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Cosmetici: gli italiani li preferiscono verdi

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Crescono in Italia e in Europa i consumi di cosmetici bio e si riduce l’utilizzo degli ingredienti più discussi, come i parabeni o i petrolati. Merito di quei consumatori più attenti che nei negozi di alimenti biologici o in erboristeria hanno fatto una scelta sostenibile. Ora bisogna imparare a riconoscere gli eco furbi e chiedere cosmetici ancora più verdi.
Nonostante i tempi difficili, la cosmesi naturale in Italia non conosce crisi. Gli italiani stanno imparando a selezionare e sostenere quei produttori che mostrano rispetto per la loro pelle e per l’ambiente. Se il mercato cosmetico è sostanzialmente stabile (+1%), le vendite in erboristeria e nei negozi di alimenti biologici registrano da anni i trend di crescita più interessanti: nel secondo semestre del 2011 il fatturato è cresciuto del 4,5%, portando il valore annuo prossimo ai 390 milioni di euro.
Sono i dati di Unipro, l’associazione dei produttori di cosmetici in Italia, che anche per i primi sei mesi del 2012 prevedono un incremento del 4%, sempre al di sopra degli altri canali. Anche i cosmetici venduti in farmacia, importante rete di vendita dei prodotti bio, confermano trend di crescita superiori alla media: più 2,5% nel secondo semestre del 2011 per un valore prossimo ai 1600 milioni di euro, e previsioni di un 2,8% in più per il primo semestre 2012.
Sono e saranno le esportazioni, però, a sostenere le aziende cosmetiche italiane: i dati Unipro mostrano una crescita di circa il 20%, con un fatturato che supererà i 2850 milioni di euro, portando l’attivo della bilancia commerciale del settore a circa 1100 milioni di euro.
L’andamento positivo dei cosmetici naturali segna in altri Paesi risultati ancora più eclatanti: nel 2010 in Germania sono cresciuti dell’11%, portandosi a 795 miliardi (fonte Natural Cosmetic).
Per il 2011 si prevede una crescita a una sola cifra (8,9% nei primi 9 mesi secondo Ikw), ma rappresentano ormai il 6% dell’intero mercato cosmetico tedesco. In Francia è stata superata la soglia del 4% e, secondo uno studio di Groupe Léa Nature, il 25% delle donne compra cosmetici naturali. Solo quattro anni prima la percentuale era del 7%, con tassi di crescita di circa il 30%.
I grandi gruppi scendono in campo
Sono cifre che hanno attirato le attenzioni dei grandi gruppi: Garnier (del gruppo L’Oréal) si è tuffata nell’arena con una linea completa certificata Ecocert, Garnier Bio Active e ha portato, alla chetichella, sugli scaffali dei supermercati una serie di prodotti più naturali a prezzi da mass market.
Per esempio lo shampoo alla mandorla e ai fiori di loto, della linea Ultra Dolce, è senza parabeni, coloranti e siliconi, ed è biodegradabile al 97%.
Anche Nivea (gruppo Beierdorf) ha fiutato l’affare, e nella gamma Pure & Natural ha fatto confluire 9 prodotti con il 95% di ingredienti di origine naturale, Labello compreso, facendo sparire paraffina e petrolato dal burro cacao. Ma non basta: Henkel ha lanciato la linea per capelli Essensity di Schwarkopf Professional senza fragranze artificiali, siliconi, oli minerali, parabeni, Peg e coloranti artificiali.
L’Angelica invece si è dotata di bagnoschiuma bio, così come l’Amande ha puntato su una linea eco bio certificata Icea.
La lista potrebbe continuare con le varie linee «verdi» della grande distribuzione, come Naturaline della Coop, a base di sole sostanze di origine vegetale e principi attivi bio, che ha bandito petrolati, paraffina, Peg e sperimentazione animale.
È un fatto insomma che Sles, petrolati e parabeni stiano diventando sempre meno frequenti nelle formulazioni, mentre si moltiplicano le etichette che strillano l’assenza degli ingredienti più discussi. Questa è una bella vittoria, ottenuta a colpi di consumo più consapevole, costringendo anche i grandi gruppi a dare ascolto alle richieste delle persone attente a cosa si spalmano sulla pelle.
D’altra parte, se non bastassero i dati di mercato ci sarebbero i sondaggi. L’Osservatorio Sana Gpf 2010 rivela che per il 60% degli intervistati i cosmetici naturali sono più sicuri, circa il 54,8% pensa che siano anche più delicati e rispettosi dell’ambiente, e il 44,1% che non abbiano controindicazioni. Quello che rimane da fare ora è andare avanti su questa strada diventando ancora più consapevoli, scegliendo prodotti ancora più rispettosi per la nostra pelle e per l’ambiente.
Per le aziende pioniere in questo settore, che da sempre producono esclusivamente cosmetici biologici e che non hanno la forza economica di sostenere massicce campagne pubblicitarie, la sfida è duplice: difendersi dall’offensiva dei grandi gruppi e indicarci la strada, a colpi di innovazione e ricerca, per prodotti ancora migliori.
Un altro obiettivo è difendersi dagli eco furbi, che spesso strumentalizzano la certificazione bio per darsi una pennellata di verde. Non sono poche le aziende che su cento preparati cosmetici prodotti hanno magari solo un prodotto certificato bio, e su questo basano tutta la loro campagna pubblicitaria ingannando di fatto il consumatore, come ha sottolineato uno studio di Organic Monitor: «Alcuni hanno spacciato i loro prodotti come biologici solo perché contengono oli essenziali bio. Altri hanno messo loghi di certificazione biologica sulle confezioni solo perché uno degli ingredienti era stato certificato. Molti descrivono il prodotto come naturale solo perché alcuni ingredienti lo sono. Questo fenomeno è più massiccio in Asia e America Latina, dove è più sentito il problema dell’etichettatura ingannevole, ma l’Europa non è esente da questo problema.
Un modo per chiarire la confusione del consumatore è sicuramente la certificazione, che attraverso un chiaro elenco di ingredienti e processi consentiti offre la garanzia che i prodotti siano conformi ad alcuni standard riconosciuti».
 
