Il loro intervento, frutto di riflessioni che invitiamo il lettore a valutare (leggendo fino alla fine), è stato pubblicato dalla
rivista Pediatrics, organo d’informazione dell’
American Academy of Pediatrics, l’Accademia americana di pediatria. Una sequenza “logica” che sdogana affermazioni a dir poco preoccupanti.
Scrivono Martucci e Barnhill: «Organizzazioni mediche e di salute pubblica raccomandano alle madri l’allattamento esclusivo al seno per almeno 6 mesi. Tale raccomandazione è basata sull’evidenza di benefici per la salute sia per le madri che per i bambini, oltre che di benefici per lo sviluppo dei piccoli. Una grande quantità di lavori recenti mette in dubbio l’entità di questi benefici e stanno anche aumentando le critiche da un punto di vista etico sulla promozione dell’allattamento al seno. Basandoci su questi lavori critici, ci preoccupa quella forma di promozione dell’allattamento materno che lo celebra come modo “naturale” di alimentare i neonati. Questo tipo di messaggio favorisce fortemente la prospettiva secondo cui gli approcci “naturali” alla salute sono i migliori». (…)
«Promuovere l’allattamento al seno come modalità “naturale” può generare problemi etici e, cosa ancora più preoccupante, può rafforzare la convinzione che gli approcci “naturali” siano presumibilmente i migliori. Ciò può di fatto mettere in pericolo obiettivi di salute pubblica in altri contesti, soprattutto quello delle vaccinazioni pediatriche. (…)
Dietro alla preoccupazione di molti americani riguardo la sicurezza dei vaccini, si individua uno specifico e non necessariamente illogico punto di vista: un rifiuto di ciò che è artificiale, di sintesi, del “non naturale” e l’accoglimento invece del “naturale” come più sano e intrinsecamente migliore. I vaccini sono spesso visti come “non naturali” e il rafforzamento dell’immunità in modo naturale è vista da qualcuno come un approccio più sano e migliore. (…)
Questo insieme di sentimenti anti-vaccinisti tende a coincidere con la fiducia o l’interesse nelle medicine complementari e alternative, con lo scetticismo nei confronti dell’autorità istituzionale e con una forte attenzione e interesse riguardo informazioni sulla salute, l’autonomia e pratiche quotidiane salubri. L’idea del “naturale” evoca un senso di purezza, di bontà e di innocuità. Mentre invece le sostanze di sintesi, i prodotti e la tecnologia prodotta massivamente dall’industria (anche i vaccini) sono visti come “non naturali” e spesso circondanti da sospetto e sfiducia. E’ parte di questo sistema di valori la percezione che ciò che è naturale è più sicuro, più sano e meno pericoloso. Il fatto di abbracciare il “naturale” anzichè il “non naturale” è evidente in diversi campi scientifici e medici anche al di là dei vaccini, come il rifiuto dei cibi geneticamente modificati, il fatto di preferire i cibi coltivati in modo biologico rispetto al convenzionale, il rifiuto delle tecniche di procreazione assistita e le preoccupazioni riguardo le tossine ambientali e la fluorizzazione delle acque. (…)
In certi casi, però, questa visione del “naturale” come sinonimo di “migliore” può andare contro gli obiettivi di salute pubblica».
«Il recente rapporto del Nuffield Council documenta nel dettaglio queste idee che si sovrappongono e spiega come, accanto ad alcuni individui per i quali “naturale/innaturale” è un concetto neutro, ci sono altre prospettive; per esempio la paura che le innovazioni scientifiche possano essere sbagliate poiché allontanano le creature viventi dalla propria fondamentale natura e che invece la natura offra il modo migliore per prendersi cura di esse. Quest’ultima prospettiva è chiaramente e comunemente tirata in ballo quando si promuove l’allattamento materno. Per esempio, la campagna del dipartimento di salute americano dal titolo “It’s only natural” è un tentativo esplicito di convincere le donne ad allattare riferendosi all’allattamento al seno come scelta migliore rispetto al latte artificiale perché è naturale».
«Il messaggio che si intende far arrivare ai genitori – continuano le autrici dell’articolo – è che le sostanze innaturali e prodotte industrialmente non sono salubri e dovrebbero essere evitate, mentre l’opzione “materna” e naturale è più sicura e migliore.»
«Ma abbinare la natura con la maternità può inavvertitamente supportare argomentazioni biologicamente deterministiche sul ruolo degli uomini e delle donne nella famiglia (per esempio, che la donna dovrebbe prioritariamente prendersi cura dei bambini). Definire “naturale” l’allattamento quando lo si promuove, inoltre, può avallare un insieme controverso di valori riguardo la vita familiare e i ruoli di genere, che risulta eticamente inappropriata. Invocare il “naturale” è inoltre impreciso perché non esiste una sua chiara definizione. Per ragioni simili, il recente rapporto Nuffield afferma che le agenzie pubbliche, i governi e le organizzazioni che hanno un ruolo nel dibattito pubblico e politico su scienza, tecnologia e medicina dovrebbero evitare di utilizzare i termini “naturale”, “innaturale” e “natura” a meno che non chiariscano con precisione i valori o i benefici che tali termini sottolineano».
«L’opzione “naturale” non si concilia con gli obiettivi di salute pubblica. Se fare ciò che è “naturale” è “meglio” nel caso dell’allattamento, come possiamo attenderci che le madri ignorino quella prospettiva così profondamente persuasiva e potente quando devono fare scelte riguardo le vaccinazioni? Se la promozione dell’allattamento materno contestualizza l’opzione-industriale come rischiosa o non salubre, cosa possiamo attenderci che i genitori decidano quando si tratta di scegliere tra i vaccini prodotti dalle case farmaceutiche e l’immunità “naturale”? Dovremmo pensarci molto bene prima di riferirci all’allattamento come a qualcosa di “naturale”, anche se ciò incentiva le donne ad allattare».
Per contatti con la dottoressa Barnhill:
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PER SAPERNE DI PIÙ
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