamente filosofici, ma in realtà sono sostanziali» spiega Cracolici. «Bisogna cambiare approccio. Perché senza questi attributi primari gli oggetti, le persone, i ragionamenti perdono la connessione più importante, diventano scatole vuote».
Dottor Cracolici, la gentilezza sembra una virtù d’altri tempi. È forse passata di moda?
Guardi, è la poesia stessa a non andare più di moda. Noi a scuola imparavamo le poesie a memoria e forse non era del tutto inutile. Oggi siamo nell’’era dello slogan. Se osserviamo cosa accade in tv vediamo che a fare più ascolti sono i programmi in cui si urla di più. I nostri ragazzi sono abituati a videogiochi in cui vince lo sterminatore che fa strage. L’’arroganza ha preso piede ovunque. La cultura della gentilezza deve passare dall’’educazione scolastica, deve transitare dagli studi medici, deve essere consistente in ambito familiare, trovare spazio nella televisione, permeare la sensibilità comune sul rispetto per gli animali e per l’’ambiente.
Perché un medico dovrebbe occuparsi di questi temi?
Ritengo che sia superata l’’idea di curare la persona come unità distinta dal resto. Rifacendomi a conoscenze antichissime sono convinto che sia irrinunciabile prendersi cura anche della persona nel suo ambiente, nell’’alimentazione, nel suo spazio aereo, nei suoi concetti economici, filosofici e idealistici.
La medicina tradizionale cinese cosa ha da dirci in proposito?
L’’antica medicina taoista attraverso i suoi grandi paradigmi ci fornisce degli insegnamenti molto attuali. Il primo è quello di non forzare gli altri e se stessi (Wu wei), poi c’è la cultura del vuoto (Xu), l’esercizio della spontaneità naturale (Zi ran). E soprattutto il libero vagabondare (Xiao Yao), che invita a non avere una meta prefissata, ma a porsi in una dinamica fluida. Quest’’ultimo aspetto del taoismo filosofico ci aiuta nella realtà di oggi: se vogliamo vivere e sopravvivere ai «veleni» che costantemente ci vengono inoculati, talvolta volontariamente e molto spesso accidentalmente, l’uomo deve imparare a nuotare nell’oceano, secondo la corrente, con una grande meta interiore che è quella del rispetto, dell’’etica e della gentilezza.
Il gesto gentile spesso passa quasi inosservato. Forse siamo più attratti dallo scontro e dalla violenza?
Quando accendiamo la televisione vediamo un mondo pieno di arroganza che modula la nostra parte genetica peggiore: quella che si fonda sull’’esaltazione della parte più oscura della nostra anima. Il bene è più bello, ma il male è più facile. I neuroni a specchio devono essere coltivati, allenati alla gentilezza, al bello, alla compassione. In questo modo si crea un effetto domino anche a grande distanza: i neuroni, le frequenze, gli elettroni che comunicano a migliaia di chilometri possono cambiare l’umanità.
In altre parole, la gentilezza è una medicina?
È un antidoto a una violenza sempre più diffusa e stratificata, che tende ad oscurare il senso nobile della vita. Sono troppi i giovani che tendono a identificarsi nella bandiera male. Bisogna insegnare alla gente come comportarsi, come sorridere, come gustare il bicchiere mezzo pieno e come la qualità più importante fra gli esseri sia quella di approcciarsi con dolcezza, delicatezza a ogni forma di vita dell’’universo, concetto caro ai buddisti e al cristianesimo delle origini.
Sembra che molti medici si siano dimenticati questo approccio……
Se è vero che la guarigione ha margini di incertezza, nella relazione medico-paziente possiamo sempre prenderci cura delle ferite interiori di una persona. E la cura autentica contempla in primo luogo la compassione, l’’accoglienza e l’arte dell’ascolto. Ascoltare è far sentire il paziente idoneo a un’’alleanza in cui si fa sistema, si cresce, si soffre e ci si relaziona insieme. Questo è da sempre il ruolo del medico filosofo per come lo descriveva Galeno. È l’’esempio di quei medici di famiglia che sapevano farsi amici, consiglieri, testimoni di una vita. La parola medicus deriva dall’’aramaico ed ha la stessa radice di «meditare». Meditare cosa? Il grande senso dell’’amore per l’’altro, la passione nell’’alleviare i mali: non per dire «sono stato bravo a farlo», ma per vedere il paziente libero dalla sofferenza al di là di chi l’’ha curato.