Come riconoscere le certificazioni bio ed eco italiane  
Tuttavia, secondo Organic Monitor, la certificazione è solo una parte della risposta. Vigilare contro la pubblicità ingannevole aiuterà a ridurre il rischio di una perdita di credibilità dei prodotti bio. Informare correttamente e continuare a informarsi diventa a questo punto ancora più importante.
Normativa ed etichettatura in Italia rispecchiano evidentemente la direttiva europea, ma una peculiarità del Bel Paese sono i disciplinari che regolamentano la cosmesi bioecologica. Anche se alcune aziende possono aver optato per Ecocert o Natrue, il grosso dei produttori italiani ha invece scelto i protocolli nostrani: Icea su tutti, ma anche CCPB o Bioagricert.
 

ICEA è il referente italiano di Cosmos Standard, lo standard europeo dei cosmetici bio, ma in attesa della sua piena entrata in vigore il disciplinare si basa sul rispetto di una lista di sostanze vietate. Creme e detergenti devono basarsi su prodotti agricoli e zootecnici primari da agricoltura biologica, certificati in tutti i casi in cui sono disponibili. Banditi invece ogm, radiazioni ionizzanti, sperimentazioni su animali. Anche l’imballaggio è preso in considerazione, vietando l’overpackaging e alcuni tipi di confezionamento, incentivando al contrario riduzione e riciclo dei materiali. Chi dimostra di rispettare i requisiti potrà fregiarsi del marchio Ecobiocosmesi Icea. Per i detergenti è previsto un marchio a parte. Grazie a un accordo con la Lega antivivisezione (Lav), Icea è anche l’ente certificatore che assegna in Italia il logo «Stop ai test su animali». Esiste anche un disciplinare e un logo appositi per la detergenza. Info: www.icea.info

 
CCPB – prevede due percorsi certificatori: Cosmetici Naturali e Cosmetici Biologici.
Il primo prevede che almeno il 95% degli ingredienti sia naturale o di origine naturale, il secondo che il 95% degli ingredienti naturali sia certificato biologico, acqua esclusa ovviamente. Info: www.ccpb.it
 
BIOAGRICERT– di marchi ne prevede 3: Bio&Natural certifica che almeno il 95% degli ingredienti sia di origine naturale e che gli ingredienti di origine agricola o da raccolta spontanea siano bio. Natural Cosmetic certifica che gli ingredienti sono naturali e/o di origine naturale, fatta salva la deroga relativa a massimo un 5% di prodotti di origine sintetica ammessi. Natural Detergenza è invece il disciplinare dedicato ai detergenti. Info: www.bioagricert.org
 
VEGAN OK – è probabilmente il protocollo più diffuso nell’ambito cosmetico in Italia, che testimonia l’assenza nel prodotto di ingredienti di origine animale. È un’autocertificazione, ma l’associazione vegana che lo promuove può controllare che venga rispettato.
 
Articolo tratto dal numero di marzo 2012 di Terra Nuova
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