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Olio di palma: proposta di legge per vietarne l’utilizzo

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Olio di palma sì, olio di palma no. La diatriba tra chi vorrebbe continuare a utilizzare l’olio tropicale ovunque – alimenti, cosmetici, carburanti, etc. – e chi vorrebbe impedirne la produzione continua, ma in questi giorni alcuni dei sostenitori del No hanno dato un segnale netto depositando al Senato una proposta di legge per chiederne la messa la bando.
Carlo Martelli, senatore del M5S in commissione Ambiente al Senato, Mirko Busto, deputato del M5S in commissione Ambiente alla Camera, Michela Montevecchi, capogruppo M5s al Senato e Dario Novellino, antropologo e ricercatore, hanno presentato il Ddl a prima firma Martelli per chiedere il divieto totale dell’utilizzo dell’olio di palma.


Il Movimento 5 Stelle chiede, dunque, di bandire l’utilizzo e la commercializzazione di olio di palma su tutto il territorio nazionale e in qualsiasi forma. Nella proposta si legge che questa sostanza non potrà più essere utilizzata né a scopo alimentare, né come acido per la produzione di cosmetici, né come componente per combustibili denominati “bio”. Sia l’olio di palma, che quello di palmisto, non potranno essere lavorati dalle aziende in Italia, neanche per eventuali esportazioni.
I motivi per cui è stata fatta questa proposta sono molteplici: “L’olio di palma – afferma Busto – nascosto ormai in tantissimi cibi di uso quotidiano, è dannoso per la salute; per l’ambiente, in quanto per produrlo vengono deforestate le foreste tropicali, inquinata le terre e le acque di interi Paesi, distrutte molte specie animali e l’habitat in cui vivevano; per le popolazioni locali e indigeni che abitano le terre in cui questa sostanza viene prodotta, costrette ad abbandonare le proprie case o al lavoro forzato in condizioni di semi schiavitù, come ha recentemente denunciato anche Amnesty”.
“Dal punto di vista alimentare ed economico, qualcuno obietta che la sostituzione dell’olio di palma con un’altra materia prima creerebbe un buco nel mercato, ma non è così – spiega Martelli –Secondo l’Istat, le abitudini alimentari degli italiani sono cambiate dal dopoguerra ad oggi, con un incremento degli zuccheri raffinati e degli acidi grassi dal 1100 al 1400 per cento. Si tratta di numeri incredibili che ci dovrebbero costringere, prima di tutto, a una riflessione seria sulle nostre abitudini alimentari. Possiamo e dobbiamo invertire questa rotta solo attraverso una corretta informazione sui nutrienti che si introducono con la dieta e sulle reali conseguenze dell’assunzione quotidiana di sostanze dannose”.
A sostenere le medesime tesi vi sono ormai tante ong nazionali e internazionali che si battano per tutelare l’ambiente, gli animali e i diritti umani di quei popoli indigeni messi a rischio proprio dalla produzione dell’olio di palma.
“Da un punto di vista sociale e ambientale, la coltivazione e la produzione di olio di palma è solo la punta dell’iceberg di un processo di land grabbing, ovvero la sottrazione di terra alle comunità locali, con il trasferimento di colonie di indigeni, per riconvertirla ad una coltivazione che va solo a favore del mercato occidentale – spiega Dario Novellino, antropologo, ricercatore al Centro per la Diversità Bioculturale dell’Università di Kent (UK) e Direttore Esecutivo della Coalizione contro il Furto delle Terre (CALG), Philippines – Non credete infatti a chi sbandiera un aumento di posti di lavoro: nelle piantagioni di palma da olio la manodopera locale è ai limiti della schiavitù, sottopagata, sfruttata e costretta a lavorare in condizioni disumane”.
Condizioni da cui, come recentemente ha raccontato Amnesty in un rapporto intitolato ‘Il grande scandalo dell’olio di palma: violazioni dei diritti umani dietro i marchi più famosi’ non sono esclusi nemmeno i bambini.
“Questi popoli – continua Novellino – per secoli hanno tutelato i polmoni verdi del nostro pianeta. Ad oggi l’80% della biodiversità esistente si trova in territori abitati dalle comunità indigene che hanno avuto la capacità di conservare foreste millenarie, poche oasi protette che dovrebbero essere patrimonio dell’umanità e che invece si trovano tutt’oggi a rischio a causa della nostra industria e del nostro mercato”.
Un mercato che comunque sta cambiando, soprattutto in Italia dove tantissimi consumatori hanno iniziato a boicottare i prodotti che contengono l’olio tropicale.
Così si potrebbe leggere questa storia: una storia di successo del consumatore sulle multinazionali. Grazie alle informazioni che sono circolate attraverso i media e soprattutto sul web, grazie a Report che per primo ha svelato cosa si nasconde dietro questa sostanza, e grazie a una legge che ha permesso l’etichettatura trasparente, ora il cittadino può fare delle scelte di acquisto consapevoli, non più succube del mercato ma volano di una diversa economia.

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