Dove può spingersi il rapporto tra medico e paziente?
Deve condurre a un patto di ferro. Il medico deve dire in quanto tempo potrebbe migliorare la patologia del malato e il paziente gli dovrà dare un mandato di fiducia. Questa è la gentilezza profonda della cura. La gentilezza sta nello stringere un dialogo con gli atomi, le molecole, le cellule, che hanno i loro tempi di guarigione. Sia il medico che il paziente devono fondare il rapporto su questo scambio. La gentilezza non è mai passiva, consiste in una consultazione reciproca, nel rispetto di un patto che deve essere accettato inizialmente da entrambi. Di finta gentilezza è pieno il mondo.
C’è davvero bisogno di modi più garbati? Non è meglio la sincerità?
Non bisogna confondere il manierismo, il cosiddetto «essere cortesi», con la naturalezza. La cortesia non crea uno scambio empatico, non genera lo spazio dove passa quella frequenza fondamentale che è l’’amore. Tutto è frequenza: i cibi, le emozioni, i luoghi. L’’uomo gentile percepisce queste frequenze se si mette nell’arte dell’’ascolto, una cosa assai diversa dalla cortesia, che è una bella scatola senza contenuto. Ci possono essere persone che hanno dimenticato la gentilezza, devono solo riscoprire quell’’alfabeto interiore in un archivio dimenticato.
È un’’arte che forse si può imparare?
La gentilezza si recupera grazie a un lavoro con se stessi. Pitagora diceva che soltanto ripetendo tantissime volte un verbo, una parola, un mantra, si riesce a penetrare nella nostra mente. E i suoi allievi recitavano continuamente formule positive. Quello della gentilezza deve essere il mantra del futuro che si oppone alle due grandi tenaglie che stringono l’’uomo e lo stendono al tappeto: il senso di colpa e il giudizio, un nodo che produce uno sguardo pesante nei confronti di se stessi. Credo che l’’uomo abbia una grande via di uscita che si chiama cultura. Cura e cultura sono un binomio fondamentale per comprendere che «ciò che hai te lo possono rubare, ciò che sei non te lo ruba nessuno». Ciascuno potrà ricreare continuamente la sua stabilità tramite la propria conoscenza acquisita. Ci sono però anche delle dinamiche collettive. La crisi che stiamo vivendo è anche una crisi sociale…. Senza quella filosofia praticata da medici come Ippocrate, Avicenna, Paracelso, non ci può essere un buon medico. Allo stesso modo senza filosofia non si costruisce una società, si dà spazio alla decadenza. Se stiamo implodendo è perché in ogni asse portante della nostra società, scuola e sanità in primis, abbiamo una visione parcellizzata che produce effetti devastanti. Si dovrebbero quindi impostare tutta una serie di accorgimenti nei mezzi di comunicazione, nell’’educazione scolastica e nella politica sanitaria che ci facciano deviare da questo approccio riduzionista.
Abbiamo quindi bisogno di regole?
Bisogna essere più veri. Bisogna amare di più e contemporaneamente bisogna applicare senza paura delle regole. L’’uomo deve essere sostenuto con amore, deve sottoporsi non a un giudizio, ma all’’etica che, tramite la gentilezza, può sostenere l’umanità.
Articolo tratto dal mensile Terra Nuova
Visita www.terranuovalibri.it lo shop online di Terra Nuova

Leggi anche

Per eseguire una ricerca inserire almeno 3 caratteri

Il tuo account

Se sei abbonato/a alla rivista Terra Nuova, effettua il log-in con le credenziali del tuo account su www.terranuovalibri.it per accedere ai tuoi contenuti riservati.

Se vuoi creare un account gratuito o sottoscrivere un abbonamento, vai su www.terranuovalibri.it.
Subito per te offerte e vantaggi esclusivi per il tuo sostegno all'informazione indipendente!